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LA MALEDIZIONE DEL GIAROLO

Ancora una volta, il maltempo mi costringe a cambiare i piani...

PARTENZA E ARRIVO: Caldirola, Colonia provinciale (mt. 1100)

TAPPE INTERMEDIE: bivio Rif. Orsi, Monte Panà, Passo Bruciamonica, Monte Gropà 

LUNGHEZZA DEL PERCORSO: poco meno di 6 km

TEMPO DI PERCORRENZA: 3 h. 15 min. circa
SEGNAVIA: bianco-rosso 106; bianco-rosso 200

 

 

Com'è stato il post-ciaspolata della scorsa settimana? Facciamo la conta dei morti e dei feriti.

Mi ci sono volute 16 ore consecutive di sonno, con l'aggiunta di una giornata intera in pigiama a guardare fuori dalla finestra, per rendermi quantomeno presentabile all'esterno. Sono riuscito a tornare al lavoro in condizioni appena decenti, ma il dolore ai muscoli delle gambe, alla schiena, si faceva sentire ogni volta che provavo ad abbassarmi o a sedermi. Avere 30 anni, ma sentirsene 70. La ripresa piena c'è stata solo verso metà settimana, ma sono già pronto a ripartire. Questo per quanto riguarda me, che sono comunque allenato perché non mi fermo mai.

"La tua socia è ancora viva?" direte voi. Bella domanda!

Inizialmente non l'ho sentita male, a parte qualche insulto arretrato che si era dimenticata l'altra sera. Ora però, all'approssimarsi di una possibile nuova camminata, l'ho sentita parecchio spaventata. C'è da capirla: 14 e rotti chilometri nella neve fresca sono un'impresa mica da ridere, soprattutto se ciaspoli da poco più di un mese. Non è un lavoro andare a camminare, è una passione, vieni se te la senti. Credo che lei sia ancora un po' nauseata dall'ultima volta, meglio lasciargliela smaltire. Resta la consapevolezza di aver percorso un itinerario tanto lungo, tanto faticoso, quanto affascinante. I nostri occhi hanno visto delle meraviglie che altri possono solo immaginare.

Io devo pensare al giro da fare oggi, mah. Sono sempre indeciso quando ci sono delle giornate di tempo così incerto. Le previsioni danno cielo coperto, e pioggia debole dall'una del pomeriggio in poi. Sicuramente non farò un giro troppo lungo, perché con questo tempo non ne vale la pena, però vorrei rimanere su un buon chilometraggio - e soprattutto su buoni dislivelli - per mantenermi allenato dopo la durissima ciaspolata della scorsa settimana.

Ho sempre un pallino in testa: il Giarolo. Al Giarolo con la neve non ci sono ancora andato, due settimane fa il maltempo mi ha impedito di arrivarci, oggi potrebbe essere la giornata giusta. Capite però che per un caldirolese abituato a camminare, dire "vado al Giarolo" è come dire "vado in giardino a bagnare i fiori". Non è che me la tiro, i dislivelli sono comunque buoni (si parte da 1100 mt. e si arriva a 1473 mt.), ma è un'escursione "fatta in casa", non so se mi spiego. Per questo motivo, ogni volta che vado al Giarolo cerco sempre il modo di allungare il sentiero, per renderlo un po' più faticoso: ci sono diversi modi per arrivare al Giarolo facendo più fatica, ma oggi deciderò - come spesso faccio - lungo il sentiero. Improvvisiamo.

Quando mi sveglio, con l'unico occhio che ho aperto noto che c'è perfino un po' di sole. Apro velocemente anche l'altro occhio e mi butto giù dal letto, ancora tutto assonnato. Mi preparo piuttosto velocemente, pensando che con un po' di sole, anche le foto potrebbero essere più belle, e avrei anche più voglia di camminare. Da buono stronzetto scrivo due battute alla mia compagna di viaggio, che se ne è rimasta a casa, giusto per farla sentire un po' in colpa, poi mi accerto di aver preso tutto l'indispensabile e vado verso la macchina. Ho preso tutto? Mmmm...diciamo di sì? Ok, si va.

Alla Colonia provinciale c'è solo la mia macchina. Non un'anima, evidentemente tutti hanno visto le previsioni del tempo e hanno preferito restarsene a casa. Io no, io ho la fortuna di dormire a quattro passi dai sentieri. Indosso le ciaspole, le stringo bene e mi metto in marcia, ancora una volta sul sentiero 106, in direzione del Rifugio Orsi. Appare quindi ben chiara la mia volontà di allungare il giro: il Monte Giarolo è dalla parte opposta. 

Forse non lo sapete, ma è nevicato di nuovo: tra domenica e lunedì sono caduti oltre 50 cm di neve fresca, bagnata però - durante la settimana - da un po' di pioggia. Dai primi passi che faccio sulla neve, mi accorgo subito che è bagnata marcia, molle. Si scivola, si affonda. Però di neve ce n'è un sacco. Diciamo che senza l'ultima nevicata, non so se oggi sarei di nuovo riuscito a ciaspolare: molti punti del sentiero sarebbero stati senza neve. 

Il cielo cambia mille volte, mentre cammino. Ora è grigio, ora un po' azzurro, ora quasi nero. Non lo sa neanche lui cosa vuole fare. Io vado avanti, guardandomi attorno come se facessi quel sentiero per la prima volta, alla ricerca dell'immagine giusta da scattare, usando lo sguardo come l'obbiettivo di una macchina fotografica. Cerco di guardare dove di solito non guardo mai, nei posti più nascosti, alla ricerca di qualcosa che non ho mai visto. Arrivo al bivio per la Fontana Nascosta, quello che avevo seguito due settimane fa. Lancio una rapida occhiata in direzione del sentiero e ripenso alla quantità di neve che c'era l'ultima volta: con tutta quella che è appena caduta, ora non riuscirei nemmeno a sollevare le gambe. Proseguo allora a sinistra, in leggera salita, seguendo le indicazioni per il Rifugio. Tra gli alberi secchi si intravedono i tetti delle case di Caldirola, ma non riesco a scattare una bella foto perché gli alberi sono troppo fitti e ne risulterebbe un'immagine incomprensibile.

Mi fermo a rifiatare un po' su di un pianoro, all'interno del bosco. Nonostante il tempo non sia dei migliori, non fa freddo, anzi. Con la giacca sto morendo di caldo, ma non mi va di toglierla. Pianto i bastoni nella neve e scatto una bella foto con le racchette in primo piano e il Monte Giarolo sullo sfondo, proprio là dove vorrei arrivare oggi. Ma, a proposito: come ci arrivo al Giarolo? Da dove passo? Mi sto allontanando sempre di più! Le alternative sono due: o imbocco il sentiero 115, che incontrerò di lì a breve, oppure proseguo fino al versante del Panà e lo risalgo sulla destra.

La decisione è piuttosto veloce e la prendo quando ho ripreso a camminare, proprio mentre le nuvole si spostano e lasciano che il sole illumini, tra gli alberi, il manto bianco di neve. Arrivo all'intersezione con il sentiero 115, stracolmo di neve e sul quale nessuno è ancora passato: lo guardo con occhio non troppo convinto e penso "mi faccio il Panà. Ho da mangiare, ho da bere. Anche se allungo ancora un po' il giro, che sarà mai..".

Diciamo che la fatica della ciaspolata al Carmo è già un ricordo, perché se ho deciso di salire al Panà dal versante della Val Curone, vuol dire che le gambe me le sento bene. Arrivo al cancello dove si apre la vista sull'Ebro, sul Chiappo e sulla palla del Lesima, mi stringo gli scarponi e riparto immediatamente in salita, verso il Panà.

Anche qui non è ancora passato nessuno: sono il primo, che onore. Che onore e che fatica, soprattutto, perché nella neve bagnata marcia si fatica a camminare: un passo avanti e due indietro. Ci sono poi dei punti in cui il vento ne ha ammucchiata tanta, così tanta che camminare diventa quasi impossibile. Meno male che i bastoncini mi aiutano: come ho fatto a camminare sempre senza?!

Salgo abbastanza bene, nonostante la fatica, almeno fino al punto in cui finisce la vegetazione. Qui mi fermo, e guardando la salita ripida di fronte a me mi viene improvvisamente voglia di bere. Pianto le racchette, tolgo lo zaino e inizio a frugare dentro. "Ma...l'acqua? Noooooo....." mi sono dimenticato l'acqua. Il vino oggi non era previsto, ma almeno l'acqua, cavolo. Chissà a cosa stavo pensando quando preparavo lo zaino.

Vabè, che vuoi fare. Là sopra ci devo arrivare, quindi tanto vale rimettersi in cammino e la sete farsela passare. Al massimo mangerò un po' di neve, se diventerà insopportabile.

L'ultimo tratto è il più faticoso, la pendenza è eccessiva e con la neve bagnata impiego il doppio del tempo. Però quando arrivo in cima vedo che qui la neve, come previsto, se ne sta andando e ci sono già delle chiazze in cui si vede l'erba. Ho rispettato la tabella di marcia, ho fatto tutto sommato presto ad arrivare fino a qui. Pianto i bastoncini nella neve, davanti a me, e mi siedo per fare una piccola merenda. Un po' di cioccolato può bastare, una cosa veloce. Mentre mangio, scatto una foto al panorama del Monte Giarolo, con i miei bastoncini in primo piano: una foto che esprime tutta la solitudine della mia giornata, con il cielo grigio e i miei bastoncini, tristemente soli. La invierò a Francesca: è chiaramente una battuta, ma mi manca, quella maledetta e non perdo occasione di farglielo notare.

Mi rialzo velocemente, sono deciso ad arrivare al Giarolo e visto che il tempo tiene, devo rispettare i tempi che mi sono imposto. Rimetto lo zaino in spalla e inizio la discesa dal Panà, fermandomi solo ogni tanto a scattare qualche immagine dello splendido panorama della Val Curone. Più distante non si può guardare, oggi il cielo è grigio e non ci sono mare o alpi che si possano vedere. In fondo alla discesa del Panà, la neve aumenta incredibilmente. Il sentiero passa in una zona che nonostante sia perfettamente esposta ai raggi del sole, ospita una quantità incredibile di neve. I paletti che delimitano i confini sul crinale, ogni volta che passo sono sempre più sommersi. Oggi si vede solo la punta: sembra quasi che la neve qui, anziché sciogliersi, aumenti settimana dopo settimana.

Qui vicino, tra l'altro, è dove quella pazza di Francesca aveva fatto lo stampo nella neve: mi metto a ridere da solo mentre cammino, ripensandola coricata sulla neve come un pupazzo. E' la prima volta che passo di qui dopo quella giornata, ma come prevedibile, non si vede più niente: è passato oltre un mese, e tra sole, pioggia e neve, le nostre risate di quella giornata sono state cancellate via. Non dalla mia testa, però, e neanche dai miei racconti.

Continuo a camminare in direzione di Passo Bruciamonica, senza che davanti a me si possa riconoscere un sentiero o qualcosa di simile. Troppa neve, ovunque si cammina si affonda con mezza gamba. Seguo le impronte degli animali: cinghiali, lepri, e questa volta - ne ho quasi la certezza - quelle del lupo. Supero l'ultimo boschetto, e arrivo alla selletta panoramica nei pressi di Passo Bruciamonica, letteralmente sommersa dalla neve: si fa quasi fatica a passare.

Scendo di qualche metro in direzione delle piste da sci, e le risalgo in direzione del Monte Gropà. Dietro a una curva del sentiero incontro tre bambini armati di sci che scendono cercando di non cadere. Li saluto, e loro mi rispondono con un "Salve, signore" che mi demoralizza di colpo. "Non hai più 20 anni" mi dico mentre cammino con la testa bassa. "A volte non te ne rendi conto, ma potrebbero essere i tuoi figli". Momento tristezza, avete presente quando di colpo scopri una realtà che continuavi a ignorare? Ecco.

Superati i resti del convento di Brusamonica, salgo leggermente alla volta del Monte Gropà. Mentre cammino, mi giro indietro: la cima del Panà non si vede più, inghiottita dalla nebbia che scende velocemente. "Porcamiseria, lo sapevo", mi dico, annusando l'aria. Di fronte a me compare l'arrivo della seggiovia di Caldirola, con il Rifugio del Monte Gropà. Alle loro spalle, il Giarolo scompare nella nebbia, c'è aria da pioggia. Di nuovo. Non è possibile. Ma cosa devo fare per andare al Giarolo??

Due sciatori stanno scendendo dalla seggiovia. Dietro di loro l'amico Pigi, che sta lavorando proprio per gli impianti di Caldirola. Lo raggiungo e facciamo due parole. Gli dico che arrivo dal Panà, e che sarei andato al Giarolo, ma... "ma dove vai, non vedi che tempo? tra un po' piove..dall'una, hanno detto..". Ha ragione, ma volevo sentirmelo dire, ora sono certo che al Giarolo non ci andrò. E ho anche scoperto che guardiamo le stesse previsioni del tempo.

Lo saluto e mi incammino in discesa sulla prima pista che incontro.Dopo un primo tratto in piano, una curva in ripida discesa. Mi partono i piedi all'improvviso, provo a piantare i bastoncini per tenermi in equilibrio ma mi faccio solo più male ancora. I bastoni rimangono in piedi nella neve, io scivolo giù come una slitta, non riesco a fermarmi. Mentre cerco di rialzarmi, mi viene da voltarmi indietro per cercare con lo sguardo Francesca che mi fotografa. "Meno male che non mi ha visto nessuno", penso, lanciando maledizioni per la salita che dovrò fare per recuperare i bastoncini.

Mi rimetto sul sentiero, mentre il vento spinge davanti a me un muro di nebbia. Sento qualcuno dietro di me, mi giro: una ragazza con lo snowboard mi arriva di fianco e si ferma. Si toglie gli occhialoni e abbastanza confusa mi chiede "Ma scusa, quali sono le piste??". Non ha tutti i torti, non si vede più niente. Cerco di spiegarle la strada che deve seguire, ma lei non è molto convinta. "Vado fino lì sotto, poi ti aspetto e scendiamo insieme" mi dice. Il problema è che io vorrei passare da un'altra parte, così la raggiungo, aspetto che si rialzi e le indico la strada da seguire. Sarà arrivata in fondo??

Io intanto scendo su di una pista non battuta, leggermente meno ripida. Faccio la strada io, visto che la neve è ancora perfetta, come appena caduta. Il tempo ormai si è compromesso, sempre più grigio, sempre più nebbia. Arrivo in breve all'incrocio con le piste battute, che percorro per l'ultimo tratto, fino ad arrivare alla Colonia, punto di partenza della mia ciaspolata.

La stagione delle ciaspolate si è prolungata davvero a lungo. Mentre tolgo le ciaspole, penso che potrebbe essere l'ultima volta che le indosso, per quest'anno. Speriamo di no, speriamo che la neve tenga ancora un po'. Il prossimo fine settimana è Pasqua, avrò a disposizione tre giorni per camminare: vorrei che il tempo mi consentisse di fare almeno un giro, ma quest'anno vai a capire cos'ha in mente. Vedremo, mettiamoci il cuore in pace perché intanto non dipende da noi. Il problema è che di questo passo, al Giarolo con la neve non riuscirò mai ad andarci! Temo che dovrò abbassare le mie pretese, e fare un veloce blitz al Giarolo qualche mattina che non piove. Come le prime volte che camminavo, quando arrivare al Giarolo mi dava la stessa soddisfazione di aver completato il cammino di Santiago...

A un passo dalla vetta
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