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IL GIRO DEL POSTINO (VARIANTE)

Anello Artana-Pizzonero-Suzzi-Bogli-Artana, nell'incontaminata Val Boreca

PARTENZA E ARRIVO: Artana (Pc)

TAPPE INTERMEDIE: Pizzonero (Pc), Oratorio di S.Bernardo, Suzzi (Pc), Mulino di Suzzi, Bogli (Pc), Cappella di S. Rocco, Bucalon

LUNGHEZZA DEL PERCORSO: oltre 15 km 

TEMPO DI PERCORRENZA: circa 5 h.

SEGNAVIA: bianco-rosso 175 da Artana a Pizzonero; bianco-rosso 121 per il resto del percorso

 

 

Certo che questo povero postino, ai tempi, deve aver avuto due gambe mica da ridere. L'escursione ad anello che racconto oggi è meglio nota come "il giro del postino" proprio perché ricalca il percorso che seguiva, ai tempi, il portalettere per consegnare la corrispondenza nei paesi più sperduti della Val Boreca. Ora ci scherzo, ma da buon figlio - e soprattutto, nipote - di portalettere, ho una chiara idea, derivante dai racconti di mio nonno, della fatica immensa che dovevano sopportare i postini dei piccoli paesini di montagna ottanta e più anni fa, costretti a girare a piedi (prima: poi in bicicletta e in moto..) con qualsiasi condizione climatica, tra i vari paesi. Altro che aria condizionata.

A dire il vero, il percorso che ho seguito io, non è proprio il giro del postino nella sua versione completa: il tracciato originario (da percorrere nella direzione che ritenete più opportuna) parte infatti dal ponte sul fiume Boreca nei pressi di Belnome, il piccolo paesino in provincia di Piacenza dal quale ho raggiunto - raccontandolo qui sul blog - sia il Monte Alfeo che Tartago. Da qui, si può salire ad Artana, poi raggiungere Bogli, attraversare il fiume Boreca per arrivare al Mulino di Suzzi, quindi salire a Suzzi, raggiungere in piano Pizzonero e, infine, ridiscendere a Belnome e al ponte sul fiume. Io, per ragioni di tempo, ho leggermente ridotto il percorso evitando di passare per Belnome, compiendo comunque un'escursione di oltre 15 km e scegliendo di partire da Artana perché non ci ero mai stato prima.

Per raggiungere Artana, bisogna arrivare alle Capanne di Cosola, quindi scegliete voi se arrivarci dalla Val Borbera, risalendola tutta o se raggiungere il valico dalla Valle Staffora, facendo altrettanto. Io, per questa volta, ho deciso di passare dal lato "pavese", risalendo da Casanova Staffora e scegliendo la strada "bassa", quella che passa per Pianostano e Casale Staffora, per intenderci. Giunto a Capanne di Cosola, ho imboccato la strada che parte sul lato del ristorante e ho seguito le indicazioni per Artana, che ho raggiunto dopo poche decine di minuti.

Arrivo ad Artana (mt. 1138) che è stranamente ancora piuttosto presto. Parcheggio in una piazzetta, proprio sopra alla stradina che conduce alla chiesa (che, ad Artana, è fuori dal paese). Un'anziana signora mi passa accanto mentre mi lego gli scarponi: la saluto, non mi risponde. Mentre si allontana, in direzione della chiesa, si volta più volte a guardarmi storto. Poi si ferma sotto un albero, si accuccia e...vabè, avete capito. Mentre mi giro velocemente dall'altra parte penso "Ma non poteva almeno aspettare un secondo che me ne andassi?!"

Cose che capitano. 

Mi incammino in discesa, tra le case di Artana, passando accanto ad una bella fontana; poco più sotto, se ne trova un'altra. Guardando in direzione della chiesa, ecco la palla del Monte Lesima, mentre proprio di fronte a me c'è Pizzonero, con le case che sembrano quasi inghiottite dalla vegetazione: se penso che sarà la mia prossima tappa, mi sembra così distante che quasi mi viene voglia di tornare alla macchina, ma non mi faccio prendere dallo sconforto, perché la strada sarà anche lunga ma la gamba è buona.

Sui muri delle case, ecco le prime segnalazioni bianco-rosse del sentiero: il numero 183 scende sulla sinistra in direzione del ponte sul fiume Boreca e di Belnome, mentre il 175 scende dritto per dritto tra le case, sempre alla volta del fiume Boreca, ma alla volta di Pizzonero. Per avere la conferma che il sentiero sia quello giusto, chiedo ad un signore che sta trafficando nel giardino di casa. 

"Mi scusi, per Pizzonero è giusto di qui?"

"Si, per Pizzonero vai di qui. Scendi al fiume, lo attraversi e risali. Oddio però così..."

"Cosa c'è?" Non capisco i dubbi del signore.

"No, volevo dire, con quei pantaloni corti...è pieno di ortiche...il sentiero è sporco..."

"Ah, ecco." Il problema è che non ho altri pantaloni con me e non saranno di certo le ortiche a dissuadermi dal fare il giro del postino. "Eh vabbè" dico al signore "ormai ci provo!"

"Vai vai" mi saluta, "buona camminata...è un giro abbastanza...simpatico!"

Credo che per "simpatico" intenda piuttosto faticoso e sposto lo sguardo sui tetti rossi di Pizzonero, che adesso mi sembrano - se possibile - ancora più lontani di prima. Animo, si parte.

La prima parte di sentiero è, effettivamente, molto sporca. Anche aiutandomi con i bastoni, non riesco a spostare tutte le ortiche, che in alcuni tratti invadono tutto il sentiero. Chiudo gli occhi, un bel respiro e ci passo dentro; poi, quando le ho superate, mi guardo le gambe come per fare la conta dei danni.

Fortunatamente, dopo poco il sentiero migliora visibilmente: finiscono le ortiche e iniziano dei muretti a secco, ricoperti di muschio, che da qui mi guideranno fino al fiume Boreca, su di una discesa che diventa via via sempre più ripida. Il sentiero, perfettamente segnalato, mi conduce fino ad un punto in cui inizia ad avvertirsi chiaramente lo scroscio dell'acqua e, tra gli alberi, si apre la vista sul Monte Lesima. Poco più avanti, un bivio: a sinistra si raggiungono i ponti sul fiume Boreca, in direzione di Belnome, mentre a destra si prosegue per Pizzonero e per il"sentiero delle carbonaie" marcato con il numero 187.

Mantengo la destra e arrivo, in breve, sul letto del fiume Boreca, che scende impetuoso, ricco d'acqua. Lo guado, non senza fatica: i sassi sono scivolosi e non è per niente facile mantenere l'equilibrio. Qui, sul fondo della valle, mi sento piccolo piccolo: il Lesima è davanti a me e si staglia imponente sullo sfondo delle gole della Val Boreca.
Raggiunta la sponda opposta del fiume, lo costeggio per pochi metri, prima di iniziare a salire, seguendo le indicazioni con il numero 175 per Pizzonero ed evitando di continuare a destra sul "sentiero delle carbonaie", segnalato con il numero 187 e riconoscibile - oltre che per la segnalazione - anche per una vecchia teleferica posizionata lungo il sentiero. Si sale attraverso stretti tornanti in un bel bosco di faggi, su di una salita che diventa via via sempre più ripida, comunque sempre evidente e ben segnalata, fino a raggiungere il bivio che conduce al Mulino di Pizzonero.
Sarei curioso di farci un salto, ma visto il giro "simpatico" (cit.) che mi aspetta, preferisco non dilungarmi oltre e tralascio la deviazione per continuare sul sentiero numero 175, che raggiunta una selletta spiana leggermente e conduce all'intersezione con il sentiero numero 121, proveniente da Belnome.
Qui ci ero passato un anno fa, quando da Belnome avevo raggiunto Pizzonero, ma mi è subito chiara una grande differenza: la strada è stata spianata e allargata ed è ora trattorabile fino al paese, finalmente collegato a Belnome da una strada (sterrata). Le ultime curve, ed ecco comparire le case di Pizzonero (mt. 1032), precedute da un cartello, appeso a un albero, che prega i motociclisti di "entrare piano in paese", mentre poco distante, accanto al cartello dove è stato scritto a mano il nome del paese, un cane mi aspetta per darmi il benvenuto.
Mi porto nei pressi della fontana che si trova sotto alle case di Pizzonero, una specie di balcone aperto sulla Val Boreca: Artana è di fronte a me, sulla sponda opposta del fiume. E pensare che questa mattina, prima di partire, Pizzonero mi sembrava lontanissimo! Accanto alla fontana, quattro o cinque bambini che giocano con l'acqua, mentre sui balconi e dietro alle finestre si intravede qualche mamma, forse attirata dalla presenza di un estraneo. A Pizzonero non mi fermo più di tanto, visto che già lo scorso anno ho avuto occasione di visitarlo: solo una rapida occhiata alle case, il tempo di vedere un balcone con la ringhiera ma senza il pavimento (!!) e, in alto, in cima al paesino, "il ballo", la balera costruita attorno all'ippocastano dove tutti gli anni, il 20 agosto, si festeggia fino a tarda notte San Bernardo.

Mi lascio alle spalle i bambini di Pizzonero e proseguo in leggera discesa sulla strada sterrata fino ad arrivare, dopo una curva, nei pressi di un grande prato in fondo al quale si staglia l'Oratorio di San Bernardo. E' un posto bellissimo, non ci ero mai stato: lo scorso anno mi ero fermato alla fontana di Pizzonero convinto che il paesino terminasse qui, ignorando che - dopo poche decine di metri - ci potesse essere un posto così incantevole. L'Oratorio è grigio, con una campana in cima sormontata da un crocifisso. Alle spalle dell'oratorio, la catena di montagne dal Cavalmurone al Poggio Rondino, passando per il Legnà. Davanti al cimitero, un muretto chiuso con un cancello lavorato delimita il piccolissimo cimitero di Pizzonero, che ospita in tutto una decina di tombe o poco più e dal quale bisogna necessariamente passare per entrare nella chiesetta. Faccio un giro intorno all'oratorio, poi mi riporto davanti all'ingresso per qualche foto.

Guardo l'ora: si potrebbe anche mangiare qualcosa...è ancora presto, ma questo posto sembra fatto apposta per fermarsi a pranzare e così - tolta la maglietta fradicia e messa ad asciugare al sole  sulla panchina di legno che si trova sul sentiero, assieme alle calze, bagnate attraversando il fiume - mi siedo, all'ombra, sul lato della strada, guardando l'oratorio di fronte a me, circondato dalle montagne quasi a incorniciarlo. La mia sosta dura venti minuti, anzi mezz'oretta, considerando anche il tempo che trascorro sulla panca a farmi riscaldare dal sole, poi rimetto gli scarponi e sono pronto a ripartire: Suzzi sarà la mia prossima tappa.

La strada sterrata che collega Pizzonero a Suzzi è così battuta da sembrare quasi di asfalto. E' strettissima, in alcuni punti contornata da una staccionata in legno e taglia il versante attraversando numerosi imponenti rii, che scendono tra le gole delle montagne. Se si guarda attentamente, sotto alla strada si vede anche una bella fontana dove ci si può fermare a fare scorta d'acqua. Dopo aver percorso circa mezz'ora sulla sterrata, quando tra gli alberi iniziano ad intravedersi alcune vedute di Artana e Bogli, si giunge in prossimità di un cancello, oltrepassato il quale si arriva all'intersezione con la sterrata che scende da Passo Maddalena e che conduce a Suzzi. Pensavo di scendere sulla carrabile, invece, un po' a sorpresa, vedo che sul lato della strada, in corrispondenza di una curva, ci sono le segnalazioni con il numero 121 che permettono di arrivare a Suzzi risparmiando della strada.

Lo stretto sentierino corre tra due lati di muretti a secco e mi porta ben presto in vista dei tetti rossi delle case: eccomi finalmente a Suzzi (mt. 967). Le case di Suzzi assomigliano molto a quelle di Pizzonero: case grandi, quadrate, spigolose. Però l'interno del paese è carino. Faccio il mio ingresso passando sotto a una fila di panni stesi, che danno ancora più colore al paesaggio che mi circonda e mi dirigo verso un lavatoio posizionato sul lato della strada. Mi fermo a riempire la bottiglia, visto che prima non ne avevo approfittato e mi accorgo subito che, poco sotto, c'è un'altra fontana con due archi in pietra, veramente splendida. Sotto ai portici delle case in sasso, trattori, auto e motocarri parcheggiati. Mi infilo tra le case, in una stretta viuzza, seguendo le segnalazioni con il numero 121 e saluto le persone che escono sul balcone attirate dal rumore dei miei scarponi: a una signora chiedo se la strada per scendere al Mulino di Suzzi è giusta, ma mi rendo conto di averla messa in difficoltà, perché corre a chiamare il marito. Quando il marito arriva, mi conferma che devo scendere e poi seguire verso destra il sentiero segnalato.

Passo sotto all'ultimo portico, quello che mi apre la vista sull'Oratorio di San Giovanni Battista e su tutta la Val Boreca: la chiesa è bianca, bianchissima, con una croce in cima e due campane con altrettante corde che scendono. Davanti alla chiesa, così come per l'Oratorio di Pizzonero, un piccolo cimitero con qualche decina di lapidi e una targa a ricordo dei "caduti per la patria della frazione di Suzzi". Tra questi, un cognome - Toscanini - famoso, che mi ricorda che il famoso direttore d'orchestra Arturo Toscanini aveva origini di Bogli, il paese che posso vedere di fronte a me e che tra poco raggiungerò. Anzi, ora che me ne ricordo, cercherò la casa della famiglia del musicista, della quale ho visto sulla rete qualche foto.

Mi fermo davanti alla chiesa di Suzzi giusto il tempo di catturare qualche immagine: di fronte al piccolo borgo, il Poggio Rondino e tutto il crinale che conduce fino al Monte Carmo, del quale posso facilmente distinguere la cima guardando verso sud-ovest. A nord-ovest, il panorama prosegue con il Legnà, sotto a cui si vede Bogli, e il Cavalmurone. Davanti a me, una mandria di mucche si riposa sui prati, componendo un idilliaco quadretto di montagna.

Mi incammino sul sentiero 121 che prosegue perpendicolare alla chiesa, attraversando prima alcuni prati - sempre con dei muretti a secco ai lati - e poi scendendo attraverso alcuni tornanti alla volta del fiume Boreca. Ho letto che non distante da qui si trova il Mulino di Suzzi e, poco distante, una bella cascata: muoio dalla voglia di vederla, infatti mentre scendo, appena inizio a sentire il rumore dell'acqua già mi prende la curiosità.

Giunto sul fondo della valle, un cartello in legno mi segnala la direzione per il Mulino di Suzzi e bastano pochi passi per vedere, sullo sfondo, quel meraviglioso spettacolo della natura della cascata del fiume Boreca. Proseguo per un attimo alla volta del Mulino, i cui ruderi - perché di ruderi si tratta: sono rimasti i muri e poco altro - sono proprio sul fianco della cascata, scatto qualche foto e torno giù, alla cascata, per godermi per qualche minuto questo spettacolo.

Supero le ultime pietre per portarmi proprio sul bordo del piccolo lago che si è formato ai piedi della cascata e rimango per qualche istante ad ascoltare il rumore forte dell'acqua che scende con violenza attraverso la cascata.

Ho letto che poco più in alto, seguendo il corso del fiume, se ne trovano altre, ancora più alte. Con rammarico però devo abbandonare l'idea di visitarle perché il giro di oggi è lungo e non so a che ora me la caverò. Per oggi mi farò bastare questo angolo di paradiso, forse più simile ad un paesaggio da foresta tropicale che ad un angolo sperduto dell'appennino delle quattro province. Ne è valsa veramente la pena.

Mi lascio alle spalle la cascata, con lo scroscio dell'acqua e proseguo sul fondo della valle riprendendo il sentiero numero 121, che con un ponte supera il fiume Boreca portandosi sull'altro versante. Da qui, il sentiero prosegue in piano sul lato del fiume per un bel pezzo. Poi inizia a salire lentamente, passando sotto ad alcuni ruderi di case in pietra, ricoperte di muschio. E' un piacere camminare qui, questo tratto di strada è fantastico e giunge in corrispondenza di un rio (il Rio Bogli?) che occorre guadare, camminando sulle pietre. Attraversato il rio, il sentiero incontra l'intersezione con il numero 187 (sentiero delle carbonaie), che oggi ritrovo non per la prima volta e prende poi a salire più decisamente, diventando sempre più impegnativo, considerata anche la stanchezza che le mie gambe hanno ormai accumulato. Mentre salgo, inizio ad intravedere i primi panorami su Suzzi, rispetto al quale mi sono ormai portato di fronte e, una volta percorso l'ultimo tratto di ripida salita, costellato di muretti a secco sui lati del sentiero, giungo ad un bivio.

Il sentiero per Artana svolta bruscamente a destra, ma voglio proseguire per un attimo fino a Bogli (mt. 1067), del quale vorrei vedere qualche scorcio, visto che mai prima d'ora ci sono stato: pochi metri e vedo già di fronte a me le prime case del paese. Sulla destra del sentiero, una delle prime case che si incontrano è proprio quella della famiglia di Arturo Toscanini: è una grande casa in pietra, di fronte alla quale c'è un trattorino parcheggiato. Chi volesse saperne di più sulla storia delle origini del grande Arturo Toscanini, può leggere qui, ma vi basti sapere che, a Bogli, Toscanini è il cognome più diffuso. Io proseguo oltre, arrivando in vista dell'Oratorio Renati, del XV secolo, in pietra, posizionato al centro del paese sul fianco di una piccola fontana e poi mi incammino in salita per le strette viuzze di Bogli, curiosando un po' tra le case. Le strade sono lastricate, i vicoli strettissimi. Sembra un paese di una volta, molto caratteristico. Dicono che qui d'inverno non abiti più nessuno e che la gente torni solo in estate.

Abbandono Bogli per rimettermi sul sentiero verso Artana: sono a buon punto della mia escursione. Il sentiero risale per un tratto fino a transitare nei pressi di una cappelletta dedicata a San Rocco, posta sull'angolo del sentiero, poi prosegue dapprima in piano e, poi, nuovamente in salita, fino a giungere nei pressi di una cascina nota come Bucalon. La cascina, ormai parzialmente in rovina, ha una madonnina sulla facciata ed è nota nelle quattro province perché vi abitò, fino all'età di 98 anni il signor Marziano Rossi, meglio conosciuto come "Nito", del quale potete sapere di più in questo bell'articolo di Claudio Gnoli per il sito "Dove comincia l'appennino". Nito non voleva saperne di lasciare la sua cascina (nota in cartografia come "Cascina Borgonovo") e nonostante gli inviti dei parenti, restò in questo posto sperduto a curare i suoi orti fino alla sua morte, avvenuta nel 2005.

Lascio u Bucalon, dal quale si gode di una splendida vista su Pizzonero e, alle sue spalle, sulla punta dell'Alfeo, per riprendere la mulattiera che, dopo una breve salita, taglia in piano il versante della montagna. Dal sentiero si possono gustare dei fantastici panorami sul Lesima, su Zerba e su tutta la Val Boreca, con i tetti di Pizzonero arrampicati sulle pendici della montagna quasi nascosti dalla fitta vegetazione. L'Alfeo, severo, sembra controllare la situazione dall'alto della sua vetta.

Superati numerosi rii, giungo finalmente in vista delle case di Artana, proprio mentre il tempo metereologico cambia improvvisamente, con nubi via via sempre più nere che, dal Carmo, si spostano verso il Lesima fino a coprire tutta la Val Boreca sotto a un fitto strato grigio scuro. Entro ad Artana passando sul lato di una splendida fontana in pietra a tre arcate, poi mi infilo tra le case, su di una vietta che taglia a metà il paese. Alcune signore sono sedute in un cortile a parlare, mentre una giovane coppia sta caricando i bagagli in macchina: credo che per loro sia giunto il momento di lasciare Artana e fare ritorno in pianura. Chiamano i bambini, che stavano giocando in mezzo al paese. Non ne vogliono sapere di andare, si mettono a fare i capricci e piangono come fontane. Io, a proposito di fontane, sono fermo in quella che c'è ad inizio paese, la prima che avevo incontrato questa mattina quando sono partito, a riempirmi la bottiglia, ormai vuota. Tolgo gli scarponi, carico lo zaino e salgo in macchina. Il tempo di chiudere la portiera e inizia a piovere: per un pelo! Sono soddisfatto della bella camminata: l'escursione di oggi mi ha portato alla scoperta di una valle tanto selvaggia quanto splendida e ricca di segreti da scoprire e di storie da raccontare.

Segreti e storie che il nostro amico postino sicuramente conosceva.

A un passo dalla vetta
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