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I MULINI DELLA VALLE DEI CAMPASSI

Da Vegni al Mulino di Agneto, al Mulino dei Gatti e al Mulino Gelato, passando per Campassi e Croso

PARTENZA E ARRIVO: Vegni (mt. 1044)

TAPPE INTERMEDIE: Mulino di Agneto (706 mt.); Campassi (945 mt.); Croso (1002 mt.); Mulini dei Campassi (848 mt.); Reneuzzi (1078 mt.); Ferrazza (1110 mt.); Casoni di Vegni (1045 mt.) Sella dei Campassi (1142 mt.)

LUNGHEZZA DEL PERCORSO: oltre 18 km

TEMPO DI PERCORRENZA: 7 ore circa

SEGNAVIA: bianco-rosso 245 da Vegni a Croso; bianco-rosso 242 da Croso a Vegni

 

 

Camminare con Fox è un ritorno alle origini. E' il mio migliore amico: siamo profondamente diversi, esteriormente e nel modo di proporci agli altri, quanto profondamente simili, poi, nei ragionamenti attorno alla vita. E' assieme a lui e a qualche altro amico che è nata la passione per la montagna: eravamo davvero molto affiatati ai tempi. Mi ha chiesto di portarlo a fare un giro nuovo e non potevo mancare di soddisfarlo, così ne ho scelto uno che nuovo era anche per me (in parte). Oddio, ripensando poi a come è andata a finire, però....forse abbiamo sbagliato destinazione! Ma chi se ne frega, anzi ricorderemo a lungo questa giornata proprio per quello che è successo! E se leggete il racconto fino alla fine, lo scoprirete e riderete con noi...

E' agosto ed è una splendida giornata. Non una nuvola in cielo, come del resto avevano detto le previsioni.

Non siamo riusciti a rifornirci per il pranzo - o la merenda, chiamatela come volete - a Caldirola, così compreremo qualcosa strada facendo. Un etto di prosciutto a Fabbrica, dove compro anche il quotidiano che oggi parla del mio libro e un pezzo di focaccia. Ma non siamo soddisfatti del tutto, abbiamo voglia di...di fermarci in panetteria anche a Cantalupo. Qualche giorno fa abbiamo preso una pizza che non era poi così male e oggi replichiamo, nonostante una coda che ci costringe a faticare per trovare posto all'interno del piccolo negozietto. Finalmente arriva il nostro turno, focaccia, pizza, pane, insomma...siamo carichi di viveri anche stavolta. Non devono mai mancare. Per alleggerire un po' il peso (solo per quello, ovviamente...) un pezzo di pizza me lo sbrano subito qui, su due piedi, davanti alla panetteria, alle dieci del mattino. C'ho fame, altroché!!

Con la pancia già piena ripartiamo alla volta di Vegni e, immancabilmente, notiamo di essere in ritardo. Però, appena arriviamo nel piccolo paesino della Val Borbera e parcheggiamo l'auto accanto alle altre nello spiazzo erboso, troviamo il modo di ritardare ancora la nostra partenza mettendoci a fare foto stupide proprio davanti alla macchina dei carabinieri e agli abitanti di Vegni che - spero - non ci abbiano visto. Speriamo. Ma non vi ho ancora detto l'itinerario di oggi.

Pensavo di scendere da Vegni sul sentiero 245 fino al Mulino di Agneto, poi da qui risalire a Campassi e da qui di nuovo alla Sella Banchiera: se fossimo stati in orario, da qui avremmo potuto tentare la salita all'Antola, completando il sentiero 245, diversamente, con il sentiero 243 saremmo tornati a Reneuzzi e quindi a Vegni.

Alla fine, come vedrete, non abbiamo fatto né un giro, né l'altro.

Ci dirigiamo tra le case di Vegni in direzione della chiesa, fino a raggiungere l'imbocco del sentiero 242, quello dei Villaggi di Pietra che qui ho più volte già raccontato. Il sentiero di oggi, il 245, parte proprio qui accanto: occorre solo superare un cancello per il bestiame e si cammina per un bel tratto in parallelo al sentiero 242, che però sale leggermente, mentre noi poco alla volta scendiamo, su di un sentierino non sempre chiaro, spesso tracciato dagli animali con i loro passaggi. Superati due bei cavalli al pascolo e un nuovo cancello, il sentiero diventa più largo ed evidente e si addentra in un bosco di faggi e carpini, dove inizia a scendere in maniera più decisa. Camminando su di un letto di foglie, passiamo in fianco alla vasca di una fontana ormai asciutta e tra i rami delle piante riusciamo a intravedere qualche bello scorcio di Daglio e di San Fermo. A mano a mano che si scende, il sentiero si fa sempre più stretto e, aggirata la montagna, ci regala anche qualche vista sul paese di Campassi, dove più tardi dovremmo passare anche noi. Perdiamo quota sempre più velocemente e il sentiero scende ripido (in salita il 245 deve essere davvero bello tosto...) attraverso stretti tornanti alternati a lunghe discese, dove iniziamo ad intravedere dall'alto l'asfalto della strada per Berga e Campassi e il greto del torrente sul fondo della valle.

Poco più avanti, dopo aver superato un tratto dove il sentiero è costeggiato da alcune grandi rocce, ecco che sul fondo della valle iniziamo ad intravedere il tetto rosso del mulino di Agneto, che impiegheremo ancora un po' di tempo a raggiungere. Infatti, una volta terminata la nostra ripida discesa, giungiamo in vista di alcune segnalazioni, che ci avvisano che occorre svoltare, per giungere al mulino. Il sentiero corre ora in leggera discesa e ci lascia intravedere bei panorami di questo selvaggio fondovalle, con le montagne che sembrano incastrarsi le une con le altre e il tetto del mulino che, di tanto in tanto, fa capolino tra le foglie degli alberi. Un'ultima discesa ed eccoci arrivati al mulino di Agneto (706 mt.), una vecchia costruzione in pietra con le tegole rosse appoggiate sulle travi di legno. La porta principale è chiusa con un lucchetto, un'altra porta è sbarrata con delle assi di legno e dei grandi massi. Accanto al mulino, i ruderi di un'altra casa. Sul lato opposto del mulino, rispetto a quello da cui siamo arrivati, una grande ruota arrugginita, posta all'interno del fossato dove scendeva l'acqua. Tutto intorno al mulino, un enorme prato verde, con panche in legno, tavoli e alberi. Uno splendido silenzio, rotto solo dal rumore dell'acqua del Rio dei Campassi che scende poco oltre il grande prato. E' un posto meraviglioso.

Ci fermiamo un attimo, mentre scatto qualche foto e ne approfittiamo per bere un sorso d'acqua, visto il grande caldo. Quando ripartiamo, fatichiamo a capire dove prosegua il sentiero e dopo qualche titubanza ci dirigiamo in direzione opposta rispetto al mulino, costeggiando il rio, fino ad attraversarlo una prima volta. Davanti a noi intravediamo la strada asfaltata che collega Agneto a Berga e Campassi, rispetto alla quale siamo decisamente più in basso. Ci troviamo nei pressi della confluenza del Rio dei Campassi con il Rio Berga, che scende dalla valle adiacente: i due corsi d'acqua, incontrandosi, danno vita al torrente Agnellasca. Dopo aver percorso un breve tratto sul greto del torrente, attraversiamo nuovamente il fiume con l'aiuto delle grandi pietre poste lungo il suo corso, portandoci sulla sponda opposta, proprio sotto alla strada asfaltata. Poche decine di metri ed eccoci sbucare sull'asfalto, accanto ad un cartello con l'indicazione per il mulino di Agneto e nei pressi del ponte sul Rio Berga: attraversiamo il ponte e seguiamo l'asfalto, in salita, per un breve tratto, fino a giungere nei pressi di una curva verso destra della strada. Qui, sulla sinistra, sono presenti le segnalazioni del sentiero 245 per Campassi.

Abbandoniamo così l'asfalto proseguendo dritto tra gli alberi, su di un sentierino veramente minuscolo. Dopo alcuni tornantelli che ci fanno velocemente salire di quota, il sentiero procede verso il paese correndo parallelo al corso del Rio dei Campassi, ma molto più in alto e in breve tempo possiamo vedere, sull'altra sponda, il tetto del mulino di Agneto, già parecchio distante.

Il sentiero in diversi punti è invaso dalla vegetazione e, in generale, piuttosto sporco. Attraversa alcuni rii, si lascia sul fianco una piccola sorgente, camminando sempre su di una stretta viuzza e sembra, davvero, non finire mai. Dopo diverso tempo dall'imbocco del sentiero, pensiamo di essere quasi arrivati, vuoi per il tempo (il cartello all'imbocco del sentiero segnalava 45 minuti per Campassi), vuoi perché ogni tanto, tra gli alberi, paiono scorgersi dei tetti rossi che hanno tutta la probabilità di essere quelli del borgo che dobbiamo raggiungere. Invece niente, il sentiero più prosegue e più diventa brutto, tanto che in più di un punto siamo costretti a tornare sui nostri passi perché mancano le segnalazioni e i sentieri che abbiamo seguito finiscono per perdersi. Dopo essere tornati sul sentiero principale per l'ennesima volta, imbocchiamo un ripido tratto in salita, dove la vegetazione è così rigogliosa che dobbiamo camminare tutti curvi ed accucciati, faticando quasi a respirare. Siamo disperati, il sentiero sembra proprio non finire mai e non vediamo sbocchi, siamo persi tra la vegetazione e le segnalazioni sono sempre più rade.

"Oh, non abbiamo mica ammazzato nessuno! Fermiamoci un attimo..." dice Fox.

"Si si" gli faccio eco "io non ce la faccio più".

Ci attacchiamo alla bottiglia e tiriamo giù un golone d'acqua rigenerante, fermi su un pendio così scosceso che quasi i miei bastoncini non riescono a restare fermi sull'erba e scendono verso il fondovalle.

"Quanto manca secondo te?"

"E che ne so!! Non si arriva più in questo paese di m...!!"

"SDDOOOOONNNNNNGGGG!!"

Il suono assordante di una campana, proprio sopra alla nostra testa, ci fa quasi prendere un colpo.

Alziamo gli occhi: sopra di noi un muretto. Ma.....

Rimettiamo gli zaini, percorriamo a piedi i pochi metri di sentiero, che passa in fianco a un posto al coperto adibito a balera ed eccoci sbucare davanti all'abbazia di San Giacomo, la bella chiesa situata nella parte inferiore del paesino di Campassi.

E' incredibile, quasi senza accorgercene siamo arrivati al paese: il muretto alle nostre spalle era quello del minuscolo cimitero di Campassi e il forte rintocco che ci aveva scosso era quello della campana della chiesa che suonava l'una del pomeriggio!

L'abbazia - di cui si ha notizia già nel 1659 - ha una facciata molto semplice, con una lapide accanto al portone a ricordare i caduti per la patria, la statua di San Giacomo sopra al portone e ospita al suo interno tre altari: l'altare maggiore, l'altare della Beata Vergine della Cintura e l'altare di San Nicola da Tolentino. Sulla destra della facciata, il muro prosegue ed ecco il minuscolo cimitero di Campassi: una rapida occhiata all'interno mi permette di capire piuttosto velocemente che Franco, qui, è il cognome più diffuso. Davanti alla chiesa, un ampio cortile, contornato da un lungo muretto, sul quale - si legge sul cartello poco distante - erano soliti sedersi a parlare i paesani prima e dopo la messa. Al centro, una croce in legno su una base di cemento. Voltando le spalle alla chiesa, il panorama che si può ammirare è splendido e spazia su tutta la Valle dei Campassi, partendo dalla Sella dei Campassi fino ad arrivare al Monte delle Tre Croci. Non si vedono i paesi fantasma di Casoni, Ferrazza e Reneuzzi, ma si possono vedere Croso e Boglianca sullo stesso nostro versante della montagna.

Ci scattiamo qualche foto qui davanti, poi ci incamminiamo verso il paese. Vicino alla sacrestia, un piccolo portico con sotto un tavolino e qualche sedia. Saliamo tra le case di Campassi (945 mt), dove alcune persone ci guardano dai cortili, fino a raggiungere la strada asfaltata; poi attraverso una stretta viuzza di cemento saliamo su di un ripido versante che passa accanto alle case "alte" del paese, fino a giungere alla fontana posta in cima a Campassi, dove arriva il sentiero 245 che scende dalla Sella Banchiera (e dove ero passato qualche giorno prima nell'escursione da Berga alla Sella Banchiera, al ritorno).

Via gli zaini, ci fiondiamo alla fontana a fare scorta d'acqua. Fa un caldo terribile e non resistiamo alla tentazione di mettere la testa sotto al getto d'acqua: non vi dico quanto ho goduto.

"Che facciamo?! Sono le 13.45".

"Andare all'Antola no, impossibile. Andare alla Sella Banchiera e poi prendere il 243 per Reneuzzi hhhmmmm...come tempo ce la faremmo...ma verrebbe troppo tardi. Senti...ti porto a vedere gli altri mulini e poi i villaggi di pietra, intanto non ci sei mai stato".

"Ok, aggiudicato. E poi non ci corre dietro nessuno..."

Da Campassi prendiamo così la strada asfaltata che scende in direzione di Croso (1002 mt.), che raggiungiamo dopo cinque minuti, non di più. E' la prima volta che vengo a Croso (finalmente ce l'ho fatta..!): sembra un paese molto vecchio, come del resto tutti quelli della zona, con tante grandi case in pietra, simili a delle specie di fienili, tra le quali fa capolino qualche casa leggermente più nuova. C'è anche un Bed and Breakfast. La strada passa sotto alle case e una volta giunti in corrispondenza delle ultime abitazioni del paese, incontriamo il bivio con il sentiero numero 242, quello dei Villaggi di Pietra, che percorreremo al ritorno. Scendiamo in mezzo a due case in pietra su di un viottolo di cemento, che lascia poi spazio alle ortiche, mentre di fronte a noi vediamo le poche case di Ferrazza arroccate sul versante della montagna.

Il sentiero 242 in questa sua prima parte è poco curato e passiamo a fatica in mezzo all'erba alta, fino a immetterci su di una mulattiera ben più evidente, che ci conduce dopo una ripida discesa sul fondo della Valle dei Campassi, in quel meraviglioso paradiso della natura dove sono posti il Mulino dei Gatti e il Mulino Gelato (848 mt.).

Preghiamo che non ci sia nessuno, vorremmo fermarci per un meritato pranzo sul tavolino in legno sul lato del rio, ma sentiamo ben presto delle voci: porcamiseria..!! Fortunatamente, le persone che sentiamo parlare sono impegnate a guardare l'interno del Mulino Gelato e così, con uno scatto felino occupo il tavolo e la panca buttandoci sopra lo zaino, mentre Fox sta curiosando attorno al Mulino dei Gatti. Lo raggiungo poco dopo, per scattare qualche foto: il tetto del Mulino dei Gatti è ricoperto di muschio e semicrollato, ma all'interno si vede ancora - attraverso una finestra - una ruota arrugginita simile a quella del Mulino di Agneto.

Ci sediamo finalmente sulla panca e vuotiamo gli zaini dai viveri: mai pranzo fu più goduto di questo. Ancora oggi, quando guardo la foto di quei tranci di pizza e di focaccia, mi viene un nitido ricordo della fame che avevo in quel momento. Restiamo qui tranquilli a goderci la nostra pausa, con il suono dell'acqua del rio dei Campassi che scende fragorosa a farci da sottofondo. E' un paradiso, questo angolo di appennino.

E' anche tardi, però: sono le 15 e bisogna ripartire in fretta. Così rimettiamo scarponi e zaino e ci avviciniamo al Mulino Gelato, sicuramente quello in migliore stato (almeno all'esterno), che raggiungiamo dopo aver superato il ponte in legno sul Rio dei Campassi. Una rapida occhiata all'interno, poi proseguiamo sul fianco del Rio, sul versante opposto rispetto a quello dove abbiamo pranzato. Risaliamo velocemente superando le meravigliose cascate, fino ad imboccare lo stretto sentierino che, in salita, ci condurrà a Reneuzzi.

La salita è accompagnata da un sole che va e che viene e per la prima volta - sarà l'esperienza - non la patisco più di tanto, nonostante il caldo sia pesante. Arriviamo a Reneuzzi (1078 mt.) che c'è un bel sole ed è sempre uno spettacolo ammirare le case in pietra che, con questa particolare luce, sembrano quasi arancioni.

Mentre camminiamo tra le case - che Fox vede per la prima volta - il tempo sopra alle nostre teste cambia repentinamente e ora un grande nuvolone nero ci sta scrutando dall'alto. Ouh, non facciamo scherzi!

Buttiamo uno sguardo tra i vicoli più interessanti di Reneuzzi, dilungandoci un attimo più del previsto, ma effettivamente, di cose da guardare ce n'è. Dopo aver indicato a Fox gli angoli più suggestivi del paese, ci dirigiamo alla volta della chiesa e del cimitero, sempre così austeri da infonderti quasi un senso di rispetto.

L'Oratorio di San Bernardo è messo abbastanza male, tanto che la vistosa e profonda crepa sulla metà dell'arco della facciata mi fa pensare che non avrà vita molto lunga: così chiedo a Fox di scattarmi qualche foto davanti alla chiesa, a testimonianza di cosa ho potuto vedere con i miei occhi quando, un giorno, non ci sarà che un cumulo di pietre. Una visita veloce al cimitero, così suggestivo che Fox - anche lui scrittore - pensa che potrebbe ambientarci uno dei suoi romanzi fantasy, poi ci incamminiamo alla volta di Ferrazza, che raggiungiamo dopo una decina di minuti e attraversiamo senza nemmeno fermarci, mentre il tuono ruggisce in lontananza, all'interno di un cielo ormai sempre più grigio.

Superate le case di Ferrazza (1110 mt.), le prime gocce ci sorprendono sul sentiero. Per un attimo penso se sia il caso di tornare a ripararsi oppure proseguire, poi non dico nulla e proseguo, senza parlare, cercando solo di aumentare l'andatura. Qualche piccolo acquazzone, che a dirla tutta ci fa quasi piacere, visto il caldo. Noi però aumentiamo decisamente il passo, per precauzione.

Quando arriviamo a Casoni di Vegni (1045 mt.), smette anche questa poca pioggia e Fox si lancia in un improbabile pronostico: "Mi sembra che per oggi l'abbiamo scampata".

Passiamo tra le case diroccate, buttando una veloce occhiata qua e là, giusto il tempo di vedere che il teschio di quell'animale morto continua ad essere spostato da una parte all'altra da tutti quelli che passano. Fox non è mai stato qui, ma non ha molta voglia di curiosare tra i ruderi, come io del resto, che qui ci passo spesso: siamo stanchi, dopo tutto il giorno in giro l'unica cosa che vogliamo è arrivare in fretta alla macchina.

Ci lasciamo alle spalle l'ultimo rudere di Casoni, il sentiero svolta, attraversa un rio e, senza quasi darci il tempo di rendercene conto, a pochi minuti dalla previsione iettatrice di Fox, scoppia uno dei temporali più forti che io abbia mai visto in vita mia.

Il diluvio universale. Allucinante. L'acqua scende con una violenza inaudita, fa quasi male alla faccia talmente forte cade. Sembra tagliare. Ci fermiamo un attimo, indossiamo il k-way, spegniamo cellulari e reflex mettendoli nello zaino (se guardate la mappa del percorso e le foto, non a caso, tutto termina a Casoni), sotto a tutto il resto,cercando disperatamente di salvarli. Ma piove così forte che non si riesce a vedere cosa si sta facendo. Pur essendo in un bosco, sotto a una quantità infinita di alberi pieni di foglie, è esattamente come se fossimo al centro di una piazza, per la quantità d'acqua che stiamo prendendo. Il sentiero dopo pochi minuti diventa un acquitrino e un rio d'acqua scende sotto ai nostri piedi; tutto intorno, si intravede tra gli alberi una grande foschia, rotta solo dalla luce dei fulmini e da tuoni fragorosi. Dite quello che volete, ma quando finisci in mezzo a un temporale in montagna, c'è sempre da aver paura.

L'intensità non cala di un filo, anzi continua ad aumentare. Arriviamo alla Sella dei Campassi (1142 mt.) e vediamo che sulla sponda opposta, dalle parti di Campassi, per intenderci, c'è il sole: così, giusto per farci incavolare ancora di più. Scendiamo a Vegni camminando praticamente su di un torrente, senza nemmeno più parlarci. Siamo sconfortati, oltre che bagnati fradici, quando arriviamo alla macchina.

E ora?! Non abbiamo vestiti asciutti.

A Vegni, qualcuno, dalle finestre delle case, avrà probabilmente visto due omoni in mutande saltellare sotto al diluvio, beh, eravamo noi. Ci spogliamo fino a restare in mutande e saliamo velocemente in macchina. Io per fortuna avevo un paio di scarpe da ginnastica che mi torneranno utili per guidare.

Ci guardiamo e scoppiamo a ridere.

"Pensa se ci fermano i carabinieri....!!!"

"Mamma mia...gli dirò "posso spiegare tutto...!!"!!!"

"Ahahahahahahah!!!"

Fox tira fuori il telefono, che gocciola acqua dall'interno. Ahia. Lo accende, morto. Non basterà tutto il viaggio davanti alla bocchetta dell'aria condizionata per farlo funzionare.

Mi si accende una lampadina in testa: inchiodo in mezzo all'asfalto, scendo zompettando in mutande e recupero la reflex, che era rimasta nello zaino, nel bagagliaio. La porto in macchina, la accendo. Morta.

Arriviamo a casa senza più vestiti, telefono e macchina fotografica. Una tragedia!

Stamattina, quando siamo arrivati, non credevo mai più che saremmo tornati a casa in mutande, nel vero senso della parola.....

A un passo dalla vetta
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