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IL RITORNO ALLA CROCE DEGLI ALPINI

Finalmente il ritorno sulla Croce, sul più semplice sentiero con partenza da Roccaforte Ligure

PARTENZA: Roccaforte Ligure (mt. 782)

ARRIVO: Croce degli Alpini (mt. 830)

TAPPE INTERMEDIE: Sella di Avi (mt. 732), Selletta Monte Cravasana (mt. 815), Monte Cravasana (mt. 870), Costone La Ripa (mt. 860)

LUNGHEZZA DEL PERCORSO: circa 9,5 km (andata e ritorno)

TEMPO DI PERCORRENZA: circa 3 ore e 30 min. (andata e ritorno)

SEGNAVIA: bianco-rosso 260

 

 

Quando faccio un’escursione particolarmente bella, va sempre a finire che poi scrivo a Francesca dicendole “ti devo portare in un posto!” in modo da poter replicare a breve la camminata, con la scusa di accompagnare lei. E’ successo così anche per l’escursione alla Croce degli Alpini, che avevo fatto lo scorso settembre.

Mi era piaciuta talmente tanto, che le avevo subito proposto di andarci, ovviamente, però, facendo il giro dall’altra parte, da Roccaforte, visto che soffrendo di vertigini, sono sempre più tranquillo se sotto ai miei piedi c’è qualcosa. Ovviamente sto esagerando, il sentiero 260 per quanto presenti qualche tratto leggermente impegnativo, è comunque con un minimo di attenzione fattibile, anche da chi – come il sottoscritto – soffre le vertigini.

Insomma, andiamo alla Croce degli Alpini?

Avevamo fatto un primo tentativo lo scorso ottobre. Non ne ho mai parlato, né ho pubblicato il racconto e le foto qui sul sito semplicemente perché c’era una nebbia tale che la croce l’abbiamo vista solo quando siamo andati a sbatterci incontro. Ricordo solo, di quella giornata, due cose: i tantissimi cacciatori trovati lungo il percorso (riconoscibili solo per le loro pettorine fosforescenti in mezzo alla nebbia) e noi, che seduti sull’orlo dello strapiombo (tanto con la nebbia, sotto non si vedeva niente e non soffrivo!), mentre mangiavamo una tavoletta di cioccolato, sentivamo i rumori provenire da sotto alla nebbia come se fossimo in un altro mondo, sopra alle nuvole. I clacson delle macchine che passavano a Rocchetta sembravano vicinissimi, eppure, chissà dove.

Ho scelto allora una giornata di sole quasi estivo per ritentare l’assalto alla Croce degli Alpini, sempre con lei. Mi ha fatto piacere rivederla, dopo un po’ di tempo. Peccato solo che appena partiti da Cantalupo, in macchina, mi avesse già appioppato un sacchetto pieno di roba da mangiare, manco mi avesse visto deperito. Due parole in macchina salendo verso Roccaforte, poi arriviamo finalmente nel piazzale della chiesa, dove si è appena conclusa la Messa.

Un’anziana signora mi guarda mentre mi metto gli scarponi e mi dice “Ma non ha freddo?? Lei è matto!” riferita ai miei pantaloni corti.

“No signora! Camminando mi scaldo!”

Una sonora risata, con la signora che continua a non essere convinta dei miei pantaloni corti, poi ci incamminiamo lungo la stradina inghiaiata che, passando davanti al cimitero della piccola frazione, sale alla volta del poco distante bivio che conduce ai resti del castello degli Spinola che domina dall’alto Roccaforte. Lo evitiamo, continuando dritti in salita fino al bivio successivo, quello tra i sentieri 260 e 275, dove manteniamo la destra, seguendo le indicazioni del sentiero 260 in direzione della Croce degli Alpini, data a quasi due ore di cammino.

Quello che balza subito agli occhi, questa mattina, è lo splendido panorama che si può vedere lungo il sentiero e che quando ad ottobre avevamo tentato questa escursione, ci eravamo invece tristemente persi. Si vede indistintamente tutta la catena dal Giarolo fin verso l’Ebro, che si interrompe per lasciare spazio al tratto dal Cavalmurone al Carmo e fino all’Antola. Ai nostri piedi, le strette gole che scendono verso la val Sisola.

Il sentiero si fa pianeggiante, alternato ad alcuni brevi tratti in discesa e, dopo aver superato un tratto di sentiero che abbandona la val Sisola per spostarsi sul lato della vallata di Avi, ecco di fronte a noi comparire la cima del Poggio, la prima montagna che incontreremo lungo il percorso, anche se – molto probabilmente – la aggireremo senza salire in cima. Scatto una foto a Francesca con intorno lo splendido panorama che ci accompagna, poi scendiamo più decisamente, alla volta della Sella di Avi, punto di partenza di una delle due mulattiere che conducono al borgo abbandonato e punto più basso del nostro itinerario odierno.

Inizia la risalita, alla volta del Poggio, che però aggiriamo senza salire in cresta, come previsto. Sotto al Poggio, ecco le prime splendide vedute sulla vallata del rio Avi: in un punto dove non ci sono alberi a coprire la vista, ecco le poche case che compongono il borgo abbandonato, attorniate dal nulla più assoluto. Solo alberi e montagne. Salendo con lo sguardo, dietro ad Avi, si intravede un tratto della SP140 della val Borbera, che attraversa le Strette di Pertuso e continuando a salire, ecco che sopra alla strada c’è un aspro costone di puddinga sul quale sono ammassate alla rinfusa poche costruzioni: vedo la chiesetta bianca in cima, la riconosco. E’ Rivarossa.

Arriviamo alla Selletta del Monte Cravasana, in corrispondenza del secondo bivio per Avi, che nuovamente evitiamo, inerpicandoci in salita alla volta della vetta del Cravasana, salendo in un bel bosco di roverella dove, per un buon tratto, troviamo riparo dal forte sole di questa giornata. Nonostante sia da qualche tempo che non si faccia una camminata insieme, abbiamo comunque un buon passo e Francesca mi segue senza problemi. Almeno fino alla cima del Cravasana, dove, giustamente, reclama una sosta per una delle nostre merende.

Accolgo la proposta con entusiasmo e ci fermiamo solo pochi minuti, giusto per mettere un po’ di “benzina” nello stomaco prima del tratto finale del nostro percorso. Dal Cravasana, i panorami iniziano a farsi meravigliosi, con la val Sisola e la val Borbera che si stanno per incontrare proprio sotto di noi, nei pressi del ponte di San Nazzaro e le prime nuvole che cominciano ad addensarsi, più lontano, sulla cima del Giarolo.

Il sentierino corre sottile lungo la linea di crinale, tra gli alberi di roverella e un’invasione di piante di timo che regalano un profumo meraviglioso alla nostra camminata, fino a raggiungere il Costone La Ripa, l’aspro versante di puddinga che sovrasta Rocchetta Ligure. Ecco comparire, in lontananza, la vetta della Croce degli Alpini, alla quale ci avviciniamo inesorabilmente, passo dopo passo. Un tratto in ripida discesa all’interno di un boschetto e, quando usciamo nuovamente a cielo scoperto, vediamo che non siamo soli e che davanti a noi ci sono altre due coppie di escursionisti, una delle quali sta già tornando dalla vetta. Li lasciamo andare e rallentiamo, in modo che arrivino e se ne vadano dalla vetta prima di noi. E’ piccola e non vorremmo doverla dividere con qualcun altro, così ci fermiamo a scattare qualche immagine dello splendido panorama che si spinge, guardando verso l’alta val Borbera, addirittura fino al Santuario di Nostra Signora di Dovanelli.

Ripartiamo piano piano, sul sentiero che nel frattempo si è spostato sul lato della valle di Avi, scendendo di quota fino a portarci dietro al crinale di puddinga, per poi risalire puntando dritto verso la croce, ora esattamente sopra le nostre teste.

I due escursionisti che ci hanno preceduto sono ancora là, seduti accanto alla croce. Prendiamo tempo girando largo e ci portiamo sul lato della vetta, nei pressi della roccia dove si trovano la Madonnina e il ricordo di Alessandro e Serena, i due escursionisti che hanno perso la vita in una spedizione sulle Alpi ai quali è intitolato il sentiero.

Scattiamo qualche foto da qui, poi i due si incamminano, lasciandoci libera la piccola piastrella di vetta su cui è posta la croce, che finalmente è tutta nostra. Via con le foto, panorami su panorami, è veramente una meraviglia, da qui sopra. Salgo alla croce e la abbraccio tenendola ben stretta perché dopo un secondo mi gira già la testa e le gambe mi vengono dure come il cemento.

Uno strapiombo infinito ci separa da Cantalupo e Rocchetta, che si vedono ai nostri piedi più o meno come se le stessimo osservando dal finestrino di un aereo. E pensare che a ottobre, quando eravamo proprio qui seduti, sotto di noi si vedeva soltanto un mare di nebbia, che attutiva i rumori e i suoni della valle. Valeva la pena di tornarci, assolutamente. La Croce degli Alpini è sempre una cima che, seppur non molto alta, regala viste suggestive sulle nostre valli.

Ci spostiamo sotto alla roccia dove si trova la Madonnina e ci sediamo sotto a una pianta per mangiare qualcosa, proprio mentre arrivano altri escursionisti, che hanno invece affrontato la più breve ma impegnativa salita da Pertuso e che si impossessano della vetta da noi lasciata libera.

Pane e formaggio, focaccia e cioccolato, un po’ di vino. Si sta bene qui seduti, anche se il cielo comincia ad annuvolarsi e ci mette, senza volerlo, un po’ di fretta di tornare.

Così ritiriamo tutto, salutiamo gli altri camminatori e ci mettiamo in cammino sulla strada del ritorno, che almeno fino al Monte Cravasana ci riserverà qualche bella salitella, anche se niente di così impegnativo. Poi una bella discesa fino alla Selletta del Cravasana e fino alla Sella di Avi, visto che il Poggio decidiamo di non scalarlo neanche al ritorno e ancora salita, fino a Roccaforte, ma parlando il tempo passa in fretta e la fatica non si sente.

Arriviamo a Roccaforte che il cielo si è ingrigito e minaccia di voler buttare giù qualche goccia. Faccia quel che vuole, per oggi ce la siamo scampata. Niente in confronto alle nostre camminate dell’anno scorso, solo un giretto abbordabilissimo, ma una bella giornata in compagnia. E finalmente, senza nebbia!

A un passo dalla vetta
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