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I RICAMI DEL VENTO

Con le ciaspole da Caldirola al Cosfrone, ad ammirare i disegni del vento sulla neve...

PARTENZA: Caldirola, Colonia provinciale (mt. 1100)

ARRIVO: Monte Cosfrone (mt. 1659) 

LUNGHEZZA DEL PERCORSO: circa 7 km

TEMPO DI PERCORRENZA: 3 h. 30 min. circa
SEGNAVIA: bianco-rosso 106 fino al bivio Rif. Orsi; bianco-rosso 200 sul crinale

 

 

Con tutta questa neve, non si può far altro che ciaspolare! Quindi, lasciamo ancora un attimo in stand-by la seconda e ultima parte di viaggio in val Boreca e andiamo con un'altra escursione sulla neve, visto anche lo splendido fine settimana di sole che ci è stato regalato.

La ciaspolata, però, non parte con i migliori auspici. Doveva raggiungermi Francesca, ne parlavamo da un po' di organizzarla e fino ad ora non ci eravamo riusciti perché la neve se ne stava andando, così avevamo dovuto ripiegare su una normale escursione - pur sempre bella - all'Ebro, anche se in una giornata dal punto di vista meteo non troppo fortunata.

Pronti a partire? Neanche per sogno, lei ha la febbre.

Ora, io - da buon montanaro con la testa dura - sono fatto un po' a mio modo e non ho nessun problema a partire e andare da solo, l'ho sempre fatto. Ma stavolta mi spiace, perché ho scoperto che lei è una di quelle poche persone con cui è piacevole trascorrere del tempo. Vabè, Francesca, riprenditi. Il salame che avevo comprato (non per te ma per NOI) è ancora in cantina, per questa volta ti ho aspettata a tagliarlo.

Parto, come sempre, dalla Colonia Provinciale di Caldirola. Con tutta questa neve ammucchiata dagli spartineve è già difficile trovare un parcheggio per la macchina, ma con un po' di fantasia mi aggiusto. Intanto qui, di multe non se ne fanno.

Sono un po' indeciso sul giro da fare. Salirei dalle piste di Caldirola, ma siccome si scia e c'è già un gran casino, penso che sarebbe opportuno passare dall'altra parte. Pero voglio andare in cresta, ad ammirare lo spettacolo della neve. E allora l'unica soluzione, forse la più veloce, è quella di salire lungo il versante del monte Panà, dove il sentiero non è segnalato.

Mi metto le ciaspole e parto per il sentiero numero 106, verso il Rifugio Orsi, ma dopo pochi metri mi devo già fermare, per toglierle. La neve, calpestata, è troppo gelata, si fa meno fatica con i soli scarponi. Quindi riparto con le ciaspole in mano, fermandomi spesso a immortalare lo spettacolo della neve, illuminata dal sole che filtra tra gli alberi spogli.

Il sentiero si percorre piuttosto bene, quello battuto è piuttosto stretto, ma mi va di lusso. Arrivo senza fatica fino al primo bivio, quello che segnala (secondo me in modo sbagliato) la salita al Panà dritta di fronte a me e il Rifugio Orsi a sinistra. Seguo le indicazioni per il Rifugio e qui, in una breve ma ripida salita, si incontrano le prime difficoltà nel restare in piedi, perché sulla neve si scivola un po'. Nonostante tutto, senza particolari problemi e superato anche il bivio per il sentiero 115 (che presto analizzerò con una scheda sul blog), arrivo nei pressi del cancello, sul versante del Monte Panà, dove si apre la vista sui Monti Ebro, Chiappo e Cosfrone. Qui mi fermo per una prima sosta.

Pianto le ciaspole nella neve, un sorso d'acqua e scatto qualche foto del panorama di fronte a me, non prima di aver pensato a un ricordo per Francesca (che se legge, starà ridendo).

Bisogna ripartire, ma ora non si può fare a meno delle ciaspole. Abbandono la strada per il Rifugio Orsi e mi dirigo in salita verso il Panà, all'inizio si procede piuttosto bene, ma più salgo, più la neve aumenta. Ci sono degli accumuli di neve davvero notevoli e mi rendo conto che le ciaspole, con un dislivello del genere, non siano forse il modo più adatto per salire, ma è l'unica: con i soli scarponi non ce la farei a stare in piedi.

Continuo a salire, in alcuni punti la neve è più ghiacciata e le ciaspole fanno presa sulla crosta con i ramponi, ma in altri punti si affonda fino al ginocchio e ogni passo avanti, se ne fanno due indietro perché la neve è troppo scivolosa. Un dramma, impiego un'ora per fare una salita che normalmente richiede 25 minuti.

La fatica è doppia, con tutta questa neve, e mi fermo spesso a tirare il fiato con la scusa di scattare qualche bella foto.

Arrivo finalmente in cima al Panà e con grande rammarico vedo subito che la foschia della pianura è davvero impenetrabile...tanto che non si vedono nemmeno le cime delle alpi. Mi fermo ancora per qualche foto, verso il Giarolo, verso il Gropà che ospita numerosi sciatori pronti a scendere per le piste, verso la val Borbera.

Sono stanco, mi fermerei quasi. Ma vista la fatica fatta per venire fino a qui, penso che sicuramente mi perderei molte cose, se mi fermassi.

Chissà che spettacolo potrebbe essere proseguire fino al Cosfrone. E allora riparto, veloce.

La cresta si percorre bene, c'è tanta neve ma con le ciaspole si procede spediti. C'è un sole fortissimo, il contrasto con la neve fa male agli occhi, a togliere gli occhiali non ci provo nemmeno. Percorro la breve discesa dal Panà e inizio subito a risalire, alla volta del Cosfrone. Mano a mano che procedo mi volto per ammirare il panorama alle mie spalle e per scattare delle foto.

Il panorama si estende dalla val Curone alla val Borbera, totalmente imbiancate. Si distingue chiaramente il Monte Tobbio, con la sua caratteristica forma. Scorrendo con lo sguardo in direzione del mar Ligure, si vede la foschia schiarirsi, ma non abbastanza da lasciarmi intravedere Capo Noli. Dalla parte opposta, la prospettiva inganna e sembra che la palla-radar sulla cima del Monte Lesima e il Rifugio del Monte Chiappo siano l'una accanto all'altro, sulla stessa montagna.

Proseguo ancora, sempre in salita, scivolando un pochino ma mai come poco prima sul versante del Panà. La cima del Cosfrone è ormai a un passo, ancora poca fatica. Quando la raggiungo è uno spettacolo.

La neve, il ghiaccio e il vento hanno creato dei disegni sulle staccionate e sui cartelli che sono difficilmente immaginabili da una mente umana.

Mi fermo ad ammirare lo spettacolo di fronte a me, e mi sento veramente libero, come mi accade solo quando sono quassù.

Il panorama è stupendo: Cavalmurone, Legnà, Carmo, Antola, Buio, tutti stracolmi di neve, divisi solo da un po' di foschia nelle valli interne. Dai 1659 metri del Cosfrone, si riesce a intravedere, al di sopra della linea scura di foschia, la vetta di alcune alpi cuneesi, la punta del Monviso e del Monte Rosa.

La vetta del Monte Ebro non è molto distante, ma ho fatto tardi e non me la sento di proseguire oltre. Decido di fermarmi qui, proprio mentre stanno arrivando altri due escursionisti muniti di racchette da neve, che mi salutano e proseguono oltre. Per oggi può bastare: un buon allenamento. Mi rimetto lo zaino e ripercorro la stessa strada verso casa: il ritorno sarà sicuramente più breve e soprattutto in discesa.

Mentre cammino, ripenso a quello che Francesca si è persa oggi, un vero peccato. Ma anch'io mi sono perso qualcosa: mi è mancato il suo sorriso, mi sono mancate le sue battute. Speriamo che ci sia presto la possibilità di ripetere la ciaspolata, con lei. E con il salame, il vino e tutto il resto.

E' stata dura. Dura perché non immaginavo che sul versante del Monte Panà, quello non segnalato, ci fosse così tanta neve e fosse così difficile riuscire a salire. Le pendenze in quel tratto sono davvero notevoli e dove non ci sono alberi o altro a cui attaccarsi per restare in piedi non è così semplice (io cado spesso, come qualcuna ben sa).

Una volta superato quel tratto e arrivati in cresta, è una meraviglia. Per gli occhi, per l'anima, per tutto. Avrei fatto volentieri a meno della foschia che ha oscurato buona parte del panorama, ma non si può avere tutto, guardate solo il sole che c'era. Ho un'abbronzatura che sembro appena tornato dalle Maldive.

Le mie Maldive sono qui.

A un passo dalla vetta
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