SUL GIAROLO, NELLA NEBBIA
Finalmente con le ciaspole ai piedi. Si va al Giarolo, sempre che con questa nebbia lo si trovi...
PARTENZA: Caldirola, Colonia provinciale (mt. 1100)
ARRIVO: Monte Giarolo (mt. 1473)
LUNGHEZZA DEL PERCORSO: circa 6,5 km
TEMPO DI PERCORRENZA: poco meno di 2 h. e 30 min.
SEGNAVIA: piste da sci fino al crinale; bianco-rosso 200 sul crinale
Finché di neve ce n'è, approfittiamone. La grande nevicata tanto attesa è arrivata in settimana, lasciando però molti rimpianti: un manto di oltre 30 cm, ma una neve molto bagnata. Così bagnata che nel giro di qualche giorno, si è già quasi dimezzata.
Non voglio però lasciarmi sfuggire l'occasione di una camminata con le ciaspole, che un po' mi manca, ad essere sincero ma che mi serve anche per regalare qualche aggiornamento più "invernale" al mio sito. Gli altri itinerari, quelli già percorsi, possono ancora attendere qualche settimana per la loro pubblicazione.
Mi sveglio e guardo fuori: stranamente - contro ogni previsione - c'è quasi mezzo sole, tanto che pur avendo addosso un sonno bestiale, mi lascio scivolare fuori dalle coperte e mi preparo velocemente per la mia prima uscita con le ciaspole dell'anno. Il cambiamento del meteo però è più veloce di me, tanto che quando esco di casa il cielo si è già annuvolato e un po' di nebbia copre le cime delle montagne attorno a Caldirola. Che vuoi fare, ormai si va.
Tante sono le macchine alla Colonia provinciale, snodo dei vari sentieri della zona, ma noto che tutti hanno optato per il sentiero 106, in direzione del Rifugio Orsi, visto che il sentiero che percorro io, quello che conduce alle piste da sci, presenta un manto bianco ancora intatto. Mi fermo all'imbocco a indossare le ciaspole: quanto tempo! Bisogna sempre riabituarsi, tanto che i primi p assi sono difficoltosi, ma prendo in fretta confidenza con le mie compagne di viaggio dello scorso inverno.
Il prato sopra alla Colonia è sommerso di neve, che in alcuni punti è stata ammucchiata dal vento e lo supero portandomi nel canalone, che oggi affronterò, a differenza della scorsa camminata. Guardando in alto, in corrispondenza del crinale, vedo la nebbia minacciosa che inizia a scendere, guadagnando terreno. Le piste non sono state battute, ma alcuni scialpinisti stanno scendendo sulla neve fresca; alle loro spalle, un signore con un cane in cerca di tartufi, nonostante la neve ricopra ormai tutto. Voltandomi, oltre gli alberi che fanno da contorno al canalone, le montagne della valle Staffora ricoperte di neve, intervallate da un po' di nebbia nelle valli interne.
Ho ben chiaro in mente che la mia meta di giornata sarà il Giarolo e per una volta decido di percorrere la pista da sci che normalmente non seguo mai, la numero 3, quella - di solito - meno trafficata. Il clima non è propriamente invernale, tanto che sto camminando in maglia, con le maniche arrotolate al gomito, manco fosse primavera: e non vi dico il caldo che ho sofferto, con questo maledetto tempo umido. Appena imboccata la pista 3, mi accorgo subito della grande quantità di neve presente in alcuni punti e preferisco camminare sulle impronte degli scialpinisti che mi hanno preceduto, ma poco dopo, giunto all'incrocio con la pista numero 4, le tracce si perdono: da qui in poi, toccherà a me creare la strada, visto che il manto bianco è perfettamente immacolato e sono il primo a passare da queste parti. Bello, ma faticoso: non è semplice camminare nella neve fresca, per giunta così bagnata.
Inoltratomi nelle prime curve della pista 3, ecco la nebbia venirmi incontro: i contorni degli alberi iniziano a farsi più sfumati e a mano a mano che salgo, il panorama che si apre davanti ai miei occhi è sempre più misero. Aumentano, in compenso, le impronte sulla neve, la cui superficie è rotta soltanto dal passaggio dei caprioli, delle lepri e dei cinghiali. L'ingresso nel boschetto di faggi che precede l'arrivo nel vecchio punto finale della seggiovia di Caldirola, mi preannuncia che di lì a poco faticherò a vedermi persino i piedi, perché la nebbia si fa sempre più fitta. Infatti, arrivato in questo punto - solitamente uno dei più panoramici dell'intera escursione - la nebbia è così fitta che rischio seriamente di perdere l'orientamento, seppur su di un sentiero che ho percorso centinaia di volte. Ci metto un attimo a guardarmi intorno e a trovare, a mano a mano che procedo, i punti di riferimento che mi servono per capire dove mi trovo e dove devo andare.
Passo sotto ai seggiolini fermi della seggiovia, che riesco a vedere bene solo quando ci passo sotto, e mi infilo tra gli alberi in una vecchia scorciatoia che mi eviterà di aggirare il monte Gropà, giungendo nei pressi del rifugio fatto costruire (e mai aperto....non mi stanco di ricordarlo) dalla Comunità Montana, dove mi fermo per una prima sosta, non per scattare foto - la visibilità è pari a zero e si intravede poco distante solo la sagoma più scura del rifugio - ma per vestirmi. La temperatura è crollata, qui sopra e un vento gelido porta con sé anche qualche fiocco di neve mezzo gelato: indosso la giacca antivento che ho nello zaino e scendo sul sentiero numero 200 alla volta del lungo crinale che mi condurrà al monte Giarolo. Due ombre in lontananza che vengono verso di me, sono quelle di due ragazzi che camminano nella direzione opposta, senza ciaspole: ci scambiamo un saluto senza fermarci e proseguiamo ognuno nella propria direzione.
L'aria gelida è fastidiosa e a dirla tutta non so se lo sia più o meno di questa nebbia sempre più fitta, che a malapena mi consente di vedere dove sto camminando. Fortuna che ci sono le staccionate piantate al centro a separare i terreni della val Curone da quelli della val Borbera: basta seguirla e non si sbaglia. A dire il vero, seguo anche qualche altra impronta di sci e ciaspole che rende la mia camminata leggermente meno difficoltosa, fino a sbucare - superato il bivio per il sentiero 215 che scende a Volpara - ai piedi della ripida salita del Monte Giarolo, che mi auguro sia ancora lì, visto che io non riesco a vederlo.
Percorsa la salita, incomincio a cercare con lo sguardo la sagoma della statua del Redentore, che però non riesco a vedere in questo immenso mare bianco e grigio. Più mi avvicino, più qualche cosa di più scuro sembra lasciarsi intravedere, fino a che - finalmente - la sagoma del Cristo con la sua croce in spalla inizia ad emergere dalla nebbia.
Ai suoi piedi - e su buona parte della cima del Giarolo, a 1473 metri - il vento ha spazzato tutta la neve, tanto che si cammina sull'erba. Scatto quache foto della statua del Redentore, che aggiro per fotografare anche sul lato frontale, pensando a quelle giornate serene in cui da qui si gode di una vista da lasciare senza fiato sulla pianura e sulle montagne delle valli alpine: oggi non si riescono nemmeno a vedere le antenne, che sono solo a poche decine di metri da me, figuratevi un po'.
Il freddo, qui sopra è insopportabile. Il vento gelido mi porta via la cuffia e il cappuccio e le mani sembrano due pezzi di ghiaccio, tanto sono congelate. Guardo ancora una volta la statua del Redentore, che sembra non patire particolarmente il freddo che sto soffrendo io, abituata com'è a stare qua sopra e poi mi incammino sulla strada del ritorno, visto che di intravedere anche solo qualcosa, oggi, proprio non se ne parla. Sono sotto a una campana di nebbia.
Scendo dalla cima del Giarolo e ripercorro molto velocemente la strada dell'andata, che sembra se possibile ancora più lunga, con tutto il freddo che ho addosso. Quando arrivo a metà crinale, un po' a sorpresa una folata di vento spinge via gran parte delle nubi, liberando un po' del panorama davanti ai miei occhi: sembra un mondo nuovo, quasi sono stupito di vedere qualcosa, tanto i miei occhi si erano abituati a quel grigio. Prendo la macchina fotografica e velocemente scatto qualche foto, con le montagne che separano la val Curone dalla valle Staffora imbiancate e, sul lato della val Borbera, il monte Roncasso che ben presto viene avvolto dalla nebbia che sale rapidamente. E' un attimo che dura veramente poco, tanto che dopo pochi istanti sono già di nuovo immerso nella cappa grigia.
Prima di salire al monte Gropà, sulla sinistra imbocco la scorciatoia dell'andata, entrando in un boschetto che sembra quasi quello delle fiabe, con questa leggera nebbia all'interno che ne sfuma i contorni e un silenzio quasi ovattato. Quando ne esco, imbocco la strada più diretta verso casa, scendendo dritto per dritto sulla pista numero 2, dove peraltro un po' si scivola con questa neve bagnata unita alla ripida discesa. Dietro a una curva del sentiero, incontro un ragazzo con gli sci, che sta salendo con le pelli. Ci fermiamo a far due parole, mi dice che viene da Novi e che ha già fatto 3 volte l'accoppiata salita-discesa sulla neve fresca, per oggi. Un'ultima discesa, poi tornerà a casa. Mi piace incontrare gente che condivide con me la passione della montagna, in particolare del mio - troppo spesso bistrattato - appennino.
Lo saluto e riprendo a scendere, lasciandomi alle spalle la nebbia più fitta. La natura attorno a me, seppur sommersa dalla neve, riprende a farsi vedere, così come anche qualche panorama sull'alta val Curone. Quando inizio a intravedere il tetto della Colonia, sono ormai arrivato: finalmente la neve è arrivata e mi ha permesso di portare a termine la prima ciaspolata della stagione. Certo, lo scorso anno a quest'ora ero già molto più avanti, ma qui il tempo pare non volerne sapere di fare l'inverno.
Prendiamo quel che viene: neve, fango o erba, il modo per continuare a camminare lo si trova...