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IL SENTIERO DEL MUGNAIO

Camminando tra Emilia e Lombardia da Colleri a Pieve di Montarsolo

PARTENZA: Colleri (mt. 900 circa)

ARRIVO: Pieve di Montarsolo (mt. 838)

LUNGHEZZA ITINERARIO: 6,5 km (anello)

TEMPO DI PERCORRENZA: circa 2 h 15 min. (anello)

SEGNAVIA: 125 bianco-rosso

 

Quella di dare un nome ai sentieri, prerogativa dei percorsi realizzati in valle Staffora, l'ho sempre trovata un'idea particolarmente interessante, non fosse altro per il fatto che aumenta la curiosità in chi li percorre. Come nel caso del "sentiero del mugnaio", un percorso che mi è capitato di incrociare con lo sguardo scendendo in macchina sulla strada che unisce il Passo del Brallo alla val Trebbia e che ho finalmente deciso di provare in un pomeriggio autunnale.

Raggiungo Colleri attraverso il Passo del Brallo e sapendo che il sentiero, nella sua prima parte, percorre l'asfalto per poi, terminate le case, divenire mulattiera, decido di recuperare tempo attraversando Colleri per parcheggiarmi in prossimità del cartello che indica la fine del paese.

Indosso zaino e scarponi e mi incammino sull'asfalto, abbandonandolo in prossimità della prima curva verso destra per prendere la traccia di sentiero che si stacca sulla sinistra, che nei primi metri corre parallela alla strada, inoltrandosi poi all'interno di un bosco. Su di un albero, le segnalazioni bianche-rosse e quel che resta del cartello con le indicazioni del sentiero del mugnaio, che qualche tempo fa aveva rapito le mie attenzioni.

Il sentiero avanza pianeggiante conducendo in breve in prossimità di un evidente bivio, nei pressi di un rio dove prosegue verso destra. E' qui però che vengo attirato da qualcosa nei pressi del sentiero: si tratta di un rudere e mentre mi avvicino per scrutarlo meglio, ecco che mi accorgo che si tratta di un mulino. Lo aggiro, portandomi sul retro tra le erbacce e le spine ed ecco ben visibile la grande ruota che prima appena si intravedeva. Il tetto è crollato all'interno dell'edificio e si intravedono i resti di una macina: si tratta del Vecchio Mulino di Colleri ed è davvero un peccato che sia lasciato a questo abbandono. Ma soprattutto, ecco il perché del "sentiero del mugnaio".

Ritorno sul sentiero e oltrepassato il rio su cui si trova il mulino - non a caso Fosso dei Mulini - prendo la mulattiera di destra, che sale leggermente per poi avanzare in piano all'interno del bosco, ricalcando grosso modo l'andamento della strada provinciale per Ponte Organasco dalla quale mi sono sì allontanato rispetto a prima, ma non poi così tanto. La mulattiera è ampia ed evidente, in alcuni punti costeggiata da quel che rimane di antichi muretti in pietra e solo raramente permette di spaziare con la vista sulle montagne circostanti: solo la palla del Lesima sembra intravedersi, di tanto in tanto, sbucare tra i rami degli alberi. Cammino tra i castagneti, su un itinerario pianeggiante e solo occasionalmente "sporcato" da qualche saliscendi, ignorando alcune deviazioni al percorso principale che si incontrano: finalmente, gli alberi si diradano per un istante consentendomi una seppur minima vista in direzione della val Trebbia genovese alle spalle del Monte Alfeo.

Con un occhio al gps che porto con me, cerco di intuire se sono sul sentiero giusto, visto che la sterrata avanza decisa e le segnalazioni si fanno improvvisamente più rade e mi accorgo di avere sbagliato strada, non seguendo il sentiero in occasione di un bivio che non avevo notato. Così, nonostante il percorso non sia più segnalato, mi mantengo sulla mulattiera principale, che ora prende a scendere in direzione di Pratolungo, tornando a correre nei pressi della provinciale.

In prossimità dell'inizio della discesa, ecco comparire sullo sfondo le case di Pieve di Montarsolo, verso le quali sono diretto e che raggiungerò sobbarcandomi un piccolo tratto di asfalto inizialmente non previsto. La ripida discesa, su fondo sconnesso, mi conduce in vista delle case di Pratolungo, in mezzo alle quali sbuco mentre molti stanno caricando le auto per fare ritorno in città. Scendo tra le abitazioni, seguendo le indicazioni per raggiungere l'asfalto diretto a Pieve di Montarsolo: oltre le case, l'inconfondibile sagoma del Lesima è il punto terminale della lunga dorsale che incornicia il panorama, mentre poco più avanti ecco svettare l'arcigno becco del Monte Alfeo.

Raggiunta la strada, la seguo in leggera salita, mentre con un occhio al gps cerco di studiarmi il percorso per fare ritorno a Colleri, seguendo, questa volta, il sentiero segnato: penso che potrei fare un bell'anello e variare un po' l'itinerario che fino a qui, seguendo la sterrata, è stato piuttosto monotono. Intanto, con belle viste sul campanile della chiesa di San Giacomo, verso la quale sono diretto, mi avvicino sempre di più a Pieve di Montarsolo.

La località, dove arrivo per la prima volta, è in comune di Corte Brugnatella, quindi in provincia di Piacenza, seppur di poco visto che siamo quasi ai confini con la provincia di Pavia: sorge sulla sinistra della strada, mentre sulla destra svetta, solitaria, la chiesa di San Giacomo Apostolo, che raggiungo dopo numerosi scatti fotografici: è particolarmente suggestivo ammirarla con le montagne della dorsale del Lesima sullo sfondo.

La chiesa è già citata in un documento dell'862 - verosimilmente come oratorio - e nella sua versione attuale è stata costruita nei primi anni del Novecento (1914-1915, restaurata pochi anni fa), pur conservando la facciata e il campanile risalenti al XVIII secolo: la sua particolare caratteristica è quella di conservare, all'interno del nuovo edificio, parti della muratura appartenenti alla struttura precedente. La raggiungo dal retro e trovandola aperta, decido di entrare per una breve visita: all'interno, tra i vari arredi religiosi, spicca un quadretto dove si trova l'intitolazione, operata dal vescovo di Bobbio Mons. Pietro Zuccarino, a "Santuario della Madonna della Guardia", risalente al 1973.

All'uscita, attraverso l'ampio piazzale che si trova di fronte alla facciata e ne approfitto ancora per scattare qualche foto: nelle immediate vicinanze della chiesa, si può ammirare la cosiddetta "rovere grossa", un esemplare di roverella protetto dalla Regione Emilia Romagna, risalente a oltre mille anni fa, che - notizia proprio di questi giorni - è crollata sotto il peso dei suoi anni.

Lascio la chiesa per tornare sull'asfalto e, questa volta, seguire le segnalazioni del sentiero 125, che sale tra le case della frazione, attraversandole con ampi tornanti: mi godo altre belle viste sul Lesima e sull'Alfeo, quindi seguo la traccia che si infila oltre le case sullo sterrato. La seguo in leggera salita, con l'aiuto delle segnalazioni sui tronchi degli alberi ai numerosi bivi che incontro: dopo aver tenuto la sinistra al primo bivio, mi mantengo a destra al successivo ed, infine, mi tengo nuovamente a sinistra (l'ultimo bivio è poco segnalato), raggiungendo, dopo un improvviso saliscendi e dopo aver evitato una sterrata che scende verso Pratolungo, un'ampia zona prativa dove improvvisamente si apre la vista verso Pieve di Montarsolo e verso la val Trebbia piacentina, in particolare sul borgo di Cerignale. La vista, particolarmente ampia in questo punto, raggiunge anche le montagne della val d'Aveto, dove spiccano la Ciapa Liscia e il Monte Bue, oltre ai consueti Alfeo e Lesima: il sole del pomeriggio, illumina il paesaggio rendendolo oltremodo piacevole.

Lasciata la zona prativa, con una breve discesa raggiungo l'intersezione con la sterrata che unisce Colleri a Pratolungo, al bivio che all'andata non avevo notato e la ripercorro, questa volta in leggera salita, in direzione di Colleri, che raggiungo in mezz'oretta dopo aver superato i ruderi del vecchio mulino.

Un'escursione semplice e alla portata di tutti, che con un po' di fantasia involontaria, ho trasformato in un piacevole anello alla scoperta di un angolo di quattro province che conoscevo ancora poco.

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A un passo dalla vetta
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