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IL SENTIERO DEI BRIGANTI

Dal paesino di Fego al Passo del Brallo, passando per le grotte dei briganti e il Molino dei Cognassi

PARTENZA: Fego, PV, (mt. 676)

ARRIVO: Passo del Brallo (mt. 951)

TAPPE INTERMEDIE: grotte dei briganti, Molino dei Cognassi

LUNGHEZZA DEL PERCORSO: circa 10 km, tra andata e ritorno

TEMPO DI PERCORRENZA: poco più di 3 h., andata e ritorno
SEGNAVIA: bianco-rosso non numerato

 

Fego è un piccolo paesino della valle Staffora, in provincia di Pavia e in comune di Santa Margherita Staffora. Non ho mai frequentato molto questi sentieri, pur avendo la valle Staffora a portata di mano, ma devo ammettere che di posti belli e incontaminati ce ne sono anche da queste parti. E chi lo pensava?!

La decisione sull'itinerario da seguire è arrivata all'ultimo, proprio perché il meteo di questo pazzo autunno è parecchio indecifrabile e non ho voluto illudermi prima di partire. Però quando ho aperto il mio "database" con tutte le escursioni che devo ancora fare, non ci ho pensato neanche un attimo a scegliere questa.

Sarà il nome, ma il "sentiero dei briganti" mi ha affascinato fin dall'inizio: le montagne dell'appennino sono piene di riferimenti ai briganti, che sceglievano questi luoghi così misteriosi per rifugiarsi durante le loro scorribande. E così sulla base di un progetto realizzato con il contributo del GAL Oltrepò pavese, l'associazione naturalistica culturale "La Pietra Verde", in collaborazione con gli studenti delle scuole di Varzi, ha realizzato questo affascinante itinerario che dal piccolo borgo di Fego conduce, risalendo il corso del rio Montagnola, al paese di Bralello e al poco distante Passo del Brallo. 

Ma cosa ci sarà di così particolare in questo itinerario per chiamarlo addirittura "sentiero dei briganti"? Tra poco ve lo spiego.

Fego è raggiungibile risalendo la valle Staffora fin oltre il paese di Casanova Staffora da Varzi, oppure deviando dalla val Curone, poco dopo il capoluogo comunale Fabbrica Curone, sulla strada che conduce a Cella di Varzi, Castellaro e Cignolo. Ma non solo: a Fego ci si arriva anche dalla val Borbera, oltrepassato il valico di Capanne di Cosola, scendendo, dopo il Pian del Poggio, oltre Casale Staffora. 

Arriviamo a metà mattinata e quando imbocchiamo la salita asfaltata in cerca di qualche indicazione, notiamo subito una bacheca in legno che parla proprio del nostro percorso. Fatichiamo a trovare la partenza dell'itinerario, così dobbiamo chiedere a qualche paesano che, fortunatamente, troviamo in giro: il consiglio, se arrivate a Fego in auto, è quello di parcheggiare comunque sulla strada provinciale in prossimità del bivio per Fego, poi di salire sull'asfalto in direzione del paese e, appena superato il "Bar Montagnola", prendere la strada che scende a sinistra, segnalata con i colori bianco-rosso.

La stradina, asfaltata solo per le prime decine di metri, regala un bel panorama dell'alta valle Staffora fino al paese di Casanova e passa sotto alle case di Fego dirigendosi verso destra, fino ad arrivare nei pressi del rio Montagnola, che attraversiamo una prima volta, portandoci sulla sponda opposta, pronti alla prima salitella della giornata. Da questa parte del rio, si vede il paese di Cegni, arroccato alle pendici della montagna e si intravede il campanile della chiesa di Fego, assieme ai tetti di alcune delle case alle quali, poco fa, siamo passati sotto. Il sentiero, superato il rio, si è fatto improvvisamente infangatissimo, quindi camminare senza sporcarsi diventa una vera e propria impresa, tanto che - a un certo punto - ci rinunciamo. Avanziamo nel fango su di un sentiero piuttosto largo, che è tornato a farsi pianeggiante e corre sul fianco del rio Montagnola, che sentiamo scorrere poco distante.

Dopo non molto tempo, giunti in una bella radura poco distante dal paese, ecco comparire davanti a noi una grande grotta, ricoperta per buona parte dal muschio, accanto alla quale passa il sentiero. Basta girarsi dalla parte opposta, ed ecco che altre grotte compaiono sul lato opposto del sentiero, che corre quindi in mezzo alle "grotte dei briganti", enormi massi di granito che pare ospitassero, nei tempi passati - almeno, così si dice - i briganti che si nascondevano nei pertugi che si creavano tra i massi pronti ad assalire i passanti. Ecco quindi spiegata l'origine della denominazione del sentiero: le "grotte dei briganti" ne rappresentano infatti una delle principali attrazioni. â€‹Anche perché i massi non si limitano ai due più visibili dal sentiero: ce ne sono molti altri, anche più nascosti, appena visibili dietro agli alberi spogli (d'estate penso che non si vedrebbero). Incuriosito, abbandono il sentiero per infilarmi tra le grotte, camminando su di un letto di foglie marroni: sono davvero enormi e rappresentano una sorpresa inaspettata per ogni escursionista che si avventura su questo sentiero.

Dopo aver scattato qualche foto tra le grotte, possiamo ritornare sul sentiero, che prosegue sempre in piano portandosi adesso sulla sponda del rio Montagnola, che seguiamo per buona parte e che attraversiamo per altre due volte, aiutandoci con i sassi che si trovano sul letto del rio. Ora la mulattiera diventa decisamente più stretta, trasformandosi in un piccolo sentierino che corre accanto ad alcuni muretti a secco ricoperti di muschio, che diventano più numerosi a mano a mano che si cammina, costeggiando buona parte dell'itinerario. Va detto che lungo il percorso si incontrano numerosi altri sentieri e anche diverse strade più larghe e le segnalazioni spesso si faticano a vedere: il mio consiglio è quello di seguire sempre il sentiero su cui state camminando, che corre sul lato del rio e di abbandonarlo solo quando si fa così sottile che sembra quasi scomparire, a vantaggio di una più larga mulattiera che sale sulla sinistra, segnalata anche se nella direzione opposta (piccolo particolare: il sentiero dei briganti va dal passo del Brallo a Fego e non da Fego al Brallo come l'ho percorso io, quindi è probabile che le segnalazioni siano più evidenti in senso opposto). 

Dalle segnalazioni di inizio percorso, il Molino dei Cognassi, prossima tappa di interesse, dovrebbe essere vicino, eppure non ci si arriva mai. Pensavamo fosse sulle acque del rio, essendo un mulino, ma la mulattiera che abbiamo imboccato in salita ci ha allontanato dal suo corso, anche se per poco. Tornati sulle sponde del rio Montagnola, lo attraversiamo nuovamente, allontanandoci, questa volta definitivamente, dal suo corso.

"Ce lo siamo persi, mi sa. Ci saremo passati a fianco e non l'abbiamo visto, magari era in un punto un po' sporco e gli alberi ce l'hanno coperto". Mah.

Attraversato il rio Montagnola, ci troviamo ad attraversare un nuovo corso d'acqua, decisamente più piccolo e, poco dopo, un tratto di sentiero così fangoso che si fatica a restare in piedi. Alzo gli occhi e vedo delle pietre tutte vicine, quasi a formare un muro. "Ma cosa c'è lì?". Lasciamo il sentiero per avvicinarci, ed ecco il tanto sospirato mulino.

Il Molino dei Cognassi è, ancora oggi, una struttura in pietra in parte sventrata, della quale rimangono in piedi solo tre lati e al cui interno si vede ancora la macina e buona parte di quello che era il complicato sistema idraulico che permetteva al mulino di funzionare. Sul lato opposto, dietro al muro rimasto interamente in piedi, ecco la grande ruota del mulino, stretta e alta, arrugginita ma ancora perfetta, per il resto, che da quel che si legge veniva azionata dall'acqua del rio del Fosso del Freddo, ovvero il piccolo corso d'acqua che avevamo superato per ultimo, che pare scenda da Cima Colletta, il luogo dove nasce. Restiamo qui qualche istante ad ammirare il mulino, al quale scatto diverse foto: è in una posizione particolarmente nascosta, c'è il rischio concreto di non vederlo, specie in estate quando la vegetazione è più rigogliosa.

Tornati sul sentiero, ci rendiamo conto di essere arrivati al momento più duro del percorso: la lunga salita alla volta del Passo del Brallo. La mulattiera non concede più respiro e inizia a salire decisamente, regalando belle viste del panorama circostante, che si lascia scrutare tra i tronchi degli alberi privi di foglie, creando uno splendido accostamento di colori tra il blu intenso del cielo e il rossiccio del tappeto di foglie cadute sul sentiero. Possiamo vedere i borghi di Casone e di Pregola, mentre alle nostre spalle c'è Cegni e buona parte dell'alta valle Staffora.

Il bosco cambia lentamente fisionomia e lascia spazio, nell'ultima parte, a un bel castagneto: eccoci arrivati nel "bosco dei giganti", un bosco di castagni secolari che prelude all'arrivo alla frazione di Bralello, della quale iniziamo a intravedere le prime case mentre ancora camminiamo sul sentiero infangato, oltre a una vista del passo del Brallo che improvvisamente compare tra gli alberi.

Arriviamo a Bralello accolti dai cani, che ci vengono incontro abbaiando a più non posso, informando tutto il paese del nostro arrivo. Ci sono tante case in pietra, molto caratteristiche, è la prima volta che vengo qui. In una piazzetta, dove passa la strada asfaltata, ci sono una chiesetta e un ristorante; poco più avanti un bar con tanti ragazzi seduti fuori, nonostante non faccia propriamente caldo. Proseguiamo sull'asfalto fino a una panchina posta nei pressi del cartello che segnala l'arrivo al Passo del Brallo, poco distante dal sentiero numero 101 che conduce verso il Monte Lesima: ci sediamo sulla panchina per bere un sorso d'acqua e vediamo che proprio lì accanto c'è un richiamo al Mulino dei Cognassi, che abbiamo visitato prima. Alle spalle del paese di Pregola, sul quale da qui abbiamo una vista privilegiata, la nebbia avanza e si ritira, lasciando solo in parte intravedere la vetta del Monte Penice con le sue antenne.

Al Passo del Brallo ci siamo arrivati, non ci spingeremo oltre a visitare il paese perché si è fatto tardi, così siamo pronti a ripartire alla volta di Fego, per lo stesso sentiero dell'andata. Se l'andata ci è sembrata piuttosto lunga, il ritorno passa in un baleno, come per la gran parte delle escursioni: sarà perché è tutta discesa, sarà perché ora sappiamo quello che ci aspetta, ma scorre via veloce come il vento, sotto a un cielo che si fa sempre più grigio e minaccioso.

Salutiamo un cacciatore nei boschi di Bralello, poi torniamo a immergerci nel bosco dei giganti e nella ripida discesa che porta al Molino dei Cognassi, che mi volto a vedere dal letto del Fosso del Freddo: effettivamente, il Mulino è nascosto ma con un po' di attenzione, attraversando il rio lo si può scorgere per la presenza della ruota. Torniamo a camminare sulle sponde del rio Montagnola, che attraversiamo più e più volte, fino alle grotte dei briganti. Fego è lì, si vede la chiesa. Sembra guardarsi in faccia con Cegni, sul versante opposto della montagna. La valle Staffora, con un po' di nebbia sullo sfondo e delle sfumature prettamente autunnali a colorarla è bella da fotografare e ne approfitto da diverse angolature, anche se è tardi. Intanto mica ci corre dietro qualcuno.

L'arrivo a Fego passa nel silenzio più assoluto: la gente è a tavola, non c'è un'anima in giro, si sente solo qualche rumore di posate e piatti passando davanti al bar. La macchina è là in fondo, ci vorrà un po' di riscaldamento acceso, al ritorno, perché la giornata inizia ad essere freddina. E intanto, piano piano, iniziamo a scoprire anche la valle Staffora.....

A un passo dalla vetta
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