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L'ANELLO DELLA PINETA DI BRUGGI

Là dove finisce la Val Curone

PARTENZA E ARRIVO: Bruggi (mt. 1023)

TAPPE INTERMEDIE: Pineta, Piani d'Inforca, Monte Garavé, Colle della Seppa

LUNGHEZZA DEL PERCORSO: circa 10 km

TEMPO DI PERCORRENZA: 3 h. circa
SEGNAVIA: nessuno, ma percorso ben visibile

 

 

Quando le giornate nascono storte c'è poco da fare. Prendete la mia ultima escursione: mi sveglio al mattino, dopo aver guardato per una settimana le previsioni (che per oggi davano bello e caldo..) e vedo che il cielo è sereno e un timido sole sta iniziando ad uscire. Ecco, da questo momento in poi io il sole non l'ho più visto. Massì, è previsto qualche temporale, forse, ma nel tardo pomeriggio. Io vado al mattino, non mi interessa. Un par di palle cari signori miei, non saranno temporali di quelli con lampi e tuoni, ma mi prendo ben due diluvi, il primo per fortuna veloce, il secondo infinito e intensissimo. Porcamiseria, che giornatina. Ma facciamo un passo indietro.

L'escursione che ho fatto oggi è soltanto la versione rivista e corretta di altre due escursioni più lunghe che avrei voluto fare, ma che poi il cambiamento di condizioni climatiche non mi ha permesso di portare avanti. E così ho optato per questo anello, il cui percorso si snoda per larga parte all'interno di una pineta, con discreti dislivelli e non molti, purtroppo, punti panoramici.

La partenza è da Bruggi, meraviglioso paesino incastrato nell'estremo angolo sud-orientale del Piemonte e circondato dalle montagne dell'appennino delle quattro province. Oltre queste montagne è Lombardia, oltre queste montagne è Emilia Romagna. Sembra di essere in un mondo a parte, lontano da tutto. Bruggi, in provincia di Alessandria, è raggiungibile con la SP100 della Val Curone e, nell'ultimo tratto con la SP113. Le ultime curve prima di arrivare a Bruggi danno l'impressione di andare a incunearsi in uno stretto vicolo di terra formato dai versanti delle montagne, qui così vicine che sembrano quasi toccarsi. Bruggi compare all'improvviso, annunciata dal cartello stradale, superato un piccolo ponte sul torrente Curone, che da queste parti nasce: le case spuntano all'improvviso, sulla nostra sinistra, addossate le une alle altre, mentre di fronte a noi vediamo la Chiesa e il cimitero del paese. Parcheggio l'auto tra la Chiesa e il torrente, poi a piedi proseguo sulla strada asfaltata oltre la Chiesa per girare, in corrispondenza di una fontana, a destra su di una strada sterrata che è segnalata, all'inizio, con il numero 116 ed il segnavia bianco-rosso.

Mantenendo la sinistra al primo bivio, il sentiero inizia a salire lentamente e regala alcune viste sul campanile della vicina Chiesa. Tralasciato un ulteriore bivio a destra (che porta all'acquedotto), si sale fino ad arrivare ad una biforcazione: il sentiero di destra è quello segnalato con il numero 116, che attraverso Pian del Lago conduce al Monte Chiappo; il sentiero di sinistra invece prosegue senza segnalazioni, ma conduce nella pineta di Bruggi. 

La mia idea iniziale era quella di salire a sinistra, in pineta, per poi raggiungere il Monte Chiappo e ridiscendere attraverso il sentiero numero 116, così seguo il mio programma e salgo a sinistra. Posso già notare, però, come dalla partenza del sentiero a terra vi siano innumerevoli pozzanghere, tanto che mi viene quasi da pensare ad una deviazione per il mio percorso: una volta arrivato sul Chiappo, potrei scendere a Bocche di Crenna e da lì ritornare a Bruggi attraverso la strada delle Stalle di Salogni. Allungherei il giro, ma eviterei di infangarmi completamente. Vedremo, per ora salgo.

Il sentiero, sempre ben visibile, inizia a salire più decisamente e svolta a sinistra, offrendo poi alcuni tornanti. Il giallo dei maggiociondoli contrasta con il cielo grigio che si fa via via sempre più cupo. E' pazzesco notare quanto poco ci abbia impiegato il tempo a cambiare, ma in montagna sappiamo che è così. Mantenendo sempre la sterrata principale, superati alcuni punti in cui il sentiero costeggia un rio che scende con delle belle cascatelle, mi imbatto in un ulteriore biforcazione. Ci saranno molti altri bivi, da qui in poi, ma mi sento di dire che la scelta della strada da seguire diventa poi ininfluente, perché conducono tutti al medesimo posto. Io a questo bivio - in corrispondenza di un tavolo in legno da pic-nic con le panche - proseguo dritto ed incontro, poco dopo, una piccola fontanella incastrata sul lato del sentiero e, accanto, una croce incastrata all'interno di un tronco. 

La salita si fa molto ripida e voltandomi alle spalle inizio ad intravedere, tra i pini, la sagoma del Monte Ebro alle mie spalle. Dopo un ulteriore tornante, nel pieno centro della pineta, noto sulla destra una piccola capanna, con tavoli e panche, che mi fermo a fotografare. Riparto sempre su di una ripida salita tra i pini, mentre il cielo si fa sempre più grigio e mi sembra di sentire cadere qualche goccia, proprio mentre incontro un altro bivio. Questa volta salgo a sinistra, passando in mezzo ad una pietraia e il sentiero, che poi svolta subito a destra e riprende a salire, mi regala qui delle belle viste, oltre che sull'Ebro, anche sul valico di Bocche di Crenna e sul rifugio del Monte Chiappo. La pioggia si fa via via più insistente e dopo un altro ripido tratto di salita, in un punto in cui il sentiero spiana leggermente, pieno di legna tagliata e accatastata, decido di fermarmi per ripararmi sotto alle foglie. Mentre mi metto il k-way, vedo poco distante da me un capriolo che scappa in mezzo ai pini e si dirige verso il bosco. Guardo la pioggia cadere e sento il verso di un animale, che sembra non essere distante da me. Il richiamo è insistente, la vocina dell'animale acuta: subito penso si tratti di qualche uccello, poi però guardo meglio verso la direzione da cui il verso pare provenire e mi accorgo di qualcosa di strano.

Tra due tronchi, proprio vicino a dove avevo visto il capriolo scappare, vedo una minuscola sagoma marrone che sembra muoversi. Per un attimo penso di essere impazzito, ma poi mi avvicino spinto dalla curiosità: un cucciolo di capriolo, che sembra davvero nato da pochissimo tanto che fa quasi fatica a restare in piedi, stava chiamando la madre (che è scappata quando mi ha visto arrivare) ed ora, impaurito, sta cercando di scappare. Il problema è che non ci riesce e così decide di mimetizzarsi stendendosi in mezzo all'erba alta. Mi avvicino sempre di più, armato di macchina fotografica e inizio a scattare foto a questa meraviglia di animale. Piccolo così non l'avevo mai visto, sembra un peluche: la schiena, scura con tante macchioline chiare, quasi bianche, sembra un'altra cosa rispetto invece alla testa dell'animale, molto più chiara di colore. E' spaventatissimo e sta ansimando, poi di colpo smette anche di ansimare e rimane immobile nascosto tra l'erba. Vedo che poco distante, dietro al tronco di un pino, c'è una conca con l'erba tutta schiacciata, sembra che la madre e il piccolo fossero coricati qui, prima del mio arrivo. Mi avvicino ancora di più e con il bastoncino cerco di spostare l'erba per fotografare il muso dell'animale, sempre immobile: le orecchie spuntano dall'erba, mentre dietro ai fili d'erba, un occhio nero, spalancato e impaurito, non smette di fissarmi. Chissà che paura deve essersi preso. La tentazione di prenderlo in braccio è forte, ma non lo tocco, altrimenti il mio odore coprirebbe quello dell'animale e la madre non lo troverebbe più. Non voglio rompere il delicato equilibrio della natura. Mi rimetto in cammino, con il piccolo capriolo ancora in mente, mentre sta smettendo di piovere.

Poco distante, un'altra capanna (capanna è una parola grossa, c'è un tetto e poco più) preannuncia il mio arrivo ai Piani d'Inforca: da qui, in pochi minuti sarò sulla costa, esattamente a metà strada tra i monti Rotondo (mt. 1568) e Garavé (mt. 1549). Intanto, un altro capriolo con dei balzi velocissimi mi taglia la strada e corre in mezzo ai pini. Dal punto in cui sbuco, scatto subito qualche foto della cima del Chiappo, ancora molto distante, dell'Ebro e delle Stalle di Salogni. Faccio per dirigermi verso il Chiappo, poi guardo il cielo e mi dico "Meglio andare dall'altra parte: è più corta e questo tempo non mi lascia tranquillo". Tra una pozzanghera e l'altra, circondato dalle mosche che oggi sono davvero assatanate, percorro la linea di crinale della "Via del Sale" in senso contrario (in direzione di Forotondo e Varzi, per intenderci) e giungo in breve sul Monte Garavé da dove posso ammirare il panorama verso alcuni paesini della Alta Valle Staffora, come Barostro, Cencerate e Samboneto. Alle mie spalle, la palla-radar del Lesima. Da qui ci sono anche alcune belle viste sul Monte Giarolo, con le sue antenne, e su Caldirola e Montecapraro, che però sono poco visibili a causa di questa maledetta foschia. Il tempo è strano, non mi convince. In breve arrivo al Colle della Seppa (mt. 1485), dove transita la strada sterrata che collega Bruggi alla Val Staffora e ne approfitto per scattare qualche foto dai dintorni del valico, oltre che al vicino Monte Bagnolo e al Monte Carmo.

Appena mi immetto sulla sterrata che riporta verso Bruggi, una goccia, poi due, poi dieci, poi cento, poi il diluvio. Il di-lu-vio. Non so dire quanta acqua abbia buttato giù, ma proprio "a secchiate". Un fiume scende per la strada, di fianco a me, mentre mi fermo a imboscare la macchina fotografica. Per un po' cammino senza fermarmi, solo con il k-way, poi quando proprio non riesco più a resistere vado a ripararmi sotto alle foglie di una pianta e rimango fermo una decina di minuti in attesa che smetta, o che almeno cali un po' di intensità. Sono marcio, se strizzassi i pantaloncini riempirei un secchio. 

Quando smette e mi rimetto in cammino nel giro di pochi secondi esce il sole, che inizia anche ad asciugarmi nonostante sia bagnato come un pulcino. Io nel frattempo ho superato le Stalle di Bruggi e sono giunto quasi al termine della strada inghiaiata, in corrispondenza delle ultime case di Bruggi. Faccio il mio ingresso in paese dall'alto, incontrando subito la piazzetta in cima a Bruggi e la bella fontana che domina il paese. Scatto alcune foto e scendo tra le case, ripensando inevitabilmente a quando ero piccolo e facevo questa strada di corsa. Eh si, perché Bruggi è il paese di mia madre, spesso passavo le giornate qui dai nonni. A metà paese circa, la casa dei nonni, ora abitata dallo zio, che è seduto su di una panchina in giardino. Mi vede arrivare e corre a prendermi le uova fresche che hanno fatto le galline, poi mi chiede di accompagnarlo nell'orto per darmi una borsa di verdura appena raccolta. Ogni volta è così, che vuoi fare. Io ringrazio, lo saluto e bevo un sorso al fontanino davanti a casa, poi torno a riprendere la macchina. 

Sono passate oltre 3 ore dalla mia partenza, e devo dire che di cose ne sono successe, oggi. Il sole, la pioggia, il fango. Gli itinerari cambiati in corsa. Il cucciolo di capriolo... probabilmente, ogni volta in cui ripenserò ad oggi, mi verrà in mente quell'occhione scuro spalancato, fermo immobile a fissarmi. "Speriamo almeno che la madre lo abbia recuperato, visto che non l'ho toccato apposta", penso, mentre tolgo il k-way grondante di acqua. Era così piccolo che faceva tenerezza anche a un bestione come me, che poco meno di una settimana fa ero in Germania con davanti un tagliere di salame di capriolo a leccarmi i baffi.

Per oggi la mia opera buona l'ho fatta.

A un passo dalla vetta
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