TRAMONTO SUL MONTE POGGIO
Breve escursione nel Parco Naturale delle Capanne di Marcarolo
PARTENZA: SP 167, bivio per Pratorondanino
ARRIVO: Monte Poggio (mt. 1081)
LUNGHEZZA ITINERARIO: circa 1,6 km (a+r)
TEMPO DI PERCORRENZA: 0,50 h. circa (a+r)
SEGNAVIA: = giallo
Attirato da uno splendido scatto di Fabio Rotondale, ho inserito il Monte Poggio del Parco Naturale delle Capanne di Marcarolo nella lista dei luoghi da cui avrei voluto assistere ad un tramonto. Si tratta infatti di una cima estremamente panoramica in direzione della riviera e, particolare non di poco conto, raggiungibile piuttosto velocemente, cosa che mi avrebbe permesso di fare ritorno anche col buio senza particolari problemi, vista la poca strada da percorrere.
Assieme a Ilaria, abbiamo così approfittato di una giornata in cui già eravamo in zona per realizzare un'altra escursione, cercando di riservarci il tempo utile a salire in cima al Poggio per assistere al tramonto.
La giornata invernale è soleggiata e già ci ha permesso di raggiungere una ambita cima del Parco Capanne di Marcarolo (non ne abbiamo ancora parlato su queste pagine ma presto arriverà il racconto...) con viste meravigliose in direzione della riviera ligure. Fatto ritorno all'auto, parcheggiata nei pressi della Trattoria Degli Olmi a Capanne di Marcarolo, abbiamo tutto il tempo per riposarci e raggiungere in macchina l'imbocco del sentiero per il Monte Poggio, situato lungo un rettilineo della SP167 in direzione dei Piani di Praglia, in prossimità del bivio diretto al Giardino Botanico di Pratorondanino. Il sole continua a splendere e già pregustiamo lo splendido tramonto a cui di lì a poco potremo assistere.
Parcheggiamo a bordo strada in corrispondenza di uno slargo e seguiamo le segnalazioni "= giallo" che si avventurano su di un pendio erboso intervallato da numerosi arbusti. Nel tratto iniziale facciamo un po' fatica a seguire le segnalazioni, che tendono un po' a perdersi, tuttavia con un minimo di attenzione riusciamo a mantenerci sul sentiero, che sale attraversando il prato.
Alle nostre spalle, le viste si fanno ampie in direzione della Valle Stura e si riconoscono il giardino botanico di Pratorondanino e le due vette del Pracaban: sullo sfondo, le inconfondibili sagome del Monviso e del gruppo del Rosa dominano il paesaggio.
Continuiamo a salire sulla stretta traccia e mentre in direzione della Costa Lavezzara il cielo appare terso come sempre, ecco le prime pesanti nubi addensarsi sulla costa, in direzione del mare: speriamo che questo non rovini il nostro tramonto!
La traccia continua a salire in maniera costante, tra affioramenti rocciosi e arbusti e in realtà questo versante, che non sembrava particolarmente impegnativo, si sta rivelando piuttosto lungo da risalire. D'altra parte, il cartello ad inizio percorso recitava trenta minuti di cammino, per raggiungere la vetta e siamo perfettamente allineati coi tempi: sarà che questa è la seconda escursione della giornata e un po' di stanchezza inizia a farsi sentire.
Il sentiero si fa più evidente nella seconda parte, in prossimità dell'arrivo sul crinale del Monte Poggio, che occorrerà ripercorrere per un breve tratto in direzione nord-est per raggiungere la vetta. Quando sbuchiamo sulla linea di crinale, ecco subito una bella vista sul mar ligure solcato da una nave mentre il panorama si apre anche verso oriente, regalando uno splendido scorcio sul Santuario della Madonna della Guardia di Ceranesi, con i Forti di Genova alle spalle.
Seguendo le segnalazioni dipinte sulle pietre proseguiamo lungo la dorsale, con la cima del Poggio ormai ben evidente di fronte a noi: con un breve tratto di salita la raggiungiamo e la troviamo piuttosto "affollata". Sulla vetta, si trovano infatti una croce, un cippo con una madonnina (sulla cui sommità si trova una più modesta croce) e i ruderi di una casermetta, oltre ad altre persone che, probabilmente, hanno avuto la nostra stessa idea.
Noi, per non sbagliare, prendiamo posto accanto al cippo di vetta e ci godiamo il panorama. La vista è ampia sulla valle del Gorzente e in direzione della Costa Lavezzara e del vicino Monte Moro, oltre che in direzione della riviera: peccato soltanto che, dopo poco, un vento gelido inizi a spingere le nubi verso la cima del Poggio, ostruendoci qualsiasi tipo di visuale.
I nostri "compagni di tramonto" capiscono subito che non sarà serata e si incamminano, scendendo verso la provinciale. Noi, testoni, decidiamo di restare ancora lì, sotto i colpi del vento gelido che fa rabbrividire. E sembra quasi che la nostra testardaggine venga ripagata quando, improvvisamente, le nubi scompaiono regalandoci alcuni scampoli di tramonto: peccato che il tutto duri un attimo appena e che la nebbia torni ad abbassarsi sulla vetta del Poggio, inghiottendo tutto quanto, noi compresi.
Ilaria scuote la testa, un po' per disapprovazione e un po' per il freddo e mi fa segno di andare. Non sono convinto, ma ho freddo anch'io e mi sono stancato di restare lì sopra senza nemmeno riuscire a vedermi i piedi con tutta quella nebbia. Così, ci alziamo e ci incamminiamo verso la macchina, ridiscendo l'ampio crinale erboso sotto a nubi così basse da non capire quasi più dove ci troviamo.
La nostra costanza, però, non poteva non essere premiata in qualche modo e quando abbiamo percorso quasi interamente il crinalino di vetta, prima di gettarci in discesa lungo il versante occidentale del Poggio, ecco che la nebbia in parte scompare, regalandoci alcuni meravigliosi dettagli del cielo al tramonto, con le antenne del Beigua colorate di arancione e il Monviso che, in lontananza, torna a fare bella mostra di sé sotto a un cielo che si sta colorando di rosa. Mentre Ilaria sta già scendendo verso la macchina, io ne approfitto per fermarmi a immortalare questo spettacolo che riesco a godermi per puro caso, solo perché ho avuto la fortuna di trovarmi "nel posto giusto, al momento giusto": se fossimo rimasti in vetta, saremmo ancora inghiottiti nella nebbia e, paradossalmente, non avremmo potuto assistere a questo spettavolo.
Vedo che Ilaria che continua a voltarsi per capire se sto scendendo o se sono ancora fermo a fotografare. Così, seppure a malincuore, devo rimettere a posto la macchina fotografica e continuare la mia discesa verso la macchina, per non far morire di freddo Ilaria che mi sta aspettando. Insomma, nella sfortuna siamo comunque riusciti a trovare uno spiraglio di luce e il tramonto, in parte, è stato salvato.
L'escursione, in sé, è così breve da essere alla portata di tutti e quindi non assolutamente difficoltosa. Sarebbe bello inserire il Poggio in un itinerario a più lunga percorrenza e anzi, non escludo di farlo prossimamente, magari inserendo nel percorso anche il Monte Moro e la Costa Lavezzara, che potrebbero offrire visuali privilegiate in direzione del bacino del Lago Badana, l'unico lago del Gorzente che ancora non sono riuscito a vedere. Ci sarà tempo e modo di pensarci: intanto, l'idea per un luogo suggestivo da cui godersi un tramonto, io ve l'ho data....