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A VOLTE RITORNANO...

Torna Francesca, giusto in tempo per la probabile ultima ciaspolata stagionale. Con un sole e un caldo del genere, non durerà molto...

PARTENZA E ARRIVO: Caldirola, Colonia Provinciale (1100 mt. circa)

PASSAGGI INTERMEDI: Rifugio Orsi (1397 mt.), M.te Panà (1559 mt.), Passo Bruciamonica (mt. 1394) 

LUNGHEZZA DEL PERCORSO: poco meno di 12 km 

TEMPO DI PERCORRENZA: circa 5 h.
SEGNAVIA: bianco-rosso 106, 114 e 200 

 

Mancava da ormai quattro mesi, Francesca e mentre lo scorso anno è stata presente in gran parte delle mie ciaspolate, nel 2014 ancora non eravamo riusciti a farne una insieme. L'occasione arriva ora, giusto in tempo per farle rivedere la neve, però, visto che le temperature primaverili degli ultimi giorni stanno facendo sciogliere tutta quella caduta nelle scorse settimane. Io vengo da due giorni di escursioni e la stanchezza comincia a farsi sentire, ma le propongo una ciaspolata all'Ebro, uno dei "grandi classici" della scorsa stagione, così, per chiudere in bellezza. 

Passa il tempo, ma per fortuna non passano le buone abitudini: Francesca si presenta al mattino con lo zaino bello pieno di focaccia e neanche mi saluta, quando arriva, ma me ne infila direttamente un pezzo in bocca. E' una scena che mi mancava, sinceramente. Alla Colonia provinciale di Caldirola è il fango a farla da padrone, oggi: il piazzale è ormai totalmente sgombro dalla neve e quando parcheggiamo, la prima cosa che notiamo è che dovremo iniziare con le ciaspole in mano, visto che il sentiero è totalmente infangato. Il tempo di prepararsi e si parte, sul sentiero 106 in direzione del Rifugio Orsi. Neanche ci ho pensato, sinceramente, a salire per le piste: è assurdo ma in questi mesi non sono ancora riuscito a passare dalle parti dell'Orsi e vorrei almeno una volta farci un salto.

Dopo le prime decine di metri, ecco la neve che inizia a comparire e camminarci sopra con i soli scarponi diventa particolarmente difficile oltre che...scivoloso. Così ci fermiamo e indossiamo le ciaspole: da qui in poi saranno molto utili, almeno fino al cancello posizionato sul versante del Monte Panà, dove il forte sole ha già sciolto tutta la neve e, quando arriviamo, siamo costretti nuovamente a toglierle. L'uscita dal "fresco" del bosco è letale: il sole qui picchia molto forte e anche se sono solo le undici di mattina, io sono già in maniche corte praticamente da mezz'ora, altro che inverno.

Rimettiamo le ciaspole dopo un centinaio di metri, quando la neve riprende a coprire il suolo ed è così molle che ci si affonda dentro fino a metà gamba: da qui in poi, la camminata sarà più faticosa e inizieremo a perdere sempre più tempo. Un sorso d'acqua alla fontana che si incontra lungo il percorso, poi lasciamo strada ad altri quattro escursionisti che ci superano e continuiamo con il nostro passo, fermandoci solo nel grande prato che precede il rifugio per scattare qualche foto con questo splendido ma stranissimo cielo azzurro sfumato dalle nuvole.

Quando arriviamo al Rifugio Orsi, è ormai mezzogiorno e nonostante tutto, il Rifugio è ancora sommerso dalla neve, che copre quasi tutta la staccionata. I signori che ci hanno superato sono ora seduti sui tavoli davanti al Rifugio e stanno pranzando, mentre noi dobbiamo decidere che fare.

"All'Ebro non so se ci conviene andare", le dico.

"Chissà che fatica andare fino là con questa neve" mi fa eco Francesca.

"Facciamo così: aggiriamo il Rifugio, prendiamo il sentiero 114 e saliamo sul Panà".

"Aggiudicato!"

Ci portiamo sul lato del Rifugio che ospita le fontane, vicino al proseguimento del sentiero 106 per il monte Ebro, ma evitiamo quel sentiero e imbocchiamo invece il 114, proprio dietro alla costruzione. Da qui in poi, la camminata sarà una vera fatica, almeno fino al nostro arrivo sul Panà.

La neve è tanta, qui il sole non batte quasi mai e le tracce di chi è passato di qui prima di noi sono ormai cancellate, probabilmente il vento le ha ricoperte con altra neve, tanto che si vedono solo a malapena. La neve è molle, fradicia, si affonda fino al ginocchio, ma come se non bastasse, in alcuni punti è così dura che sembra gelata. Ovviamente, camminare così non è per niente bello perché non si sa che superficie si troverà al momento di appoggiare il piede e la fatica aumenta a dismisura. Fermandoci spesso, arriviamo abbastanza stremati in vista del crinale, riconoscibile in lontananza per l'assoluta mancanza di neve in alcuni punti.

Si alza un po' di vento, ma non riesce neanche ad essere fastidioso, tanto è primaverile lo stampo di questa giornata. Rimetto la felpa, mentre Francesca mette la giacca e raggiungiamo la cima del Panà per scattare un po' di foto, mentre alcuni alianti volteggiano sopra alle nostre teste.

Il panorama, oggi è pazzesco: la catena delle alpi incornicia tutto il paesaggio, da ovest a est ed è più nitida nella zona ad est del massiccio del Rosa, che svetta dietro alle antenne del Giarolo illuminato dal sole. Accanto, il Cervino e, più ad ovest, dove la foschia inizia a farsi più insistente, ecco il Monviso, fino alle alpi marittime che scompaiono in mezzo alla foschia poco prima di gettarsi in mare.

Ci facciamo un autoscatto, poi cambio obiettivo alla reflex e mi concentro su qualche zoom, immortalando - oltre alle cime alpine - anche il Tobbio, il Reale, la Croce degli Alpini, il Lesima, il Chiappo e l'Ebro, sulla cui cima saremmo dovuti arrivare se non avessimo cambiato programma. Poco male, è ora di pranzo.

Ci sediamo in un punto in cui la neve già se ne è andata tutta. L'erba è un po' bagnaticcia, ma per niente fastidiosa. Giù gli zaini e via le ciaspole, un sorso di Boscabarona e fuori i viveri: focaccia, Stelvio, e cioccolata, il menù consueto che ormai da qualche tempo mancava durante le mie escursioni.

Restiamo un po' a parlare anche dopo la nostra merenda, guardando lo splendido panorama di fronte a noi, con la foschia che aumenta minuto dopo minuto, giocando a scoprire nuovi sentieri innevati che risaltano sui versanti delle montagne al di là degli alberi spogli. Alle due decidiamo che è ora di partire: il sole intenso, di tanto in tanto offuscato dall'arietta che si levava, ci ha cotto per benino e mi sento la pelle bruciare. Rimettiamo le ciaspole e decidiamo di scendere dal Panà, sul sentiero principale, nonostante la neve un po' troppo molle.

Per una volta riesco a non cadere e posso essere io a ridere di lei, che finisce nella neve col sedere per aria, mentre a mano a mano che scendiamo, il massiccio del Monte Rosa scompare poco alla volta dietro alla sagoma del Giarolo. Raggiungiamo l'imbocco delle piste da sci, nei pressi di Passo Bruciamonica, dopo che abbiamo potuto assistere ad un bello spettacolo di luce e colore ammirando il cielo, sopra alle nostre teste, in direzione del mare, annuvolarsi poco alla volta. La discesa sulle piste battute è un po' più piacevole per le nostre gambe ormai provate dai chilometri percorsi.

"Meno male che non siamo andati fino all'Ebro" ripete ancora Francesca.

"Con questa neve..." dico io "...saremmo tornati a casa in tempo per il tramonto, stasera! Come quando abbiamo fatto quella pazzia di ciaspolata dalle Capanne di Cosola al Monte Carmo, circa un anno fa. Anzi, un anno esatto fa: era proprio il 16 marzo!" Negli occhi di Francesca, al solo nominare quella ciaspolata, vedo ancora comparire il terrore, meglio cambiare discorso. Arriviamo alla macchina a metà pomeriggio: mi sa che ora, con le ciaspole, è davvero finita. Meglio concentrarsi per qualche settimana su itinerari più a valle, per poi tornare sulle vette più alte del nostro appennino quando la situazione al suolo sarà più "asciutta". I sentieri da percorrere di certo non mancano!

 

A un passo dalla vetta
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