BORZINE
Paese abbandonato della val Trebbia
PAESE FANTASMA: Borzine (mt. 855 circa)
RAGGIUNGIBILE DA: Canale (mt. 780 circa)
TEMPO DI PERCORRENZA: circa 30 minuti
SEGNAVIA: nessuno, sterrata evidente
Avevo letto svariate volte di Borzine, paese abbandonato in comune di Fontanigorda, in val Trebbia. Anzi semi abbandonato, ad essere precisi: perché parlando di Borzine torna sempre a galla la storia della signora Valeria, l'anziana che non ne ha voluto sapere di abbandonare il paese nonostante gli inviti ripetuti anche da parte dell'Amministrazione Comunale. Insomma, un grande esempio di attaccamento alla propria terra natale, anche quando tutti se ne sono ormai andati: una novella Davide Bellomo, verrebbe da dire, per chi conosce la storia di Reneuzzi e del suo abbandono.
Non so se la signora Valeria sia ancora in vita, mentre scrivo: se lo fosse, dovrebbe avere ormai superato i novanta. Io però, quando sono stato a Borzine, non ho trovato lei e nemmeno nessun altro, solo molto silenzio.
Non riuscivamo a farci un'idea di dove diavolo fosse, Borzine, che si trova in una zona che sinceramente conosciamo poco. Però è stato sufficiente impegnarsi un po' di più nella ricerca su mappe e cartine per capire che la direzione da prendere era quella della val Trebbia, lungo la dorsale che separa Fontanigorda e Montebruno. Canale, per la precisione, era il paese che bisognava raggiungere, con una deviazione sulla destra della statale 45. Raggiunto Canale, abbiamo poi dovuto cercare la viuzza che, dall'interno del paese, conduceva in direzione di Borzine e trovandola asfaltata prima e sterrata, ma in buone condizioni poi, abbiamo deciso per una volta di ridurre la strada da fare a piedi per avvicinarci al paese in macchina.
Lasciamo così l'auto in prossimità del bivio tra Borzine e Volpaie, segnalato da un cartello. Non credo che Volpaie sia disabitato, anche se il posto in cui si trova lo lascia per lo meno presagire. Ma per oggi non ci interessa.
Ci incamminiamo sulla sterrata in direzione di Borzine. La strada è pianeggiante, quasi monotona e taglia a mezza costa il versante di montagna, affiancata da alberi secchi dalle forme quanto meno bizzarre. Non è particolarmente panoramica, se non sul versante opposto di montagna, dove si intravedono i tetti delle case della frazione di Sottoripa. Solo in un punto la vista cade verso il fondovalle, prima di tornare ad essere nuovamente ostruita dalla vegetazione.
D'un tratto, mentre camminiamo, ci accorgiamo di una casa avvolta dalle erbacce sulla sinistra del sentiero. E' una casa grande, a più piani, isolata e ci limitiamo a fotografarla dal sentiero senza avvicinarci. Poco più avanti, eccone un'altra, proprio sopra alla sterrata, quasi nascosta dalla vegetazione, senza più le finestre. Mettono quasi timore.
Proseguiamo sul sentiero e questa volta incontriamo, accanto a noi, i ruderi di una costruzione molto più antica, di cui rimangono solo alcune grosse pietre ricoperte dal muschio. Intanto, davanti a noi, ci accorgiamo che sulla sterrata ha ripreso a crescere l'erba, che occupa quasi interamente la strada.
D'un tratto, ecco comparire di fronte a noi, in lontananza, la sagoma di una costruzione, simile a un oratorio e per un attimo pensiamo di essere già arrivati a Borzine. E' un oratorio, in effetti e si trova nei pressi di una curva della strada, di fronte a una staccionata: lo raggiungiamo e scopriamo che però, di Borzine, ancora non v'è traccia. L'oratorio, in pietra, è particolarmente ben tenuto, anche se in posizione isolata e al suo interno non c'è nulla, a parte una piccola statuetta.
La sterrata svolta, affiancata da rocce appuntite e prosegue con alcune curve prima di attraversare un punto dove invece la roccia è così levigata da sembrare un muro. L'ultima svolta, poi ci troviamo di fronte un gruppo di case: eccoci a Borzine.
Pensavamo il paese fosse più grande, mentre a prima vista vediamo solo poche case. Pare che l'insediamento sia stato costruito dalla famiglia Ferretti di Canale, proveniente dalla val Fontanabuona, intorno alla metà del 1600 e, in seguito, si sia a mano a mano sviluppato fino a raggiungere la conformazione ancora oggi visibile.
Ci avviciniamo, oltrepassando i resti di una vasca dell'acqua, facendo in tempo a notare, al di sotto della strada, un orticello piuttosto trascurato e i resti di un'auto buttata lungo il rio che precede l'arrivo in paese. Le case sono di fronte a noi: sono alte, qualcuna ha ancora il tetto di tegole rosse, altre non hanno più il tetto. Le persiane, dove ci sono, sono chiuse e dipinte di verde. Ma molte finestre non hanno più nemmeno i vetri, avendo conservato solo la forma. Nonostante tutto, alcune abitazioni sembrano abbandonate di recente, o ancora saltuariamente utilizzate, come testimonia un robusto portone chiuso accanto a un contatore dell'Enel.
Ma più avanti, un'altra casa è ormai vicina al crollo e al suo interno, tra la molta confusione, possiamo ancora scorgere alcune bombole del gas e una maglia su di un appendiabiti. Passiamo sotto a un balcone avvolto dall'edera e proseguiamo sul sentierino che, in salita, costeggia le case: il paese si apre davanti ai nostri occhi, con le case disposte in fila tanto da sembrare quasi un lungo casermone. Ad abitazioni ormai crollate e senza più soffitto né pavimento, se ne affiancano altre dove sembra che l'abbandono sia stato più recente o, quanto meno, si tenti di tornare a vivere, come testimoniano alcune parabole sulle ringhiere arrugginite dei balconi. Una distesa di bottiglie di plastica piene d'acqua ci lascia pensare che qui qualcuno ci sia ancora, eppure non vola una mosca e gli unici rumori che si sentono sono quelli del bosco.
Proseguiamo lungo la vietta, che si dirige ora verso una casa più alta delle altre, costruita in una specie di nicchia scavata nella roccia: ai piani superiori iniziano a vedersi i segni dell'abbandono, con le persiane sgangherate e i vetri in parte rotti, ma al piano terra la casa è ancora praticamente nuova, con un bel giardino, un robusto portone in legno e delle caratteristiche ante in legno sulle quali è incisa la forma di un abete. Ci viene da pensare che questa sia la casa dove ha vissuto - o dove vive - la signora Valeria, perché è quella meglio conservata di tutto il paese. Però qui è tutto chiuso, quindi non possiamo toglierci la curiosità e, soprattutto, sapere se Valeria è ancora viva.
Si racconta che vivesse a Borzine da sola, con le proprie galline e l'orto da curare e che fosse solita raggiungere la Chiesa di Canale a piedi fino a quando vi si celebrava la Santa Messa. I problemi, chiaramente, sorgevano d'inverno, quando con il maltempo o la neve, magari, non era possibile raggiungere la frazione dove viveva da sola. E così, il Comune provò a convincerla a trasferirsi ma senza successo. Provò a regalarle una televisione e un telefono, ma rifiutò. Addirittura, pare che in un inverno particolarmente nevoso, il sindaco inviò un elicottero per controllare le condizioni di salute della signora e la sua necessità di approvvigionamenti e Valeria si fece incontro all'elicottero nella neve per sapere se poteva essere in qualche modo utile....insomma un'anziana combattente di montagna come forse oggi non ce ne sono più.
Il sentiero oltrepassa i ruderi di una cascina, quindi svolta per proseguire oltrepassando un caratteristico rio, salendo alla volta di un'ultima casa, in posizione più isolata rispetto alle altre. E' conservata ancora discretamente, con le persiane verdi chiuse e numerosi attrezzi da lavoro intorno. Ci pare che oltre non ci sia nulla, le case dovrebbero essere finite anche se il sentiero sembra proseguire, forse verso il vicino Passo della Rocca. Decidiamo di tornare sui nostri passi, riattraversando il paese per tornare alla macchina.
Borzine è questo, un villaggio di contrasti, contrasti bene riassunti nella descrizione della figura della signora Valeria, rimasta legata a un mondo antico nonostante i tempi stessero cambiando. Un paese tutto sommato discretamente grande rispetto a molti altri piccoli borghi abbandonati che ho avuto la possibilità di visitare, diviso tra case diroccate e case che forse qualche proprietario sta cercando ancora di tenere in piedi. Un paese che, tuttavia, pare avere il destino già scritto, come accaduto per moltissimi altri villaggi nelle sue stesse condizioni.