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I VILLAGGI DI PIETRA DELLA VALLE DEI CAMPASSI

Da Vegni alla Boglianca, passando per i paesi abbandonati di Casoni di Vegni, Ferrazza e il misterioso Reneuzzi

PAESI FANTASMA: Casoni di Vegni, Ferrazza e Reneuzzi (Al)

RAGGIUNGIBILI DA: Vegni

LUNGHEZZA DEL PERCORSO: circa 18 km (andata e ritorno)

TEMPO DI PERCORRENZA: 6 h. circa (andata e ritorno)

SEGNAVIA: bianco-rosso 242

 

 

Credo che l'itinerario che sto per proporre, chiamato "I Villaggi di Pietra", sia uno dei più belli, o se volete uno dei più particolari che ho avuto modo di affrontare in questi anni di escursioni. 

Il percorso va a toccare una delle valli più selvagge e incontaminate dell'appennino: la Valle dei Campassi, attraversando i resti di quelli che, una volta, erano dei paesi normalmente abitati, posti lungo l'itinerario della "Via del Sale" - fitta rete di sentieri che dalla pianura padana conduceva al litorale ligure per consentire l'approvvigionamento del sale, minerale fondamentale per la conservazione dei cibi - mentre oggi, ciò che di quei paesi rimane, sono soltanto ruderi, boschi che conquistano mano a mano le abitazioni facendole crollare e scomparire e, infine, una discreta parte di leggenda (legata principalmente al paese fantasma di Rénéuzzi (e di cui racconterò ampiamente più avanti). 

Oltre al già citato Rénéuzzi, gli altri due "villaggi di pietra" che incontriamo lungo il nostro percorso all'interno della Valle dei Campassi sono Casoni di Vegni e Ferrazza. Ma andiamo con ordine.

La partenza del nostro itinerario è Vegni, località in provincia di Alessandria, raggiungibile risalendo la Val Borbera fino a immettersi sulla SP147 - che porta a Carrega Ligure - e, una volta attraversato il secondo ponte (sul torrente Carreghino), svoltando a destra per una stretta stradina che scende al livello del fiume, lo attraversa con un ponte (! - vedi foto) minuscolo e risale, poi, per circa 6 km, fino al paese.

Si può parcheggiare la macchina nella piazza del paese, per poi dirigersi lungo la strada asfaltata verso destra, attraversando un nucleo di abitazioni (Vegni è composto da due grandi gruppi di case, uno sulla sinistra, in alto, e uno sulla destra, dove si trova la chiesa) e seguendo la strada fino alle ultime case del paese, senza scendere verso la chiesa. Ci veniamo così a trovare su di una curva dove possiamo vedere, sotto di noi, il cimitero di Vegni e dove, dopo una breve salita, termina la strada asfaltata e iniziano i sentieri num. 242 e 245.

Il sentiero 242, che nella sua parte inziale ricalca il tracciato del sentiero 240, che da Vegni porta al Monte Carmetto, sale dolcemente offrendoci alcuni scorci sul paese di Agneto, alla nostra destra, facilmente riconoscibile per via dei terrazzamenti operati dagli abitanti sui terreni sopra al paese per garantirsi il sostentamento grazie allo sviluppo dell'agricoltura.

Proseguiamo per la sterrata fino a raggiungere una curva dove, anziché seguire il sentiero 240, continuiamo dritto per il sentiero 242, raggiungendo in pochi minuti un colletto panoramico che ci offre una vista che lascia senza fiato sulla Valle dei Campassi, dominata dalla vetta inconfondibile del Monte Antola e circondata dai Monti Tre Croci e Carmetto e tagliata a metà, sul fondo estremo della valle, dalle acque gelide del Rio dei Campassi. Di fronte a noi, si possono vedere gli unici luoghi abitati dell'intera Valle dei Campassi: i paesi di Croso, Boglianca e Campassi.

Dal colletto panoramico, il sentiero inizia a scendere e taglia il versante del Monte Carmetto superando numerosi rii (tutti asciutti al momento in cui ho fatto l'escursione) e sviluppandosi poi in falsopiano in un bosco composto inizialmente da roveri e carpini ma che, dopo un breve tratto, ci regala antichissimi - ed enormi - esemplari di castagno, superati i quali, vediamo in lontananza il profilo dei resti di una casa.

In prossimità di questa costruzione, e dopo oltre un'ora di cammino dalla partenza, il sentiero curva a sinistra e ci pone improvvisamente di fronte al primo dei paesi fantasma della Valle dei Campassi: Casoni di Vegni. 

Casoni è il più grande dei tre "Villaggi di Pietra" e quello che presenta i maggiori segni di abbandono e distruzione: le case - ad eccezione di una, rimasta grosso modo integra - sono tutte crollate, sembrano quasi implose, ovunque possiamo trovare travi, pietre, mattoni e tutte le abitazioni rimaste sono pericolanti, come testimoniano le enormi crepe sui muri. 

Le porte e le finestre delle case sono aperte, e in quelle che non sono crollate su sé stesse, si possono ancora vedere all'interno dei mobili in legno, delle panche e delle sedie. In alcune abitazioni sono rimaste le persiane, le inferriate e parte dei vetri delle finestre. I piani inferiori delle case, che un tempo erano presumibilmente adibiti a stalla, sono ormai diventati un deposito di foglie. Al solo pensiero dell'impegno e della fatica di chi - anni e anni addietro - ha costruito queste abitazioni, aumenta ulteriormente la tristezza nel vedere la situazione attuale di queste case, ormai "mangiate" dal bosco, con gli alberi che sono cresciuti, nel vero senso della parola, all'interno delle case. In generale, attraversando questo paese fantasma così cupo e buio, non è possibile non farsi pervadere da un senso di impotenza di fronte alla natura che riconquista i propri spazi, togliendoli all'uomo.

Il sentiero si snoda attraverso i resti delle case, tra ruderi e detriti, e più o meno in prossimità dell'unica abitazione rimasta in piedi sale verso sinistra, e una volta superati gli ultimi resti di abitazioni, continua su di una ripida salita per poi ritornare in piano. Sempre nel bosco, con scorci sui paesi di Croso, Boglianca e Campassi e con un panorama che, tra gli alberi, spazia fino al valico di San Fermo, inizia il lento avvicinamento al successivo villaggio, quello di Ferrazza, che incontriamo dopo oltre mezz'ora di camminata. Tra i paesi della Valle dei Campassi, Ferrazza merita un discorso a parte, in quanto gode di una collocazione più favorevole (il bosco termina poco prima dell'ingresso nel paese per poi ricominciare terminate le case) e gode quindi - se non altro! - di un po' di luce. Anche per quanto riguarda il discorso dell'abbandono, Ferrazza fa storia a sè: tralasciando le più recenti vicende (pare sia stata stanziata una somma, dalla Provincia di Alessandria, per costruire una casa-rifugio a Ferrazza e per valorizzare comunque l'intero itinerario, ndr) come possiamo vedere dai cartelli affissi ad una delle case, il paese non è abbandonato totalmente, perché un gruppo di appassionati, anni addietro, ha ristrutturato alcune abitazioni per utilizzarle durante il periodo estivo, pur in assenza dei collegamenti di luce ed acqua (pare che per l'acqua sia stato garantito l'allacciamento all'acquedotto di Vegni).

In generale, l'aspetto del paese è senza ombra di dubbio meno tetro rispetto a Casoni. A fronte di alcune case con vistose crepe e balconi pericolanti (anche qui alcune porte sono aperte ed è possibile - ma non consigliato dagli "abitanti" di Ferrazza - entrarvi), vi sono però altre abitazioni tenute in buono stato ed è possibile comunque rendersi conto che il paese non è del tutto abbandonato. Sopra alle case è anche possibile vedere la vecchia teleferica di Ferrazza, collegata alle montagne che sovrastano il paese. Nei pressi di un'abitazione perfettamente ristrutturata, che reca sulla facciata un cartello che ci ricorda il nome del paese e l'altitudine (mt. 1111), il sentiero prosegue in piano e supera, poco distante, una cappelletta con inciso l'anno - presumo - di edificazione (il 1906, ndr) e si immette nuovamente nel bosco. Il sentiero alterna tratti in discesa e tratti pianeggianti, e in breve tempo - non più di mezz'ora - conduce all'ultimo dei "Villaggi di Pietra", senza dubbio quello attorno a cui ruotano le maggiori leggende, Rénéuzzi (o Rénéusi, o Rénéussi).

Arrivando da Ferrazza, per lo stretto sentiero, a un certo punto compaiono in lontanza, in corrispondenza di una curva, sulla sinistra il cimitero di Rénéuzzi, e sulla destra il campanile della chiesa. Non male come ingresso in paese. Anche l'aria che si respira è diversa, non so spiegarlo ma è una sensazione che dicono di aver provato tutti quelli che sono arrivati fin qui, una specie di ansia forse legata a tutte le leggende che ruotano attorno a questo piccolo villaggio.

Spingendo il cancello arrugginito e cigolante, entriamo subito nel piccolo cimitero (secondo alcuni "il più piccolo d'Italia", e non andiamo lontano dal credere loro), che ospita non più di 5-6 tombe, ormai nascoste dalle erbacce e senza più segni di riconoscimento dei defunti. Ma la nostra attenzione viene immediatamente attirata da una tomba più grande delle altre e chiaramente più recente, la più vicina all'ingresso, l'unica che reca una lapide in vista con la foto e il nome di tale Davide Bellomo.

E' sufficiente fare una breve ricerca su internet per scoprire che, effettivamente, a Rénéuzzi è successo, vedi qui, qualcosa di particolare, e la tomba più recente del cimitero è effettivamente quella del protagonista della vicenda, toltosi la vita nel 1961, a soli 31 anni, dopo aver commesso un omicidio passionale. 

Quanto segue, è l'articolo riportato sull'edizione de "La Stampa - basso Piemonte" del 17 ottobre 1961:

 

(fonte: http://paesifantasma.wordpress.com)

“Serravalle Scrivia,la tragedia di Carrega Ligure si e’ conclusa. B. l’assassino della ventenne M.F. si e’ ucciso con la stessa arma che gli era servita per compiere il delitto. Il suo cadavere, già in stato di decomposizione, e’ stato ritrovato da un contadino nel pomeriggio di ieri in una località non troppo distante dalla baita dove aveva COMPIUTO IL DELITTO. M.F. di vent’anni e D.B. trentunenne erano cugini, figli di due sorelle. I B. abitano alla frazione Reneuzzi di Carrega, poco distante nella frazione di Ferrazza vi era la casa di dei F. D. che, come la cugina, aveva lasciato questa depressa zona dell’Appennino ligure – piemontese in pochissime occasioni, si era innamorato di M. La ragazza, che in un primo tempo sembrò corrisponderlo, aveva poi respinto l’innamorato. Gli stessi genitori di lei erano contrari alla relazione, considerando gli stretti legami di parentela fra i due giovani. Il contadino non aveva saputo mai darsi pace e quando apprese che la famiglia della ragazza si sarebbe trasferita era passato alle minacce “se parti, piuttosto ti sparo” le disse un giorno. Così la mattina del 22 settembre scorso mentre i F. transitavano attese la ragazza che procedeva distanziata dai genitori. Nascosto dietro un cespuglio, quando M. gli passò a pochi metri sparò due colpi con una vecchia rivoltella, un ricordo che il padre aveva portato dall’America. I colpi raggiunsero di striscio alla nuca la ragazza che trovò ancora la forza di fuggire per circa duecento metri, rifugiandosi in una baita in località. Il delitto venne scoperto due ore dopo e più nessuno vide l’assassino. Ieri un contadino di Reneuzzi, D.T., ha scoperto il cadavere di D.B. IL contadino quasi quotidianamente si reca col suo cavallo da Reneuzzi a Vegni e da due giorni notava che transitando in un tratto di sentiero incassato fra la roccia l’animale scalpitava e nitriva. Ieri pomeriggio attratto anche da uno sgradevole odore, volle vederci chiaro e compì una battuta nella zona. Ad una cinquantina di metri dalla mulattiera, dietro un cespuglio, scoprì il cadavere di D. che giaceva supino; la rivoltella era a poca distanza dalla mano destra. Oggi il cadavere è stato trasportato al cimitero di Vegni, dove domattina si recherà accompagnato da un medico, il Pretore di Serravalle Scrivia per le constatazioni di legge. È fuor di dubbio che il giovane si sia sparato con la stessa arma usata per uccidere M., e con ogni probabilità ha posto fine ai suoi giorni poco dopo il delitto, sconvolto forse dal suo folle gesto.”

 

Non la farò ulteriormente lunga, chi volesse informarsi sulla vicenda può consultare i link precedenti o le varie notizie che si trovano sul web, resta il fatto che il paese di Rénéuzzi è già di per sé interessante per queste curiose (e macabre) vicende.

Usciamo dal cimitero, e proseguendo per il sentiero, ci imbattiamo in un altra particolarità del villaggio: l'Oratorio dedicato a San Bernardo Abate, che reca sulla facciata un portico ad arco acuto e un caratteristico campanile a vela a cui sono state rimosse le campane. La costruzione incuriosisce per la sua particolarità, ma ancora di più perché si trova sul versante di una montagna, in fianco a un sentiero e tra gli alberi. Ci avviciniamo all'oratorio per scattare qualche foto, ma il passare degli anni ha peggiorato ulteriormente la situazione della chiesa, quindi ci limitiamo a scattare qualche fotografia davanti, senza entrare (è, purtroppo, decisamente a rischio crollo, soprattutto nella parte posteriore).

Davanti alla chiesa, possiamo notare come sia composta da due ingressi, uno per i fedeli e uno probabilmente ad uso sacrestia, dove si intravede ancora un tavolo, mentre sui muri interni sono riportati dei caratteristici affreschi (oltre a scritte e strani segni operati da vandali). Proseguiamo oltre l'oratorio, e nell'avvicinarci al cuore del paese fantasma di Rénéuzzi, incontriamo alcuni resti di mura e un piccolo spiazzo che, dalle informazioni trovate, dovrebbe essere stata la piccola "piazza" del paese, ora occupata dalle firme - su di una grossa pietra - degli operai forestali che hanno, da poco, ripristinato la sentieristica. 

Il sentiero scende leggermente, in mezzo ai ruderi delle case. Anche qui, il paese sembra stato bombardato: la maggior parte delle abitazioni sembrano implose e si trovano macerie ovunque. all'interno delle poche case rimaste (in parte) in piedi, possiamo vedere, dalle porte e dalle finestre aperte, ancora alcuni oggetti di uso quotidiano, come secchielli, credenze e attrezzi utilizzati per gli animali. Proseguiamo fino ad incontrare i ruderi di una casa dalle forme stranamente arrotondate - probabilmente per favorire il passaggio delle slitte trainate dai buoi - in prossimità della quale il sentiero forma un bivio. Proseguendo diritto, passando in mezzo a due case - veramente molto - pericolanti, ci si immette sul sentiero num. 243, che da Rénéuzzi conduce alla Sella Banchiera. Noi, invece, svoltiamo a destra e proseguiamo in leggera discesa in mezzo alle abitazioni più pericolanti dell'intero villaggio. Si prosegue camminando su cumuli di macerie, e devo ammettere che si è indecisi se guardare all'interno delle grate posizionate davanti alle finestre aperte, per scoprire cosa conservano ancora le case di Rénéuzzi, oppure se guardare dove si mettono i piedi, perché non è semplice mantenere l'equilibrio su tutte queste pietre e questi detriti. Aggiungiamo anche la necessità di non sostare troppo a lungo sotto alle case, che non sembrano molto ben salde sulle loro fondamenta...

Ci lasciamo alle spalle anche l'ultima casa di Rénéuzzi, l'unica ancora integra - seppur con vistosissime crepe e con un particolarissimo balcone in legno che però (piccolo particolare) del balcone conserva solo la ringhiera e non più il posto per appoggiare i piedi - e il sentiero inizia ora a scendere ripidamente. Mano a mano che si scende attraverso numerosi stretti tornanti, si inizia ad avvertire, in lontananza, lo scrosciare dell'acqua e dopo poco ci ritroviamo sul fondo della selvaggia Valle dei Campassi, dove scorrono, con grande intensità, le gelide acque del Rio dei Campassi, che dobbiamo guadare per portarci sul versante opposto, da dove inizia la parte finale del nostro percorso, ovvero la salita al villaggio di Croso.

Appena attraversato il Rio dei Campassi, troviamo una deviazione del nostro itinerario: si tratta del sentiero num. 242a, che conduce ai Mulini della Valle dei Campassi e che decidiamo di raggiungere al ritorno. Proseguiamo quindi verso Croso, su di una ripida sterrata che offre comunque dei punti panoramici interessanti, con vedute di Ferrazza e del Monte Carmetto. Proseguiamo ancora brevemente in salita, fino a giungere ad un bivio - purtroppo non segnalato - che seguiamo sulla destra: solo dopo, scopriamo che bisognava seguire la strada di sinistra (in salita), che permette di raggiungere il paese di Croso, mentre noi ci accontentiamo di arrivare - poche centinaia di metri più in basso - al nucleo di case che compone Boglianca, composto da poche abitazioni. Ciò nonostante, dal luogo che abbiamo raggiunto, si gode di una meravigliosa vista sul - non distante - paese di Campassi, al centro del quale svetta imponente il campanile della chiesa. Sopraggiunge la fame, e decidiamo di raggiungere un luogo tranquillo per mangiare qualcosa: abbandoniamo così Boglianca e scendiamo per lo stesso sentiero percorso poco prima, fino a raggiungere la deviazione del sentiero 242a che porta ai mulini, poco distanti. Il primo che incontriamo è il Mulino dei Gatti, il cui tetto in pietra è totalmente ricoperto di muschio e in parte crollato e al cui interno si intravedono due macine circolari; poco più a valle si può vedere il Mulino Gelato, da più parti citato come vera e propria emergenza storica della Val Borbera, che si caratterizzava per disporre - così si dice - di pale di tipo "Pelton" (simili a grandi cucchiai in legno) e che ora, purtroppo, sono state sottratte. Nei dintorni dei mulini c'è un'area attrezzata con qualche tavolino, dove ci si può fermare a consumare uno spuntino ascoltando lo scroscio delle acque del Rio dei Campassi (pieno d'acqua nell'estate meno piovosa degli ultimi anni, attenzione quindi quando si affronta questa escursione in altre stagioni dove c'è il rischio piena). Dopo una piccola sosta, ripartiamo attraversando nuovamente in senso contrario il Rio dei Campassi e iniziando la nostra salita a Rénéuzzi, quindi Ferrazza ed infine Casoni, per lo stesso sentiero percorso all'andata, che ci conduce in poco meno di tre ore, a Vegni.

Il sentiero dei "Villaggi di Pietra" è senza dubbio il più affascinante che, ad oggi, ho mai affrontato. Scoprire questi villaggi regala un'emozione del tutto particolare, come se si andasse a scoprire un qualcosa che nessuno pensava potesse esistere.

Già il solo fatto di incontrare dei veri e propri borghi, alcuni - come Rénéuzzi - con addirittura la chiesa e il cimitero, procedendo su di un sentiero largo poco più di due piedi, è un fatto alquanto insolito, che lascia stupiti anche se al momento della nostra partenza già sappiamo quello che troveremo. Tutti questi sentimenti che ci pervadono sono sicuramente agevolati dalla particolare conformazione della Valle dei Campassi, la più isolata della provincia di Alessandria, una valle maestosa e la cui imponenza ci è ancora più evidente quando ci troviamo sul greto del Rio dei Campassi, al fondo della Valle.

L'escursione è stata resa ancora più piacevole, e va segnalato, dall'ottimo lavoro degli operai forestali della Regione Piemonte, che avevano da poco (luglio 2012) pulito tutto il tracciato da Vegni a Rénéuzzi, mentre la seconda parte è stata bonificata qualche anno addietro. In definitiva, un'escursione da fare assolutamente: non particolarmente difficoltosa, ma estremamente emozionante.

A un passo dalla vetta
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