DA CALDIROLA A POBBIO
Una bella camminata per svallare dalla val Curone alla val Borbera e scoprire una piccola frazione
PARTENZA: Caldirola (mt. 1.100)
ARRIVO: Pobbio (mt. 1.130)
LUNGHEZZA DEL PERCORSO (a/r): circa 17 km
TEMPO DI PERCORRENZA (a/r): oltre 5 ore
SEGNAVIA: in parte bianco-rosso 200 e in parte bianco-rosso 220; in parte non segnalato
E’ strano svegliarsi una mattina di mezza estate ed essere assaliti dalla voglia di vedere cosa succede nella vallata dietro alla tua. E avere voglia di scoprirlo non nel modo più facile, che vorrebbe dire prendere la macchina e arrivarci in qualche decina di minuti, ma con una bella camminata sui sentieri delle tue montagne.
Pobbio è il primo paese della val Borbera che ho raggiunto da Caldirola. Sono passati ormai tanti anni, forse una decina, così ho deciso di ritornare a percorrere quel sentiero che ormai da troppo tempo non seguivo e credetemi che è stato ancora come la prima volta, con la stessa curiosità nell’aria e lo stesso sentimento di pace e tranquillità.
Dalla Colonia Provinciale di Caldirola, dove gli alberi regalavano un piacevole fresco al quale ripararsi dal sole forte di una delle rare giornate veramente calde di questa estate, imbocco così il sentiero che parte dietro a un grande cancello verde, che mi porta in pochi minuti ad incrociare le piste da downhill prima e quelle da sci poi, sulle quali risalgo – mantenendomi largo, sulla pista numero 4 - fino a raggiungere il valico del passo di Brusamonica.
Il panorama, lungo il sentiero, è offuscato dal verde quasi opprimente della folta vegetazione: è la giornata giusta per camminare, non ci sono storie. Giunto al valico, ecco aprirsi un bel panorama sulla val Borbera, con le sue montagne di puddinga e, di fronte a me, il lungo costone che scende dal Monte Roncasso, dove più tardi dovrò passare per raggiungere Pobbio.
Entro nel boschetto di faggi alla mia sinistra, dove di colpo cambiano luce e temperatura, ma là in fondo, ad accogliermi fuori dal bosco, c’è la palla di fuoco del sole che sembra quasi appoggiarsi in cima al monte Panà.
Il Panà fa sempre impressione, visto da qui: appena uscito dalla faggeta inizio così la lunga marcia di avvicinamento all’imbocco della ripida salita che mi condurrà là in cima, da cui si può ammirare un panorama mozzafiato sulle due valli. Mi mantengo sullo stretto sentierino costeggiando il filo spinato, poi quando arrivo ai piedi della montagna tiro un bel respiro e inizio a salire, con il mio passo, sulla salita così ripida da perdere quasi l’equilibrio. Giunto a metà circa, mi fermo per godermi il primo spettacolo: le antenne del Giarolo alle mie spalle sono esattamente a metà strada tra i paesi di Volpara, a sinistra, e Caldirola, a destra, situati sugli opposti versanti del monte Gropà.
Salgo ancora di quel poco che manca per raggiungere la vetta del Panà e mi fermo di nuovo a scattare un po’ di foto: la vista da qui sopra è sempre magnifica e, in una giornata tersa come quella di oggi, sembra davvero di guardare l’infinito tanto è estesa.
Dal Panà si iniziano anche a vedere il Lesima, il Chiappo e l’Ebro, le cime più alte del nostro appennino. Io mi incammino sulla linea di crinale, in direzione del Monte Cosfrone, seguendo il segnavia numero 200 in leggera discesa, fino a raggiungere un cancello per il pascolo del bestiame, oltrepassato il quale, abbandono il sentiero di crinale che inizia a salire a favore di una traccia poco evidente, non segnalata, sulla destra. La traccia si fa via via più definita e si divide in innumerevoli sentierini, che corrono tutti nella stessa direzione, tagliando il versante del monte Cosfrone e conducendo, in breve su di una selletta panoramica a cavallo della vallata percorsa dal rio della Liassa, con una bella vista su Volpara e, sul lato opposto, sul prato delle Bordelle, oltre il quale svetta la piramide dell’Alfeo.
Il sentiero corre ora in piano in direzione del Monte Roncasso, dove svetta una specie di antenna che probabilmente serve a misurare l’intensità del vento e lo taglia sul fianco sinistro, iniziando una discesa dapprima leggera, quindi sempre più marcata, con le prime viste sulle case di Cabella Ligure, sul fondovalle, e sul versante del Monte Ebro che, normalmente, non sono abituato a vedere. La discesa conduce al quadrivio del Monte Roncasso, a 1418 metri di altitudine, dove si incrocia una mulattiera che proviene dal versante opposto della montagna e dove si incontrano le segnalazioni del sentiero numero 220, che seguiremo fino a poco prima di arrivare a Pobbio.
Il sentiero, ormai una vera e propria carrareccia, scende con alcuni tornanti transitando nelle vicinanze di un boschetto, quindi raggiunge il Colle Trappola, dove fanno la loro comparsa da piccoli gruppi di tetti rossi tra la vegetazione: Pobbio Superiore e Pobbio Inferiore.
Un secco tornante fa cambiare direzione alla strada, che ora corre in direzione della testata della val Borbera, e scende, sempre piacevole, regalando meravigliose viste della val Borbera e delle sue vallette secondarie, giungendo, in una ventina di minuti, nei pressi della Fontana della Lubbia, una delle fontane del famoso “anello delle 12 fontane di Piuzzo” (che a breve vi racconterò su queste pagine), dove mi fermo a rinfrescarmi dal caldo di questa giornata estiva.
Già che ci sono, bevo anche un po’, visto che l’acqua di questa fontana è – a mio parere – una tra le migliori che si incontrano in montagna: leggera e freschissima.
Continuo la mia discesa, non manca molto a Pobbio, ma prima, dopo avere oltrepassato un altro cancello, devo abbandonare il sentiero 220, che continua sulla sinistra in direzione di Piuzzo, mantenendomi sulla sterrata non segnalata che scende verso Pobbio.
Ormai manca poco, ed eccomi infatti in vista delle prime case del paese, decisamente diroccate, come del resto – ricordo – erano già una decina di anni fa quando capitai per la prima volta da queste parti. A Pobbio superiore regna il silenzio, pur essendo la vigilia di Ferragosto: ci sono tante auto parcheggiate ai bordi della strada, ma non vola una mosca, probabilmente perché è da poco passata l’ora di pranzo e qualcuno sta già facendo il riposino.
Passo tra le case quasi indisturbato, nemmeno un cane che abbaia, e scendo sull’asfalto accanto ad una marea di legna accatastata, alla volta della frazione di Pobbio Inferiore. Dopo pochi minuti, eccomi in vista della chiesetta che separa le due frazioni: penso che mi fermerò qui, come sempre quando vengo da queste parti.
Mi siedo sulla panchina e mangio qualcosa, davanti all’oratorio così bianco che sembra appena pitturato, adornato da due belle fioriere. Che pace, sembra di essere fuori dal mondo: non una macchina, non una persona. Anche a Pobbio Inferiore, che vedo poco distante da me, non si sente nulla, sembra un paese fantasma.
Rimango a godermi il sole davanti all’oratorio, coricato sull’erba, guardando dritto in faccia l’Antola. Quando mi alzo, vedo passare sulla strada un omino con il cappello di paglia in testa e gli lancio un saluto, prima di rimettermi lo zaino e ripartire alla volta di casa, sullo stesso sentiero.
Oggi sono venuto a prendermi una buona dose di tranquillità e silenzio in val Borbera e, credetemi, che in quanto a relax vale più di una vacanza alle Maldive!