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TESSAIE, IL PIU' NASCOSTO TRA I PAESI FANTASMA

Nell'isolata val Brevenna, terra di borghi fantasma, un paese che è più...fantasma degli altri

PAESE FANTASMA: Tessaie

RAGGIUNGIBILE DA: Pareto (Ge)

LUNGHEZZA DEL PERCORSO (A/R): oltre 6 km 

TEMPO DI PERCORRENZA (A/R): circa 2 h. 30 min.

SEGNAVIA: segnalazioni Parco Antola per "Mareta" ad inizio percorso; cerchio giallo a tratti lungo il percorso

 

Ho letto di Tessaie su qualche forum dove si parlava di Liguria e paesi abbandonati e non c'è stato niente da fare, mi ha incuriosito a tal punto da volerlo visitare. E dire che paesi fantasma ancora da vedere, da quelle parti, ce n'erano eccome. 

Ma a primavera inoltrata (fine maggio, quando ho fatto l'escursione) bisogna anche fare i conti con la vegetazione che si fa sempre più fitta e quindi si pongono necessariamente delle valutazioni, al termine delle quali, ho deciso che forse, Tessaie, sarebbe stata la scelta migliore, nonostante avessi letto da più parti che il borgo non era semplice da trovare. Figurarsi per me che di quelle zone non sono per niente pratico...

Ci mettiamo in moto al mattino presto, molto presto, perché c'è da andare fino in val Brevenna. Ci arriveremo dalla val Vobbia, quindi una volta raggiunta la val Borbera prima e la val Sisola poi, ridiscendiamo da Costa Salata fino a Vobbia, per poi seguire le indicazioni per Noceto e Alpe. Ad Alpe ci ero stato da bambino, un lunedì di Pasqua e ho ancora forte il ricordo di quella costruzione esagerata - l'albergo - che quasi stona in mezzo alle piccole case del borgo e che è visibile anche da lontano, avvicinandosi in auto al paese.

A mano a mano che ci si avvicina ad Alpe, il panorama si fa più ampio e meraviglioso e offre una vista privilegiata sulle Rocche del Reopasso: credo che questo sia uno dei punti panoramici più belli del nostro appennino. Superate le case di Alpe, la strada si mantiene stretta ma si fa leggermente più piana, tagliando il fianco della montagna fino a raggiungere il Passo dell'Incisa, il valico tra la val Vobbia e la val Brevenna, un altro punto panoramico a dir poco magnifico sull'appennino.

Dall'Incisa raggiungiamo la madonnina di Costa Clavarezza e scendiamo su di una stradina così stretta che quasi si fa fatica a fare le curve, prendendo il bivio per Porcile, Caselline e Pareto.

La strada è asfaltata a tratti e, per un attimo, mi sembra quasi di essere tornato in val Pentemina, che in realtà non è poi così distante da qui. A Porcile ci vengono dubbi sulla strada da seguire e ci fermiamo per chiedere indicazioni: un signore ci raggiunge e si ferma a parlare un po' con noi. Ci racconta che Porcile è un paese soggetto a continue frane, come del resto l'intera vallata di cui fa parte, ed è stato ricostruito in tre posizioni differenti (la prima volta sorgeva in via Campo Antico, la strada che percorreremo per raggiungere Pareto). Da quelle parti, anche Costa Clavarezza ha subito lo stesso triste destino, in tempi più recenti, tanto che ancora oggi la strada è chiusa ed è raggiungibile soltanto a piedi attraverso sentiero. Ci spiega la particolarità della terra che compone le loro montagne e del movimento “a saponetta” che genera le frane.

Ci chiede da dove veniamo. “Val Curone” gli diciamo, “Caldirola, sa dov’è?”, convinti che non conoscerà mai i nostri posti.

“Belin se li conosco quei posti, c’avevo la morosa a Pallavicino, ho fatto tanta strada avanti e indietro in quegli anni….una volta non c’era ancora internet e tutte queste belinate e quando si conosceva una donna si andava avanti e indietro a trovarla, ci si parlava…mica come adesso…”

Ci mettiamo a ridere, ma ha ragione. Ci racconta che fortunatamente, qualche giovane si è stabilito a Porcile e anche se non ha molta dimestichezza con i lavori della terra, quanto meno ci prova ad arrabattarsi. Ma anche qui sono rimasti in pochi.

“Noi andiamo a Pareto. Ma il sentiero per Tessaie? Sa dirci dove parte?”

“Allora, il sentiero per le Tessaie è segnalato con C.A., che sta per cazzi amari….”

Ancora giù a ridere, capiamo che evidentemente la strada non è delle migliori. Ci spiega il percorso indicando con le mani la montagna di fronte a noi. “Se lo trovate siete bravi!”

Lo salutiamo e ripartiamo alla volta di Pareto, che raggiungiamo poco dopo su di una stradina sempre in parte asfaltata e in parte sterrata. Pareto è un piacevole paesino situato in una valletta laterale della val Brevenna. L’arrivo in paese è preceduto dal cimitero, sulla sinistra, e dalla chiesa di San Lorenzo Martire, oltre cui si trova una piccola piazzetta dove parcheggiamo l’auto e ci prepariamo alla partenza.

Colpisce subito la nostra attenzione un antico oratorio in pietra, al centro della piazzetta, probabilmente abbandonato, che lateralmente ospita una claire come fosse un qualunque garage…

Accanto all’oratorio, una viuzza si insinua tra le case. Sul lato, le segnalazioni del Parco Antola con le indicazioni per i seccherecci (0,30 min.) e Mareta (1 ora). Ci incamminiamo tra le case di Pareto, raggiungendo in breve un grosso vascone dell’acqua e teniamo sempre la sinistra ai vari bivi che si susseguono, iniziando in breve a salire oltre le case e trovando dei segni gialli dipinti sugli alberi che sembrano essere dei segnavia.

Li seguiamo, inoltrandoci nel bosco e giungendo in breve in vista del paese di Caselline, di fronte a Pareto e delle prime viste su Frassineto e Vaccarezza. Poco dopo, ecco comparire anche Porcile e il valico dell'Incisa, prima che il sentiero si addentri con maggiore decisione nel bosco, camminando accanto ad innumerevoli muretti a secco ricoperti di muschio. In alcuni punti, il sentiero, pur facilmente individuabile, non è più percorribile perché completamente infestato dalla vegetazione e bisogna camminare quasi accucciati: ecco quando il signore di Porcile diceva che il sentiero era segnalato C.A.!

Finalmente, il sentiero esce dal bosco, rimanendo comunque in un punto dove la vegetazione è particolarmente fitta e raggiunge un crinale nei pressi del quale si trova una croce, non molto visibile. Ci avviciniamo: è la croce che porta inciso il nome di Felicita Ghiglione, morta nel 1888 a soli 53 anni, importante per non perdere l’orientamento perché, come avevo letto su internet, questo è uno dei punti cruciali del sentiero. Da qui, si apre il panorama sulla val Brevenna.

Cerchiamo di capire dove si diriga il sentiero, che sembra perdersi, quindi decidiamo di scendere verso sinistra, su di una traccia che dopo pochi minuti sembra svanire, invasa dai rovi. In queste condizioni, camminare non è neanche più un piacere, ma solo fatica: senza dubbio, questo è l’altro punto in cui il sentiero è segnalato C.A.!

Riusciamo con non poca fatica a superare questo tratto di sentiero invaso dalla vegetazione senza perdere la traccia e proseguiamo in discesa dove, poco dopo, ricompaiono i segnavia gialli sugli alberi, ai quali non riusciamo ad assegnare un significato: si trovavano ad inizio sentiero, poi sono scomparsi, poi ritornati. Mah!

Continuiamo in discesa, fino a raggiungere una traccia che sembra quella di un bivio, alla quale abbiamo una mezza idea di svoltare, però desistiamo e fortunatamente, direi. Perché poco dopo, si giunge ad un bivio leggermente più evidente, dove, nonostante la vegetazione fitta, riusciamo ad intravedere tra gli alberi i tetti di alcune case: Tessaie!

Lasciamo così il sentiero che avevamo seguito fino ad ora svoltando bruscamente a sinistra, dove un sentierino piano taglia il versante della montagna conducendo a quel che resta di un lavatoio e, poco dopo, probabilmente, di un seccatoio, oltre i quali iniziano due ali di muretti a secco che conducono dritti al borgo fantasma.

Tessaie è strano, cupo. Interamente sommerso dal bosco, ricorda un po’ Casoni di Vegni, anche se è decisamente più piccolo. Le case saranno sette o otto in tutto e si trovano tutte sul lato destro del sentiero, fatta eccezione per due che si trovano sulla sinistra, delle quali sono rimaste soltanto le pareti laterali, senza più il tetto, e nelle quali ancora sono visibili le nicchie scavate internamente nei muri.

Sotto al sentiero, sul lato opposto, una stalla alla quale non ci si può avvicinare a causa delle cattive condizioni del sentiero. Addentrandosi tra le case, colpisce subito la caratteristica architettura della borgata. Le case sono ornate con archetti in pietra e pregevoli scalette in sasso che permettono l’accesso alle terrazze, tuttavia sono decisamente pericolanti. Salgo sul terrazzino che mi sembra più stabile, avvicinandomi alla porta di legno chiusa ma squarciata al centro, che lascia intravedere l’interno della casa con la finestra spalancata sulla val Brevenna. Spingo la porta, all’interno un antico forno in pietra accanto all’ingresso, mentre più avanti, una stanza piena di pelo di animale e cattivo odore, nonostante la finestra spalancata e con i resti di una valigia sparsi a terra. Il pavimento ad ogni passo emette strani scricchiolii, meglio uscire.

Torno sul sentiero, lasciando la bella casa con gli archetti in sasso. Vorrei vedere quella accanto, ma è in condizioni pessime, meglio non avventurarsi.

Proseguo così fino al termine del sentiero, che va praticamente a sbattere contro una porta. La spingo, all’interno una piccola stalla con il pavimento ricoperto di legna sottile, così come in legno sono il soffitto e le mangiatoie, ancora perfettamente conservata, davvero una meraviglia. Accanto alla stalla, una casa dalla forma arrotondata che ricorda quasi quelle di Reneuzzi, con un bel camino in cima al tetto e, da una finestra, si intravede una bottiglia appoggiata sul davanzale ad asciugare, quasi come se in casa ci fosse ancora qualcuno.

Aggiro la casa con la stalla al piano terreno, raggiungendone l’ingresso. Sulla porta campeggiano già minacciose scritte su presunte “maledizioni di Dio” e sull’aldilà, ma è spingendola che si rimane a bocca aperta. Una cucina con un lavandino, accanto ad una vecchia stufa, piena di piatti, pentole e bottiglie, che sono sparse anche a terra, in mezzo alle foglie che riempiono il pavimento. A terra anche una scarpa di donna. Sui muri, scritte deliranti. Mi avvicino alle stanze successive, entrambe con la finestra spalancata, materassi ormai squarciati a terra e ancora scritte deliranti sui muri.

Me ne vado chiudendomi la porta alle spalle: lascio questa casa con la tristezza nel cuore, al solo pensiero della stupidità dei vandali che vanno nei paesi abbandonati a realizzare barbarie come queste.

Aggiro la casa scendendo sul lato opposto, dove si trova una stalla in mattoni ancora piena di legna e, al piano inferiore, una stanza con delle sedie, un rudimentale tavolino appoggiato sui ceppi di legna e un fornelletto da campo. Un muretto che sembra delimitare un cortile interno mi impedisce di proseguire e sono costretto a tornare indietro, ripassando davanti alla casa maledetta. Catturo ancora qualche scorcio del paese, giusto in tempo per vedere che le case più in basso sono ormai completamente sventrate e nemmeno ci si riesce più ad avvicinare, poi ci rimettiamo sul sentiero per il ritorno.

Lascio Tessaie con sentimenti contrastanti. Mi ha incuriosito molto l’avvicinamento, quella difficoltà nel trovarlo lo ha reso ancora più affascinante. Ma il paese è cupo già di per sé e se aggiungiamo anche quella casa devastata dai vandali, con le finestre spalancate e un’aria pesante all’interno, vi dirò che lasciare Tessaie con la serenità nel cuore non è proprio possibile.

Ripercorriamo la strada del ritorno con un po’ di ansia nel cuore, fino a che, ripreso il sentiero per Pareto, vediamo che i segnavia gialli abbandonano il sentiero che avevamo seguito all’andata per inerpicarsi lungo il versante di una montagna. Proviamo a seguirli!

La salita è faticosissima, ma merita. Seguendo i bolli gialli sulle piante e sui sassi, raggiungiamo un traliccio dell’alta tensione e, da qui, il crinale del Monte Pareto, da cui si gode di una vista assolutamente fantastica sulla val Brevenna e sul Monte Antola. Si distinguono chiaramente Lavazzuoli, Senarega con il suo Castello, Carsi, Crosi, Frassineto, il Monte Maggio e Sorrivi.

E’ stata dura, ma ne è valsa la pena salire fin qui.

Sempre seguendo i bolli gialli, ridiscendiamo il versante del Monte Pareto, giungendo esattamente in corrispondenza della croce con inciso il nome di Felicita Ghiglione, dove all’andata avevamo perso le segnalazioni. Ecco spiegato l’arcano: le segnalazioni gialle fanno salire al Monte Pareto e ridiscendere, poi,  verso Aia Vecchia.

Dalla croce fino a Pareto è una passeggiata piuttosto tranquilla, nonostante la vegetazione che ci costringe per lunghi tratti a camminare piegati sulle ginocchia. Quando arriviamo tra le case, il paese è vivo come non mai, sembra che la gente sia arrivata tutta adesso. Chi lavora in giardino, chi dipinge, chi legge sul balcone, chi taglia la legna.

Pareto è stata una bella scoperta, un paesino davvero piacevole. Tessaie, invece, credo possa essere riassunto in una citazione del signore di Porcile che abbiamo incontrato in mattinata: C.A.!

A un passo dalla vetta
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