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DA CAPANNE DI COSOLA AL LEGNA'. E DAL LEGNA' A DAGLIO

Abbandonare il sentiero 200 per il 230, a volte, non è la scelta più saggia..

PARTENZA: Capanne di Cosola (mt. 1.493)

ARRIVO: Daglio (mt. 957)

LUNGHEZZA DEL PERCORSO (a/r): circa 20 km

TEMPO DI PERCORRENZA (a/r): circa 8 ore

SEGNAVIA: in parte bianco-rosso 200, in parte bianco-rosso 230, in parte bianco-rosso 229

 

 

Cambiare idea in corsa: ogni tanto ho il vizio di farlo, ma non sempre gli esiti sono dei migliori.

E’ il caso di questa volta, quando partito deciso a seguire un itinerario, l’ho abbandonato a circa metà percorso seguendo un sentiero nuovo, che mi ha portato…a casa appena prima che facesse buio. E’ andata bene, và.

Metà agosto, voglia di inaugurare le ferie con una bella escursione in alta montagna. Ho pensato alle Capanne di Cosola, come partenza: arrivo al Carmo, una bella traversata che non percorro da qualche tempo. La mattina è calda, il cielo sereno con qualche piccola velatura, ma nonostante tutto il tempo sembra essere propizio per una bella camminata.

Raggiungiamo con la macchina le Capanne e percorriamo un tratto della strada asfaltata per Bogli e Artana, parcheggiando in un piccolo slargo poco distante. Scarponi, zaino e si va: per alcune centinaia di metri sull’asfalto, poi appena troviamo il sentiero, non segnalato ma riconoscibile, saliamo con un piccolo strappetto innestandoci sul sentiero numero 200 proveniente dalle Capanne di Cosola. Davanti a noi, la prima salita verso il Cavalmurone. Il panorama è una gioia per gli occhi: sulla nostra destra una splendida vista dell’alta Val Borbera, mentre sul lato opposto ecco il Lesima, imponente con la sua palla in cima e, poco più in là, spunta il profilo minaccioso dell’Alfeo.

Affrontiamo di buona lena la prima salita, quindi, dopo una brevissima spianata, ecco la seconda rampa, altrettanto ripida, verso la prima cima del Cavalmurone. Quando la raggiungiamo, ci voltiamo alle spalle per ammirare la strada che abbiamo già percorso e per vedere quanto già sono distanti i piccoli tetti rossi delle Capanne, ai piedi del Chiappo.

Finalmente un po’ di piano: manteniamo la linea di crinale, raggiungendo in breve il cartello che ci indica la vetta del Cavalmurone (1662 mt.) e ci godiamo la meravigliosa vista sulla val Boreca alla nostra sinistra. Una nuova discesa, poi ancora su, con una breve rampetta, verso la seconda cima del Cavalmurone, non segnalata, dove voltandoci possiamo vedere uno splendido panorama con la prima cima che abbiamo abbandonato poco fa incastrata esattamente tra l’Ebro e il Lesima.

La camminata procede bene: là di fronte ecco l’anticima del Legnà, che raggiungeremo dopo l’ennesimo saliscendi della giornata e, da lì, potremo scendere a rotta di collo verso l’omonimo passo, proseguendo poi alla volta del Carmo, che nel frattempo comincia a spuntare in lontananza con la sua piramide.

Scendiamo su di un fondo sassoso, guardando le case di Montaldo e Aie di Cosola alla nostra destra, per poi risalire velocemente con un piccolo strappetto a quello splendido punto panoramico che è l’anticima del Legnà (mt. 1648), dove ci fermiamo per una breve sosta fotografica visto che, nel frattempo, sotto di noi, sul lato della val Boreca, ha fatto la propria comparsa il borgo di Bogli e, di fronte, sono meglio visibili anche i minuscoli borghi emiliani di Pizzonero e Suzzi.

Se non che, mentre scattiamo una foto, ci rendiamo conto che un nuovo cartello è stato posizionato poco distante: sentiero 230, che passando per il Monte Legnà, dovrebbe condurre alla Fontana dell’Arbia e, quindi, in un’ora e mezza di cammino, alla frazione di Daglio.

“Hai visto? Hanno segnato il sentiero per Daglio, quello che volevamo fare da qualche anno!”

“Eh, faremo anche questo!”

“Ci vuole solo un’ora e mezza….”

“Facciamolo oggi? Intanto al Carmo ci siamo già stati tante volte…”

“Dai dai!!”

Abbandonate le idee di inizio mattina, raggiungiamo così con una breve deviazione a filo di staccionata la cima vera e propria del Monte Legnà (1669 mt.), dove è posta una piccola croce di ferro e da cui si può ammirare uno splendido panorama dell’alta val Borbera e, in particolare, della zona di Cosola. Oltre la croce, il sentiero inizia ripidamente a scendere in direzione dei tetti delle case, per poi svoltare bruscamente a sinistra e seguire la linea di crinale mantenendo sempre come riferimento la staccionata. Da qui, possiamo ammirare per la prima volta il versante roccioso del Monte Legnà, ripido come pochi altri.

Il sentiero, seppur dolcemente, continua inevitabilmente a scendere e regala una bellissima vista sulla chiesa di San Rufino in Cerendero di cui ho parlato nel mio libro “I villaggi di pietra” e anche sul villaggio di Agneto, oltre che, ovviamente, su Montaldo di Cosola e Aie di Cosola.

Quando la discesa si fa più decisa, si perde quota in un attimo e si raggiunge una zona in cui il sentiero, sempre ben segnalato, entra in un piccolo boschetto, al termine del quale si immette in un ampio prato circondato da una marea di pini, che conferiscono alla zona una connotazione decisamente montana. Il prato è ampio e soleggiato e regala una splendida vista su Cosola e sul crinale che dal Cosfrone raggiunge l’Ebro e il Chiappo, fino alla palla radar del Lesima: potrebbe essere il posto ideale per pranzare, visto che camminiamo ormai da diverso tempo e, se è vero quello che c’è scritto nel cartello, l’ora e mezza prevista per Daglio dovrebbe essere quasi passata, tradotto “ci siamo quasi”.

Così ci sediamo all’ombra, mettendo qualcosa sotto i denti per rifare il pieno per il resto della camminata, rialzandoci dopo una mezz’oretta: sono quasi le due del pomeriggio e dai nostri calcoli, dovremmo essere quasi arrivati a Daglio. Se non fosse che, rialzatici dalla sosta, continuiamo a scendere sul sentiero fattosi nel frattempo meno evidente accorgendoci che sugli alberi non ci sono più le segnalazioni bianco-rosse. Oh-oh.

Continuiamo a scendere e, fuori dal bosco, vediamo in lontananza il profilo di un cartello, in corrispondenza di una carrareccia: meno male, saremo arrivati! Oppure sarà la Fontana dell’Arbia, che era menzionata nei cartelli sul Legnà e che non abbiamo ancora trovato!

Quando ci avviciniamo a leggere il cartello, rabbrividiamo: Daglio 1 ora e 30 minuti, la stessa distanza che era indicata dai cartelli sulla cima del Legnà. Qui c’è qualcosa che non quadra: guardando bene il cartello, ci accorgiamo che il sentiero su cui stiamo camminando ora è il 229 e non più il 230, che abbiamo perso nei dintorni del prato dove ci siamo fermati a mangiare.

Che fare? Abbiamo perso il sentiero e ci siamo innestati su di un altro, fortunatamente sempre per Daglio, anche se decisamente più lungo e a questo punto, vista l’ora che si è fatta, arriveremo alla nostra destinazione che saranno passate le quattro del pomeriggio! E dobbiamo tornare…

Non perdiamo tempo, se vogliamo andare a Daglio, muoviamoci. Ci incamminiamo sulla carrareccia, decisamente ampia, lasciandoci alle spalle il bivio del Monte Porreio (1276 mt.), la rocciosa montagna che sovrasta Daglio. La discesa è lunga e piuttosto monotona, con continui tornantelli che addolciscono la strada mentre il campanile di Daglio, ora visibile in lontananza al di là del versante della montagna, appare sempre troppo distante.

Il sentiero, tuttavia, è evidente e impossibile da perdere. Troviamo le prime segnalazioni, quelle del Bivio per il Rio Robè (1174 mt.), poste in prossimità di un tornante, dove a terra si trova la vasca di una fontana, in corrispondenza dell’imbocco di un sentiero.

“Chissà se passando di lì tagliamo e arriviamo prima a Daglio?”

“No, no, andiamo dritto che se sbagliamo ancora….”

E proseguiamo sulla sterrata, che scende inesorabile passando ai piedi di una zona costellata di muri in pietra, dove fanno bella mostra a terra i resti del palato di qualche animale selvatico con tanto di denti, fino ad arrivare alla successiva segnalazione, quella del Bivio Strada Comunale Daglio-Cosola (1008 mt.), dove la carrareccia svolta bruscamente iniziando a correre decisa in direzione del campanile di Daglio, ora sempre più vicino.

Superata la Fontana del Fossà (996 mt.), una piccola fonte con acqua corrente poco distante da un rio, la carrareccia conduce in piano in vista della cappelletta che annuncia il tanto desiderato arrivo a Daglio. Che giornata, maledizione! E il problema è che non è mica ancora finita…

Nei pressi del Bivio della Cappelletta (957 mt.) ci incavoliamo non poco, perché re-incontriamo le segnalazioni del sentiero 230, quelle che avevamo perso nel prato del nostro pranzo: il sentiero arriva dall’alto, mentre noi abbiamo raggiunto Daglio sul sentiero 229, aggirandolo dalla distanza, quindi è un po’ come se avessimo percorso due volte il sentiero (1 ora e mezza + 1 ora e mezza…).

Al ritorno prenderemo il sentiero 230 e finalmente capiremo dove abbiamo perso le segnalazioni!

Intanto, dicevamo, siamo a Daglio. E’ agosto, c’è un po’ di movimento in paese, come testimoniano le tante macchine parcheggiate un po’ dappertutto: vorremmo fare un giro un po’ più approfondito del paese, ma è troppo tardi e dobbiamo già pensare al ritorno. Scattiamo qualche foto, in particolare dello stretto campanile che sovrasta i tetti delle case sullo sfondo della valle dell’Agnellasca e dello splendido panorama della val Borbera che si può ammirare alle spalle della cappelletta: magari a Daglio ci torneremo un’altra volta e avremo un po’ più di tempo da dedicargli.

Imbocchiamo il sentiero 230, pronti per il ritorno, all’alba delle 16,30.

Il sentiero sale ripido, costeggiato da numerosi muretti in pietra e regala belle viste su Rosano e sul corso del Borbera, fino a passare sopra alla Fontana del Fossà e al vicino rio, per poi portarsi sul versante opposto di montagna. Daglio è già lontano, e un po’ dispiace se pensiamo alla fatica fatta per raggiungerlo.

Parliamo un po’ lungo il cammino, forse per farci coraggio, convinti che sarà ancora lunga e, quasi senza rendercene conto, a un certo punto sbuchiamo in un luogo familiare: il bivio del Rio Robè sulla carrareccia segnata col 229, proprio dal sentiero che, all’andata, volevamo percorrere per risparmiare tempo salvo, poi, desistere. Abbassiamo lo sguardo sulla vasca appoggiata a terra: su di essa è appoggiato il rettangolino bianco-rosso in compensato con su scritto 230.

Mani nei capelli. Ma come, all’andata non l’abbiamo visto?!?

Pochi metri più avanti del bivio, sul lato della carrareccia marchiata 229, un sentierino appena visibile, forse una vecchia strada, sale sulla destra segnalato in bianco-rosso: ecco dove passava il 230! Lo imbocchiamo e saliamo, con un tubo dell’acqua che appare e scompare sotto ai nostri piedi, tanto che ci viene da pensare…alla famosa Fontana dell’Arbia, segnalata sul Monte Legnà e poi mai incontrata. Avanziamo ancora qualche metro ed ecco, in lontananza, comparire il profilo di una vasca dell’acqua in pietra, di fronte alla quale un cartello ospita la scritta “Fontana dell’Arbia”: eccola, la maledetta fontana!

La gioia per la vista della fontana lascia immediatamente spazio a nuovi dubbi: e adesso, il sentiero, dove va a finire?? Nei pressi della vasca, la vegetazione è foltissima e non si capisce più assolutamente nulla. Proviamo a infilarci dentro a un boschetto, ma di sentiero nemmeno l’ombra. Saliamo a caso tra gli alberi, faticando come matti per reggerci in piedi, ma non si vede una via d’uscita in questa foresta, né una segnalazione su di un albero. Ci proviamo per una decina di minuti, poi, desolati, dobbiamo desistere perché allontanandoci così nel bosco senza un criterio, rischiamo solo di perderci.

Torniamo alla fontana, sudati marci, stanchi morti e incazzati neri. Io lo divento ancora di più quando, provando a scattare una foto, mi accorgo che la reflex non dà più alcun segno di vita.

Contemporaneamente, il telefono comincia a segnalarmi che la batteria sta esaurendosi.

Che giornata, ragazzi.

Torniamo sulla carrareccia segnalata col 229: abbiamo perso un’altra mezz’ora e ormai sono le 17,30 passate. Dobbiamo rifarci tutta la strada dell’andata, perché a quanto pare, il sentiero nel tratto dalla Fontana dell’Arbia fino al prato dove ci eravamo fermati pare non essere stato né pulito né segnalato.

Testa bassa e pedalare: un po’ perché è veramente tardi e un po’ perché in momenti come questi bisogna tirare fuori l’orgoglio, iniziamo a macinare chilometri su chilometri e riprendiamo a salire come dei fulmini, con un passo quasi sincronizzato, tanto che quando arriviamo in vista della ripida piramide del Legnà ci chiediamo come sia possibile essere arrivati qui così in fretta.

Quando arriviamo in cima al Legnà, sta iniziando a scendere la sera e un bellissimo tramonto si sta materializzando alle nostre spalle. Lo fotograferei con gli occhi, se potessi, visto che sia la reflex che il cellulare mi hanno abbandonato.

Sui monti non c’è più nessuno, sono quasi le 19 e scendendo dal Cavalmurone incontriamo solo le mucche che dal pascolo raggiungono il prato dove si raduneranno per la notte.

“Potevamo andare al Carmo stamattina…”

“Lascia stare……”

Una risata si perde nella valle sotto al rosa del tramonto, quel rosa che precede il buio.

A un passo dalla vetta
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