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PASSO DEL FREGAROLO-MONTE ROCCABRUNA

Escursione panoramica sullo spartiacque Trebbia-Aveto

PARTENZA: Passo del Fregarolo (mt. 1203)

PASSAGGI INTERMEDI: Passo del Fante; Passo del Gifarco

ARRIVO: Monte Roccabruna (mt. 1416)

LUNGHEZZA ITINERARIO: circa 8,5 km (a+r)

TEMPO DI PERCORRENZA: 3,45 h. circa (a+r)

SEGNAVIA: cerchio giallo pieno+cerchio giallo vuoto

 

Finalmente ci avviciniamo ad una dorsale, quella che segna lo spartiacque tra le valli del Trebbia e dell'Aveto, che per lungo tempo ho guardato con curiosità senza mai pensare di percorrere con qualche trekking. Eppure le cime non mancavano: dal Castello Fante al Gifarco, dal Roccabruna al Montarlone e all'Oramara. Tutti luoghi sconosciuti che, come sempre, richiedono un po' di studio prima di essere avvicinati.

E così, studiati tutti i percorsi possibili, abbiamo deciso di percorrere uno dei più semplici - ma anche dei più panoramici - possibili: quello con partenza dal Passo del Fregarolo, valico che mette in comunicazione la val Trebbia (Casoni di Fontanigorda) con la val d'Aveto (Cabanne di Rezzoaglio). Non ci diamo una mèta, vedremo strada facendo fino a dove riusciremo ad arrivare.

Sveglia presto e un bel pezzo di strada in macchina, svallando da Casa del Romano fino a scendere accanto al Trebbia e poi su, verso il Fregarolo. Quando arriviamo è metà mattina e rapisce subito la nostra attenzione una splendida vista sulla riviera di levante, con il mare che sembra a due passi: capiamo subito che oggi sarà una giornata fortunata. Prendiamo l'evidente sentiero che si dirige verso est, passando accanto ad una cappelletta, dove ci fermiamo a scattare le prime foto di giornata, perché il mare, più si sale, meglio si vede e il riflesso del sole sull'acqua quasi abbaglia.

Il percorso, segnalato con un bollo giallo (cerchio giallo pieno), si snoda all'interno di una faggeta e sale su un letto di foglie colorate, raggiungendo poco dopo un punto panoramico in direzione della val Trebbia, dove la vista si apre sulle principali vette del nostro appennino, fino al Monviso che compare in lontananza con la sua inconfondibile sagoma. Continuiamo a salire tra i faggi e dopo esserci nuovamente affacciati verso il mar Ligure, il sentiero finalmente spiana, giungendo in corrispondenza di una selletta dove incontriamo ancora la neve: anche questo sarà un dettaglio non di poco conto nel corso della nostra giornata.

Le viste si aprono sulla val d'Aveto ed ecco Santo Stefano adagiato nella conca ai piedi della dorsale che unisce Groppo Rosso e Maggiorasca. Il sentiero scende leggermente e taglia la faggeta con una precisione millimetrica: il cammino è piacevole, la neve sembra già dimenticata e questo letto di foglie morbide è una manna per i nostri piedi. Di fronte a noi si materializza una prima cresta rocciosa, che intuiamo subito essere quella del Monte Castello Fante, sul quale vorremmo provare a salire: ci avviciniamo lentamente, sulla traccia che si sposta sul lato della val d'Aveto, tagliando a mezza costa le pendici della montagna.

Il percorso è piuttosto vario e ora alcuni importanti affioramenti rocciosi compaiono qua e là lungo il sentiero, che li attraversa superandoli con alcuni tornantelli, ricominciando a salire. Con numerosi saliscendi, avanziamo verso l'incrocio con il sentiero per il Castello Fante, che riusciamo a vedere più grazie al nostro gps che non alle segnalazioni, che in questo punto non sono molto evidenti da far intuire la presenza di un bivio. 

Abbandoniamo così il sentiero segnalato con il bollo giallo per virare verso sinistra, prendendo a salire su una poco evidente traccia che, più avanti, scopriremo essere segnata con il segnavia "linea e punto giallo": il percorso corre parallelo al sentiero da poco abbandonato, procedendo a ritroso in direzione del Castello Fante e superati alcuni piccoli rii e una radura, si ritrova davanti a un crinalino roccioso, che occorre risalire. Da non esperti scalatori quali siamo, avanziamo con circospezione inerpicandoci sulla sottile cresta, che via via si fa più aerea regalando una vista meravigliosa in direzione del Monte Penice ma, soprattutto, in direzione della val d'Aveto fino alla riviera di levante. Risaliamo il ripido tratto fino a una grande roccia, poi siamo costretti a fermarci perché - eccolo là - l'ultimo tratto di crinale, passaggio obbligato, è completamente ghiacciato e sentiamo che non è ancora giunto il momento di farci male. Peccato, per poche centinaia di metri non riusciamo ad arrivare in vetta al Castello Fante anche se i panorami che da questo punto possiamo vedere sono già fantastici, tanto che ne approfitto per scattare un po' di foto, in particolare al cocuzzolo del Gifarco, che precede di poco la vetta del Roccabruna.

Scendiamo sulla stessa cresta, facendo attenzione nei punti ancora innevati e ripercorriamo l'ultimo tratto di sentiero fino a tornare al bivio dove abbiamo imboccato la deviazione per il Castello Fante: torniamo ora a seguire le segnalazioni "cerchio giallo pieno" e con alcuni saliscendi raggiungiamo piuttosto velocemente il Passo del Fante (mt. 1261), crocevia di sentieri: è qui infatti che incontriamo il sentiero "cerchio giallo vuoto", proveniente da Fontanigorda e il sentiero proveniente da Brignole, che risale il versante della val d'Aveto. Ma soprattutto, dal Passo del Fante, si riesce ad ammirare una splendida vista sul Monte Gifarco, che emerge improvviso dagli alberi svettando con la sua "cupola" rocciosa.

Le segnalazioni "cerchio giallo vuoto" si sovrappongono ora a quelle "cerchio giallo pieno" (poco oltre troveremo anche il segnavia "tre pallini gialli") e corrono in direzione del Monte Gifarco, conducendo in breve al Passo del Gifarco, valico posto ai piedi del versante meridionale della montagna, dove incontriamo un altro sentiero proveniente da Fontanigorda. Fatichiamo un po' a raccapezzarci con le segnalazioni, che per un breve tratto sembrano scomparire, poi le ritroviamo che risalgono una stretta traccia quasi simile al corso di un rio, fino a spostarsi alle pendici orientali del Gifarco, che tagliamo con numerosi saliscendi.

Le viste sono splendide sulla vetta della montagna e in direzione della Val d'Aveto, oltre la quale lo sguardo si spinge fino al mar ligure: all'orizzonte si intravedono alcune isole ad occhio nudo e non appena faremo una sosta ne approfitterò per montare lo zoom e cercare di dare loro un nome, anche se dalle sagome che vedo, un'idea già me la sono fatta.

Completato l'aggiramento del Gifarco dal versante orientale,raggiungiamo il bivio con il sentiero che conduce in vetta: sappiamo che per salire in cima bisogna affrontare uno stretto canalino roccioso e vista la situazione del Castello Fante, immaginiamo che anche questo non sarà percorribile. Così decidiamo di tirare dritto fino al Monte Roccabruna, che sarà la nostra mèta di giornata: eventualmente, al ritorno, proveremo a fare un salto ai piedi del Gifarco per vedere la situazione più da vicino.

Proseguiamo sulla traccia che taglia il versante della val d'Aveto e che, in leggera salita, supera alcuni caratteristici affioramenti rocciosi fino a raggiungere un bivio dove occorre abbandonare il sentiero "cerchio giallo pieno", che prosegue alla volta del Passo di Esola, per mantenersi a sinistra sul "cerchio giallo vuoto", che sale verso la vetta del Roccabruna. Superato un primo tratto allo scoperto, tra arbusti e rocce affioranti, con belle viste sul vicino Gifarco, la traccia risale nel bosco per un breve tratto, quindi esce nuovamente allo scoperto per l'ultimo tratto di salita verso la vetta.

Le viste, che già sono splendide in direzione sud-est, dove l'orizzonte del mare è evidentissimo a causa dell'assenza di rilievi elevati in quella direzione, diventano ampie a 360 gradi una volta raggiunta la vetta, un ampio pianoro disseminato di rocce che vagamente ricorda la vetta dell'Aiona. Quello che stupisce, una volta raggiunta la cima, è che la montagna termina improvvisamente, con un dirupato versante occidentale che costituisce una sorta di terrazzo panoramico sul vallone di Fontanigorda e, via via, sulle principali vette dell'appennino. Si distinguono chiaramente il Bric di Rondanina, l'Antola, l'Alfeo, il Chiappo, il Lesima, il Penice e la Parcellara. Scorrendo con lo sguardo in direzione della val d'Aveto, oltre i vicini Montarlone, Dego e Oramara, ecco il Crociglia, la Valle Tribolata, il Groppo Rosso, il Bue, il Maggiorasca, il Penna, l'Aiona e lo Zatta. Dopo un tratto di mare, il Ramaceto e il Caucaso offrono ancora uno sprazzo di appennino, quindi la vista si perde in direzione della riviera di ponente, dove si intravede l'isolotto di Bergeggi e, alle sue spalle, prima delle Alpi Marittime, le antenne della piatta sommità del Beigua. Una vista davvero eccezionale. Monto lo zoom per catturare alcuni dettagli: sono ben evidenti le isole dell'arcipelago toscano, con la Gorgona che precede i rilievi dell'Elba e, poco più a ovest, Capraia. Scorrendo con lo sguardo, ecco le imponenti montagne della Corsica.

Ci sediamo ai margini dello scosceso versante occidentale, per mangiare qualcosa con una splendida vista sulla Val Trebbia, godendoci il caldo sole del primo pomeriggio, poi ne approfittiamo per una lunga sessione fotografica. Quando vediamo un po' di foschia iniziare a farsi strada occupando l'orizzonte, ci rimettiamo in cammino per tornare verso il Fregarolo: prima, però, dobbiamo ancora passare dal Gifarco.

Ridiscendiamo inizialmente sul sentiero dell'andata e poi, anziché proseguire in discesa, ci manteniamo sulla traccia che, senza distaccarsi particolarmente dalla linea di crinale, conduce in direzione del Gifarco, che svetta di fronte a noi con la sua minuscola "spada nella roccia" in vetta. Scendiamo tra le rocce su di un sentierino poco evidente, che però regala belle viste in direzione del dirupato versante ovest del Roccabruna e della sua roccia vulcanica, quindi incrociamo il sentiero per il Gifarco, che percorriamo in salita fino ai piedi dell'imbocco del canalino roccioso, che come avevamo previsto, è completamente ghiacciato (totalmente in ombra): poco male, non saliremo sul Gifarco ma almeno ci siamo fatti un'idea sul tratto di percorso da affrontare per salire in vetta, visto che in rete non ho mai trovato molte indicazioni sulle eventuali difficoltà.

Torniamo sui nostri passi e scendendo sul sentiero che, in alcuni punti, sembra ormai diventato il letto di un rio asciutto, torniamo sul sentiero segnalato con "cerchio giallo pieno" e "cerchio giallo vuoto", che taglia a mezza costa il Gifarco sul versante della val d'Aveto.

Sullo stesso percorso dell'andata, raggiungiamo il Passo del Gifarco, quindi il Passo del Fante e immergendoci nella faggeta, che ben presto si colora con le luci del tramonto, torniamo verso il Passo del Fregarolo con una bella e piacevole camminata. Quando siamo nei pressi della cappelletta posta in corrispondenza del termine del sentiero, l'orizzonte è completamente colorato di rosa e non posso fare a meno di fotografare uno splendido tramonto sull'isola di Capraia e su Gorgona e sull'Elba, mentre i colori più intensi sono alle spalle delle antenne del Monte Laghiocciola, che però con la sua sagoma ci nasconde la parte più interessante del tramonto. Amen, non sarà di certo questo il problema: in un attimo è buio e una grande luna rischiara il cielo sul Passo del Fregarolo, dove siamo arrivati appena in tempo, dopo una giornata in cui, obiettivamente, astenersi dal fare foto sarebbe stato impossibile. E anche profondamente ingiusto, perché io panorami così belli non ne ho visti tanti in vita mia.

 

A un passo dalla vetta
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