DA PAGLIARO AL CRAVASANA, PASSANDO PER LA CA' 'D MESTRIN E AVI
Una ripida salita fino alla cima del Monte Cravasana e l'occasione per visitare altri luoghi abbandonati
PARTENZA: Pagliaro Superiore (mt. 443)
ARRIVO: Avi (mt. 610)
TAPPE INTERMEDIE: Cà 'd Mestrin, Monte Cravasana (mt. 870), Sella Monte Cravasana (mt. 815), Pagliaro Inferiore (mt. 419)
LUNGHEZZA DEL PERCORSO: oltre 13 km (andata e ritorno)
TEMPO DI PERCORRENZA: poco meno di 4 ore (andata e ritorno)
SEGNAVIA: 255 bianco-rosso, bretella 255b, 260 bianco-rosso, 256 bianco-rosso
Continuando nella commistione tra itinerari escursionistici e luoghi abbandonati, ho pensato ad un altro percorso interessante, che mi bazzicava nella testa da un po' e che unisce differenti sentieri segnalati dal CAI (rispettivamente, 255, 260 e 256) ad un primo tratto non segnalato che mi sono inventato per collegare al percorso la visita di un luogo abbandonato molto poco conosciuto.
Il sentiero 255 parte da Pagliaro Inferiore, ma per le ragioni di cui sopra ho scelto di percorrere qualche chilometro in più partendo invece da Pagliaro Superiore. Entrambe le frazioni si trovano in Comune di Rocchetta Ligure, sulla sponda destra del torrente Sisola e Pagliaro Superiore è la seconda che si incontra, arrivando dal fondovalle e svoltando, a San Nazzaro, a destra per Rocchetta.
Un signore che ci vede parcheggiare l'auto si avvicina e ci chiede dove siamo diretti. Al Cravasana, gli diciamo, pensando che in realtà non sappia minimamente cosa sia, il Cravasana e invece ci snocciola tutto il percorso che dobbiamo seguire per innestarci sul sentiero 255, che occorrerà seguire per arrivare in cima al monte. Lo ringraziamo, sperando di aver capito bene le indicazioni che ci ha dato e ci mettiamo in marcia, percorrendo a ritroso l'asfalto dalla piazzetta di Pagliaro Superiore, fino nei pressi di una curva, dove scendiamo sul letto del torrente e lo attraversiamo fino a portarci sulla sponda opposta: poco distante, ecco la "casa sulla roccia", la Cà 'd Mestrin e finalmente andremo a visitarla. Passando in auto, sulla strada provinciale, capita spesso di vederla, sulla destra, racchiusa tra due versanti di montagne: quello che però non si pensa, vedendola dalla strada, è che si debba fare una fatica tremenda per raggiungerla....
Eh si, perché una volta che ci si porta di fronte a questa casa, a mano a mano che ci si avvicina, si cambia idea almeno 6-7 volte su quale sia la direzione corretta per arrivarci: una strada va a destra, una a sinistra e una in basso. Nessuna, tra queste tre vie, conduce alla casa, che rimane là in alto, di fronte a noi, sulla roccia, quasi irraggiungibile. Solo dopo aver studiato a lungo come raggiungerla, decidiamo di aggirarla prendendo il sentiero che sale sulla sinistra, poi, una volta superata la casa, entriamo nell'ampio prato che si trova sul suo retro, lo attraversiamo e ci troviamo di fronte ad una giungla quasi impenetrabile, che ci separa dalla roccia su cui si trova la costruzione. Attraversare questa fitto muro di spine, piante, liane e quant'altro è stata un'impresa non da poco, per quanto sia piuttosto ridotto come dimensioni, ma quando ci sei in mezzo non vedi cosa c'è dall'altra parte. Finalmente, quando si esce dal boschetto, ecco di fronte a noi la imponente roccia di puddinga su cui svetta la Cà 'd Mestrin.
Diciamocelo: una casa costruita qui sopra è veramente un qualcosa di impensabile. All'interno, al piano terreno, un mobile, un attaccapanni, una vecchia credenza, uno sgabellino e due sedie di paglia su cui è posato un vecchio scarpone "ad uso fotografi", verosimilmente. Sul pavimento, sta crescendo l'erba. Una scaletta conduce al piano intermedio, dove si trova una cucina, mentre al piano superiore si trova la camera da letto, come ho avuto modo di vedere dalle immagini di chi è stato qui prima di me. Evito però di raggiungerle perché la casa non mi sembra affatto in buono stato, come sento dagli scricchiolii sotto ai miei piedi: mi limiterò a scattare qualche foto della cucina dall'unica finestra che riesco a raggiungere alzando la macchina fotografica. Sulla roccia, accanto alla casa, un rudimentale bagno esterno, come si usavano una volta. Sul lato che guarda verso la strada, solo finestre, perché l'unica porta è quella sul retro: molto caratteristica anche la parte superiore della casa, con i merli disposti lungo il tetto della parte più alta, simile ad una torretta.
Non c'è molto altro: lo spazio per muoversi su questa roccia di puddinga è limitatissimo e possiamo abbandonare la Cà 'd Mestrin per immergerci nuovamente in quella piccola "giungla" che dobbiamo superare per riportarci sul sentiero e riprendere la nostra escursione. Torniamo così verso il letto del Sisola, non prima di aver scattato una foto ricordo davanti a questo altro particolarissimo angolo del nostro territorio. Giunti all'imbocco della deviazione per la casa sulla roccia, prendiamo - ora sì - la sterrata non segnalata che procede verso destra, come indicatoci dal signore di Pagliaro: la stradina procede in salita, poi la abbandoniamo per deviare su di un ampio prato, che attraversiamo fino a che si perdono le tracce del sentiero. Bene, e ora?
Quasi sul punto di tornare sui nostri passi, convinti di aver sbagliato strada, decidiamo di fare un tentativo superando un piccolo tratto invaso dalla vegetazione e, come per magia, eccoci sbucare in vista di un albero con il tronco pitturato di bianco e rosso: ci innestiamo su di un sentiero proveniente dal basso, dove si intravedono le case di Pagliaro Inferiore e, dopo pochi metri di salita, ecco la prima segnalazione - con il numero 255 - fissata ad un albero. Il sentiero 255 è proprio il Pagliaro Inferiore - Monte Cravasana che stavamo cercando. La salita si fa via via più ripida e dopo poco ecco comparire i primi tornanti, su di un fondo sassoso, che regalano belle viste sulla sottostante vallata e Pagliaro Superiore. Il sentiero si va quindi ad innestare su una più ampia carrareccia che sale dal basso (probabile che sia quella che sale dalla Cà 'd Mestrin che avevamo abbandonato per entrare nel prato...) e dopo aver svoltato bruscamente a destra con un ultimo tornante, prende a dirigersi verso il Monte Cravasana, attraversando un tratto dove si ha un'elevata presenza di rocce di puddinga ai lati del sentiero e regalando ampi panorami di Pagliaro Inferiore, le cui case sono ora esattamente sotto di noi.
Superato un passaggio tra due rocce, dopo una ripida salita colma di grandi pietre, con belle viste sulla bassa val Sisola, incontriamo il bivio per il monte Il Poggio (bretella 255a), che ignoriamo e nei pressi di un tratto leggermente esposto ecco un ulteriore bivio, quello tra il sentiero 255, che svolta bruscamente a sinistra per raggiungere in circa 15 minuti la selletta del Monte Cravasana e la bretella 255b, che prosegue dritta alla volta della vetta del Cravasana, segnalata a 20 minuti. Decidiamo un po' a sorpresa di allungare il giro, proseguendo alla volta della cima del Cravasana, ma in realtà il tempo che si impiega è ben superiore ai venti minuti indicati: da questo punto in poi, infatti, il sentiero diventa meno evidente e molto più ripido e, dopo un ultimo punto panoramico esattamente sopra a Rocchetta Ligure, con belle viste su Albera, Figino e il Monte Giarolo, sale attraverso un fitto bosco dove incontriamo solo alcuni caprioli intenti a riposare e ci gustiamo qualche scorcio sul rifugio del Poggio e sul Costone La Ripa.
Raggiungiamo così finalmente la vetta del Monte Cravasana a 870 metri di altitudine e senza fermarci proseguiamo in discesa alla volta della selletta del Monte Cravasana imboccando il sentiero 260 che scende sulla linea di crinale. Giunti dopo meno di una decina di minuti alla sella del Cravasana, incontriamo il sentiero 255 che avevamo poco prima abbandonato a favore della bretella 255b e il sentiero 256, che scende sulla destra alla volta di Avi. Potremmo proseguire anche dritti alla volta del Poggio o della Sella di Avi, ma decidiamo di raggiungere Avi sul sentiero 256, che non abbiamo mai percorso e che, obiettivamente, sembra permettere di raggiungere il borgo fantasma in un tempo minore. Ma insomma....
La discesa sul 256 è veramente molto ripida, specialmente nella parte iniziale, tanto che la perdita di quota è molto rapida. Scendendo, di fronte a noi, ecco alcune case sul crinale di una montagna: pensiamo e ripensiamo a cosa possano essere, sembra incredibile ma a volte la prospettiva gioca brutti scherzi. Si tratta delle case di Rivarossa, che riconosciamo solo per la Madonnina posta oltre i ruderi: da qui pensavamo potesse trattarsi di Monteggio, piuttosto che Rivarossa, ma eravamo fuori strada, perché la Costa dei Gatti, oltre la quale si trova Monteggio, è in realtà alla nostra sinistra. Tra gli alberi, iniziano intanto a sbucare i primi tetti: sono quelli di Avi, avvolti dalla vegetazione. Quando la discesa cambia improvvisamente direzione, svoltando decisamente a sinistra, eccoci in prossimità delle case del paese abbandonato, i cui ruderi compaiono subito dopo.
E' un anno che non torno ad Avi, è stato uno dei primi paesi fantasma che ho visitato. Arrivando dal sentiero 256, la prima costruzione che si incontra è la chiesa di San Vito, o meglio quel che rimane. Non si direbbe che fosse una chiesa, così a occhio, ma in effetti, qualcosa di diverso dalle altre costruzioni ce l'ha, come ad esempio dei residui di pitture sui muri interni che ancora si vedono, anche se ora le sue pietre sono utilizzate come segnavia per gli escursionisti. Oltre la chiesa, la grande casa sventrata che avevo utilizzato per la retrocopertina del libro sui paesi abbandonati dello scorso anno: non ci sono stati cedimenti o altro, la casa rimane per metà sventrata e per metà in piedi. Ci portiamo di fronte al lato sventrato della casa: uno sguardo al panorama dell'immensa e disabitata valle di Avi di fronte a noi, una foto all'interno del pozzo in pietra che si trova qui accanto e poi, all'improvviso, l'attenzione viene attirata da un qualcosa che lo scorso anno mi era sfuggito. Mi avvicino alle piante che coprono uno degli ingressi della casa e le sposto, come per farmi spazio per entrare. Spingo con la racchetta la porta che si apre a fatica ed ecco una stanza della casa ancora quasi intatta, con tanto di caminetto nel muro: l'ultima volta, forse per le erbacce che coprivano l'ingresso, non mi ero accorto di questa stanza. Non posso avvicinarmi perché il pavimento dà l'idea di non reggere molto, come testimoniano le voragini che si sono aperte qua e là, ma già da qui riesco a scattare qualche foto nuova di Avi, confermando il detto per cui quando si torna in un paese abbandonato, si trova sempre qualcosa di nuovo...!
Richiudo la porta ed esco, poi ci portiamo sul lato opposto della casa, dove ancora resistono la stanzetta con la cassapanca per il grano e la scaletta in legno che porta al piano superiore, anche se sotto alla finestra il muro inizia a cadere a pezzi. Poco più avanti la stalla già visitata lo scorso anno e un'altra stanza simile ad una stalla. Sotto a questa casa, altre due o tre invase ormai completamente dalle piante, che sono cresciute all'interno abbattendo anche parte dei muri. Più lontano, le case di Avi di qua (o Avi di là? adesso mi viene il dubbio sull'esatta denominazione dei due piccoli nuclei...) che ormai si intravedono a malapena, totalmente sommerse dalla vegetazione. Credo dureranno ancora poco.
Mi allontano ridiscendendo il pendio per scattare una foto intera della grande casa, poi passiamo nuovamente davanti alla chiesa di San Vito, della quale ancora intravediamo una finestrella laterale sulla facciata, mentre l'interno è sommerso di macerie. Ci sediamo per terra in corrispondenza dell'inizio delle case, per mangiare qualcosa, immersi nel silenzio più totale. Ci aspetta un ritorno piuttosto faticoso, a partire dalla salita fino alla selletta del Cravasana: mantenendo un buon passo, però, saliamo senza grosse difficoltà, superando anche l'ultimo tratto, quello più ripido. Dalla selletta, anziché tornare al Cravasana, scendiamo dritti sul sentiero 255, che avevamo abbandonato all'andata: la discesa è molto ripida, all'interno di una conca naturale che sembra quasi scavata da un rio. In breve arriviamo al punto in cui si incontrano il sentiero 255 e la bretella 255b per il Cravasana: qualche foto da questo splendido punto panoramico, con il cielo che nel frattempo si è rasserenato e permette di godere di una bella vista sulla valle del torrente Albirola, che scende fino ad Albera.
La discesa ripida sui sassi non è il massimo della vita e le nostre ginocchia lo sanno bene, però sarà così fino a Pagliaro Inferiore e non ci sono alternative. Percorriamo il 255 fino in fondo e quando arriviamo sul greto del Sisola, ci rendiamo immediatamente conto che il sentiero, in partenza, non è che sia segnalato benissimo perché una volta attraversato il fiume, l'imbocco è un po' lasciato al caso e bisogna essere fortunati a trovarlo. Poco male, noi per oggi abbiamo finito, o forse siamo (s)finiti! Attraversando il torrente, vediamo a valle il campanile di Rocchetta e dalla parte opposta quello di Pagliaro Superiore, che sembrano quasi guardarsi ai piedi di queste ripide montagne di puddinga.
Arriviamo sull'asfalto e lo percorriamo ancora per un chilometro circa fino a Pagliaro Superiore, dove abbiamo parcheggiato la macchina. Il signore che al mattino ci aveva dato le indicazioni è in cortile, seduto sul dondolo, sembra che aspetti un nostro cenno. Gli facciamo un segno con la mano, come a ringraziarlo e lui ci saluta: se decidete di fare il nostro stesso giro, chiedete a lui (abita nella casa con il dondolo in cortile, davanti alla piazzetta...): è la cartina più dettagliata che troverete da queste parti!