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DA BRUGGI A CEREGATE, SUL VECCHIO SENTIERO

Un tempo, il giorno della festa di Maria Bambina, si partiva da Bruggi per raggiungere Ceregate scavalcando le montagne...

PAESE FANTASMA: Ceregate

RAGGIUNGIBILE DA: Bruggi

LUNGHEZZA DEL PERCORSO (A/R): oltre 14 km (dal Colle della Seppa con ritorno ad anello su asfalto)

TEMPO DI PERCORRENZA (A/R): circa 4 h. 30 min. (dal Colle della Seppa con ritorno ad anello su asfalto)

SEGNAVIA: nessuno nel tratto da Bruggi alla SP90; bianco-rosso da SP90 a Negruzzo; indicazioni "Ceregate" all'imbocco del sentiero per il paese fantasma

 

Una decina di giorni fa (il 7 settembre) a Ceregate si è festeggiata la Maria Bambina. E’ tradizione, come ho raccontato sulle pagine del libro “I villaggi di pietra”, che la prima domenica di settembre la parrocchia di Cegni, in alta valle Staffora, si riunisca a quella di Ceregate, il paese fantasma dove ancora si trova una chiesetta in ottimo stato, risalente al 1868, e venga così celebrata la Santa Messa proprio come un secolo fa, quando il paese era ancora abitato.

E’ una tradizione che si mantiene viva nonostante l’abbandono del paese, un tempo abitato da non più di quattro-cinque famiglie, e gradualmente spopolatosi negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, fino a rimanere con un solo abitante. Carlo Buscaglia, così si chiamava, fu l’unico e ultimo abitante di Ceregate per sedici lunghi anni, dal 1970 al 1986: si racconta che, per paura degli scherzi di qualche buontempone dei paesi vicini oppure del passaggio di qualche malintenzionato, fosse solito andare a dormire nel solaio, accedendovi da una botola che raggiungeva con una scala e che chiudeva, la notte, tenendo la scala con sé per ridiscendere la mattina dopo.

Insomma, di notte, Ceregate, sembrava abbandonato già dal 1970.

La Maria Bambina era una tradizione a cui gli abitanti della valle Staffora e delle valli vicine tenevano particolarmente, tanto che in occasione della festa arrivavano numerose persone dai dintorni, anche da Bruggi, il paese che si trova sul versante opposto della montagna, anche se spostato decisamente più a monte.

Ho così deciso, con l’itinerario odierno, di ripercorrere – con qualche piccola modifica - l’itinerario che seguivano gli abitanti di Bruggi quando, la prima domenica di settembre, raggiungevano a piedi, con un povero fagotto in spalla, Ceregate per la festa.

La piccola modifica a cui facevo riferimento è la partenza del percorso, che per ragioni di tempo ho spostato direttamente al Colle della Seppa, il valico tra val Curone e valle Staffora posto sul crinale che unisce il Bogleglio al Chiappo. Per chi volesse percorrere l’intero itinerario, è comunque possibile partire dalla piazzetta in cima al paese di Bruggi e seguire la lunga carrareccia (che io ho percorso in 4x4) che parte sulla destra e che in poco più di un’ora raggiunge il valico.

Colle della Seppa, dicevamo: lasciata l’auto in uno spiazzo lungo il crinale, giusto il tempo di prepararsi e poi giù, sempre seguendo la carrareccia – non segnalata, ma clamorosamente evidente - che entra ora in provincia di Pavia e scende attraverso alcuni tornanti con belle viste sul Monte Lesima e sul Monte Penice. Ci lasciamo sulla destra una capanna di legno e, poco dopo, una bella fontana in sasso, che preannuncia l’arrivo sulla SP90: giunti sull’asfalto nel bel mezzo di un rettilineo, lo percorriamo per pochissime decine di metri a ritroso (in direzione del fondovalle, dunque) e in corrispondenza di una curva verso sinistra della strada possiamo intravedere su di un palo di legno le tradizionali segnalazioni bianco-rosse, che ci indicano la direzione più breve per raggiungere il bel villaggio di Negruzzo.

Seguendo il segnavia abbandoniamo quindi immediatamente l’asfalto per curvare a destra sull’erba e, da qui, imboccare una mulattiera che scende rapidamente regalando, nella parte iniziale, un bel panorama sul Monte Lesima. La discesa si fa via via più ripida, in particolare quando la mulattiera fa il proprio ingresso in un bel bosco misto di faggi e carpini e va a transitare, dopo poco, ai piedi di alcune imponenti grotte che costeggiano il sentiero: da qui, si inizia ad avvertire in lontananza un vociare che ci fa capire, in breve, di non essere molto distanti dalle case.

L’uscita dal bosco coincide con una meravigliosa vista del versante boscoso che separa Negruzzo da Casale Staffora, quindi, dopo una ripida discesa dritto per dritto, il sentiero, fattosi nel frattempo più stretto e appena accennato, curva in direzione opposta, nella direzione – cioè – di Negruzzo, regalando belle viste sulle frazioni di Cencerate e Barostro, ai piedi di Cima Colletta.

Pochi passi sul sentiero sassoso ed ecco comparire, di fronte a noi, i tetti di alcune case: più avanziamo, più si fa nitida la visione d’insieme del paese, che è arroccato sul versante della montagna, dominato dall’alto dalla chiesa con il suo tozzo campanile e la facciata piuttosto anonima, alla quale tutte le case sembrano aggrappate. Scattiamo qualche immagine di Negruzzo da questa privilegiata posizione panoramica, quindi ci rimettiamo in marcia, sbucando dopo pochi minuti sull’asfalto della strada che congiunge Negruzzo al vicino paese di Casale Staffora e attraversando il paese.

Negruzzo è sicuramente un borgo molto curato, come del resto si può vedere camminando tra le sue case e sulle sue viuzze in pietra. Salutiamo alcuni anziani seduti al fresco di una panchina e continuiamo sull’asfalto in direzione opposta, camminando su di una strada che corre stretta ai piedi di grandi rocce: voltandoci alle spalle, possiamo ancora ammirare un ultimo, splendido, panorama di Negruzzo da un’altra angolazione.

Camminando sull’asfalto in questo tratto, ci si può rendere conto dell’imponenza dell’alta valle Staffora, con le montagne che scendono a strapiombo sul fiume. Solo allungando il collo per guardare oltre la ringhiera posta sul lato della strada, possiamo percepire il dirupo che c’è davanti noi, che ci separa dal versante opposto dove fanno bella mostra di sé i borghi di Samboneto, Cencerate e Barostro. Giunti in prossimità di una curva, in uno straordinario punto panoramico, uno spazio tra il guard-rail nasconde l’imbocco di un sentiero, ben segnalato tra l’altro da un cartello in legno: Ceregate h 1,00. Il sentierino, molto stretto soprattutto nella parte iniziale, è spesso percorso da motociclisti quindi consiglio di fare molta attenzione.

Dopo un primo tratto scoperto, fino nei pressi di una croce in legno, punto da cui – guardando con attenzione – si riescono ad intravedere i tetti delle case di Ceregate in lontananza, il sentiero si addentra nel bosco per non uscirne praticamente più fino al paese fantasma.

Si attraversano numerosi versanti di montagne sempre in discesa, via via più decisa, superando anche alcuni punti in cui delle frane hanno quasi cancellato il sentiero: il tratto più ripido è l’ultimo, quello che precede l’arrivo tra le case del borgo fantasma. Ad un certo punto, si incontra accanto al sentiero il rudere di una casa in pietra ed è il segnale che Ceregate è ormai a un passo: dopo l’ultimo tratto di sentiero accanto ad un muretto a secco, scostate le spine con i bastoni, ecco di fronte a noi il profilo di una casa con il balcone in ferro.

Tuttavia, rispetto all’ultima volta che sono stato qui – circa un anno fa – molte cose sono cambiate.

Innanzi tutto, la vegetazione è assolutamente infestante: quasi non si riconoscono più le case, il sentiero, gli spazi. Ciò, probabilmente, è dovuto al fatto che questo è il normale aspetto di Ceregate (l’escursione è di fine giugno), mentre io, lo scorso anno, lo avevo visitato poco prima della festa di Maria Bambina e l’erba nei prati era tagliata di fresco.

Inoltre, la casa con il balcone che è di fronte a noi, lo scorso anno era perfettamente chiusa mentre oggi è devastata dai vandali, con le finestre aperte, i vetri rotti e la porta, su cui campeggia la scritta “proprietà privata – divieto di accesso” è solo accostata. Mi incazzo quando vedo queste cose, non posso farci niente.

Facendoci largo con i bastoni tra le alte erbacce, arriviamo al centro del paese e scendiamo in direzione della Chiesa di Maria Bambina. Nulla è cambiato, qui, rispetto a un anno fa, fortunatamente. Le ciappe sui tetti delle case sbucano tra la fitta vegetazione, regalandoci ogni volta un effetto simile a quello di una sorpresa. Le damigiane sono ancora ai piedi di una panca, all’interno di una stanza della casa dove già le avevo viste un anno fa. Là di fronte, le montagne scendono ripide verso lo Staffora e il campanile della chiesa di Cencerate sembra essere l’unico collegamento con il mondo reale, in questo angolo di appennino quasi dimenticato.

Scendiamo sulla viuzza appena visibile: guardando bene, i rami di un grosso albero – cresciuto all’interno (!) di una casa ora crollata – nascondono una bella scaletta che sale sul lato della casa meglio conservata, quella con i muri intonacati e un pesante balcone di cemento. Ci avviciniamo e scopriamo altri angoli del paese nascosti, fatti di porte in legno e archetti in pietra che nella prima visita ci erano sfuggiti, ora irrimediabilmente destinati a scomparire.

Penso proprio che questa casa possa essere quella che ha ospitato l’ultimo abitante: si vede ancora il numero civico accanto alla porta d’ingresso e, guardando dalle grate arrugginite della finestra, una scala a pioli e un camino con un piccolo forno all’interno. Spostiamo le erbacce e raggiungiamo una delle porte accanto: è quella di una stalla, dentro alla quale si può scorgere ancora, insieme a bidoni e assi di legno, un letto di paglia che copre l’intero pavimento. Raggiungiamo quindi la Chiesa di Maria Bambina, con la sua bella facciata pitturata di giallo che ravviva anche i vicini ruderi in pietra. Non ne scruto l’interno, ci sono già stato un anno fa. Ci sediamo sul muretto a mangiare qualcosa, ascoltando il silenzio del paese abbandonato e facciamo anche in tempo a riconoscere un sentiero che scende verso il letto del fiume, del quale, pur coperto di erbacce, è ancora comunque intuibile la direzione.

Scatto qualche foto al paese, pensando che qui, tra qualche settimana, ci sarà l’erba tagliata e la gente seduta sul prato a fare un pic nic dopo aver ascoltato la Messa. E proprio lì, sul muretto dove eravamo seduti a pranzare, ci sarà l’asta benefica degli anziani per la manutenzione della Chiesa.

La facevano anche un tempo, quando da Bruggi partivano all’alba per salire sul crinale, con un fagotto in spalla contenente un po’ di pane e formaggio e i bambini per mano, per andare a Ceregate alla festa.

Certo, un tempo i crinali saranno stati molto più puliti, grazie al pascolo continuo degli animali e anche i sentieri saranno stati sicuramente l'equivalente odierno delle nostre strade, visto quanto erano utilizzati.

Ma oggi, ripercorrendo questo sentiero, mi sento felice e spensierato quasi come quella bambina di Bruggi che, nei primi anni Sessanta, stringendo forte la mano alla sua mamma, correva sull’erba verso Ceregate per andare a trovare, il giorno della festa, “i parenti del Lago”, senza preoccuparsi del fatto che avrebbe dovuto fare quindici chilometri con le scarpe sgualcite.

Quella bambina, con cui ho condiviso oltre che le emozioni, anche il sentiero che mi ha portato al paese ora abbandonato, oggi è mia madre.

A un passo dalla vetta
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