DA CALDIROLA A CANTALUPO LIGURE
Una lunga traversata dall'alta val Curone alla media val Borbera
PARTENZA: Caldirola (mt. 1.100)
ARRIVO: Cantalupo Ligure (mt. 383)
TAPPE INTERMEDIE: Monte Giarolo (mt. 1473), Bivio di Vendèrsi (mt. 735), Bivio Poggio Castagnola (mt. 730),
LUNGHEZZA DEL PERCORSO: circa 12,5 km (solo andata)
TEMPO DI PERCORRENZA: oltre 5 ore e 30 min. (solo andata)
SEGNAVIA: nessuno fino al Monte Giarolo; bianco-rosso 210 fino a Cantalupo
Sembra passata un'eternità, eppure erano i primi di dicembre: doveva ancora arrivare la neve, quello sì. Ricordo anche che era una delle giornate più corte dell'anno, di quelle che quasi non fai in tempo ad accorgerti siano iniziate.
Mi girava per la testa da qualche tempo l'idea di fare una bella traversata da paese a paese, così, giusto per vedere quanto tempo si impiega ad andarci a piedi, svallando attraverso le montagne. E allora, dopo essermi organizzato per farmi venire a prendere, visto che a casa difficilmente sarei riuscito a tornarci prima di notte, ho deciso di partire, con l'unica compagnia del mio zaino, della mia macchina fotografica e dei miei scarponi ormai sempre più consumati.
Mi faccio portare alla Colonia provinciale di Caldirola, giusto per risparmiare quei venti minuti di cammino, visto che già sarà abbastanza lunga la giornata, poi, quando parto, non mi fermerò praticamente più, se non per scattare qualche foto, almeno fino a quando farò una sosta per mettere qualcosa sotto ai denti.
E allora imbocco il sentiero che, alle spalle del cancellone verde, mi conduce in pochi minuti sulle piste da sci, che risalgo cambiando, per una volta, itinerario: "facciamo la 2", mi dico, "che la escludo sempre, per la salita". Devio così a destra appena raggiunto il canalone, e seguo l'ampio sentiero senza più lasciarlo, fatta eccezione per una breve deviazione sulle piste da downhill, che utilizzo per risparmiare qualche centinaio di metri, visto che, oggi, sono chiuse al pubblico.
Piero sta fresando le piste da sci, in preparazione alla neve che, dicono, dovrebbe arrivare già da stanotte. Lo saluto da lontano, mentre percorro la ripida rampa che, passando sotto ai piloni della seggiovia, mi conduce nell'ampio prato dove, un tempo, la seggiovia terminava, sotto a un bel sole invernale.
Da qui, con una delle mie scorciatoie (ora diventata pista da downhill, quindi attenzione se la percorrete...la riconoscerete perché l'imbocco è ben visibile da questo punto) taglio all'interno della faggeta evitando il monte Gropà e sbucando direttamente sul lungo crinale che conduce al Monte Giarolo. Il panorama da qui sopra è meraviglioso, come sempre e la catena delle alpi fa da sfondo al paesaggio, sotto a un cielo azzurro che più non si può. Si vede il mare, si vedono il Reale e il Tobbio, più a destra il Monviso, più a destra ancora un muro di nebbia spessa, densa, di quelli che ti fanno pensare di essere fortunato a essere qui sopra. Il cammino lungo il crinale assolato è piacevole e in breve conduce ai piedi della salita finale al Giarolo, dove nel frattempo arriva una jeep con due persone che si fermano proprio in cima.
Percorro la ripida ma breve salita, giungendo sotto alla statua del Redentore: oggi, da qui, la vista è magnifica, più del solito, perché il cielo è particolarmente limpido in corrispondenza delle valli Besante, Curone e Staffora e permette di distinguere nitidamente numerosi villaggi che, normalmente, si faticano a riconoscere da qui sopra. E allora via l'obiettivo per mettere uno zoom più potente e catturare nuovi scorci: Oramala, Varzi, San Sebastiano, Dernice, Brignano, Godiasco, Montemarzino, Monleale Alto, Sarezzano. Ma anche la Madonna della Guardia di Genova, i Santuari del Tobbio e del Reale, le antenne del Monte Leco.
Il tutto, di fronte all'inconfondibile muro del monte Rosa, che svetta sempre, là in fondo.
Basta foto! E' il momento di iniziare la discesa, lunga e interminabile, alla volta di Cantalupo. Che detto così...sembra quasi che Cantalupo sia vicino...ma non esattamente ecco.
Imbocco il sentiero numero 210, che scende tra le antenne con una bella vista sul lungo crinale della Croce degli alpini e su quello che va dal Barillaro al Gavasa, nei pressi del primo bivio, quello alto, per il Rifugio dei Piani di San Lorenzo. La palla radar del Lesima, ancora visibile, lentamente scompare e, su fondo pietroso, attraverso alcuni tornanti, raggiungo l'interno di una pineta, che taglio verticalmente in moderata discesa. E' un piacere camminare potendo ammirare, dritto di fronte a me, l'orizzonte fatto di innumerevoli montagne che sembrano quasi togliersi spazio l'una con l'altra, separate solo da un po' di foschia.
Quando termina la pineta, raggiungo il secondo bivio - quello basso - per il Rifugio Piani di San Lorenzo, che mi lascio sulla destra, proseguendo invece ancora in discesa. Incrocio un signore che sale verso il Giarolo, mi chiede se è ancora lunga. "Più che lunga è dritta", gli preannuncio...forse stroncandolo. Ma io, per oggi, con le salite ho terminato e non so se sia un bene o un male, perché certe discese sono nettamente più insidiose delle salite, in particolare per quanto riguarda le articolazioni.
Ritorno a costeggiare una fitta pineta su di un sentiero ricoperto di pietre che è tutto un programma, poi, quando le pietre finiscono, il sentiero esce allo scoperto facendosi fangoso e scavato dalla troppa acqua caduta nell'autunno. La discesa è lunga e faticosa e ben presto, tra gli alberi, sbucano le case del paese di Figino e, a mano a mano che si scende, anche il tratto finale della valle del torrente Albirola, che coincide con il suo arrivo tra le abitazioni di Albera Ligure, sul fondovalle. In primo piano, proprio sotto di me, la splendida Abbazia di Vendersi.
Il sentiero cambia caratteristiche, facendosi nel frattempo pianeggiante e fangoso e continua sullo spartiacque tra le valli dell'Albirola e del Besante, regalando le prime belle viste su Borgo Adorno, Pallavicino, Campana e Vigoponzo, costeggiando degli ampi prati dove decido sia giunto il momento di fermarsi a mettere benzina in corpo, o sotto i denti per dirla meglio. Un panino veloce ai confini di un grande prato dove la vista si perde, letteralmente, sulla val Besante con la sagoma del Rosa, là in fondo, a farla da padrone. E' un luogo meraviglioso e ne approfitto ancora per qualche foto, quindi ritorno sul sentiero, che scende ancora per poco su di una mulattiera che attraversa splendidi prati e mi conduce all'incrocio con la strada asfalta presso il Bivio di Vendèrsi, dove si trovano alcune panchine: qui si incontrano la strada che da Pallavicino conduce a Cantalupo, attraverso la località Prato, e la strada che conduce a Vendersi e Santa Maria e si gode di una splendida vista su Figino.
Attraverso l'asfalto e prendo a seguire il sentiero che continua sul lato opposto, salendo all'interno di un breve bosco dove il fango la fa nuovamente da padrone e dove il panorama va a estendersi fino ai monti Panà, Cosfrone e Roncasso da un lato e fino a Zebedassi e Vigoponzo dall'altro. Quando ritorno nuovamente sull'asfalto, in corrispondenza del Bivio Poggio Castagnola, il sentiero continua sul lato opposto, ma la quantità di fango presente è davvero troppa: in un pantano così non è possibile camminare e così prendo la decisione di terminare il mio itinerario raggiungendo Cantalupo sull'asfalto anziché sul sentiero 210, impraticabile a causa delle troppe piogge.
La camminata sull'asfalto è piacevole, le viste - ampie - vanno dalle Strette di Pertuso all'alta val Borbera ed è uno spettacolo vedere il sole tramontare alle spalle del lungo crinale che va dal Monte Poggio alla Croce degli Alpini. Il sole se ne va e l'aria cambia di colpo, come a preannunciare l'arrivo dell'imminente nevicata, cosa che, peraltro, accadrà davvero.
Metto la giacca pesante e arrivo alla frazione Prato, dove ridiscendo gli ultimi tornanti che mi conducono a Cantalupo, placidamente adagiato sulle rive del Borbera, con la cupola rossa del suo campanile che svetta al centro, ai piedi dei roccioni che compongono le montagne di questa valle.
Incontro due anziani che passeggiano per la strada, che mi chiedono da dove arrivo.
"Da Caldirola" gli faccio.
"Caldirola??"
"Si, Caldirola"
"A piedi??"
"A piedi".
"Ma sei matto?"
Mi metto a ridere e gli spiego che, fortunatamente, indietro non ci devo tornare a piedi perché sono sì matto, ma non completamente e mi sono fatto venire a prendere. Li saluto, proseguendo la mia discesa alla volta di Cantalupo, dove arrivo che è quasi buio e faccio appena in tempo a riconoscere, in lontananza, la macchina di mia madre che mi aspetta.
Sono stanco, la discesa dal Giarolo a Cantalupo è massacrante per le ginocchia e, come se non bastasse, l'ultimo pezzo su asfalto ha messo a dura prova i miei tendini già surriscaldati. Mi trascino fino alla macchina, dove salgo per trovare riparo dal freddo pungente che il tramonto del sole ha messo in circolo.
Ora l'inverno può cominciare, io la mia traversata l'ho portata a termine! (anche se, ora che pubblico il racconto, l'inverno sembra stia volgendo al termine....)