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CAMERE NUOVE E UNA SORPRESA INASPETTATA

Salendo da Montemanno alla volta di Camere Nuove, ho scoperto che la scorsa volta avevo visto solo...metà paese!

PAESE FANTASMA: Camere Nuove

RAGGIUNGIBILE DA: Montemanno

LUNGHEZZA DEL PERCORSO: circa 7 km (andata e ritorno)

TEMPO DI PERCORRENZA: circa 2 h. 30 min. (andata e ritorno)

SEGNAVIA: bianco-rosso 266

 

 

E' passato quasi un anno dalla mia prima visita a Camere Nuove, il borgo abbandonato della val Sisola ai piedi del Bric delle Camere. "C'è poco da vedere", mi avevano anticipato quelli che già ci erano stati prima di me e avevo potuto successivamente constatarlo con i miei occhi, descrivendolo nelle pagine del blog. C'è una cosa che però, un anno fa, non avevo ancora capito: che in un paese abbandonato non bisogna mai fermarsi alle prime impressioni, bisogna sempre cercare, cercare e cercare. Girare, muoversi, curiosare. Qualcosa di nascosto salta sempre fuori.

E' uscito, parlando con un amico di famiglia, il discorso dei paesi abbandonati e siamo finiti a parlare - tra l'altro - proprio di Camere Nuove.

"L'hai vista la chiesa?" mi dice.

"Chiesa??? Ma se ci sono solo due case!"

"Guarda bene...."

Mi è venuto subito il nervoso perché mi era sfuggita una cosa non da poco. Possibile che ci fosse la chiesa a Camere Nuove e che io non l'avessi vista?? Ho anche passato ore a pensare dove diavolo potesse essere questa chiesa, visto che Camere Nuove non mi sembrava potesse svilupparsi ulteriormente, oltre quelle poche case. Mah.

Ho deciso allora di tornarci, per cercare di persona, cambiando però itinerario: c'è infatti un altro sentiero che permette di raggiungere la borgata abbandonata, come avevo intuito dal segnavia bianco-rosso marchiato 266 che si trova proprio di fronte alla grande casa al centro del prato di Camere. Il sentiero 266, di cui però sul sito della provincia di Alessandria non si parla, parte da Sisola, il paese che sorge accanto all'omonimo torrente proprio dove le strade per Mongiardino e Roccaforte si separano, nei pressi del "Parco avventura".

Per risparmiare un po' di tempo, visto che avevo solo un pomeriggio - invernale, per di più - a disposizione, ho preferito non partire da Sisola, ma raggiungere in auto Montemanno, una minuscola frazione posta su di un'altura tra i torrenti Torbora e Sisola, non distante da Borassi e poco oltre il villaggio di Campo dei Re, dove transita il sentiero 266.

A Montemanno si arriva dopo una decina di minuti di curve e strada stretta e l'ingresso in paese è preannunciato da una bella chiesa, il Santuario di Nostra Signora dell'Assunta, che si trova in posizione isolata rispetto al resto del villaggio. Passo accanto alla chiesa e parcheggio l'auto poco distante, in corrispondenza delle prime case della frazione, mentre due anziani signori passando accanto a me su di un trattore e mi fanno un cenno di saluto con il capo. Indosso gli scarponi e lo zaino e, dopo aver scattato qualche immagine di Roccaforte Ligure, proprio di fronte a me, scendo a valle di pochi metri per raggiungere l'imbocco del sentiero 266, che sale tra le case di Montemanno regalandomi belle viste su Vergagni e sulla strada provinciale che sale in direzione di Mongiardino.

Camminando all'interno del paese, mi accorgo che le case sono quasi tutte chiuse e sembra proprio non esserci nessuno. Arrivo ad un bivio e non trovando segnalazioni rimango indeciso sul da farsi: prendo la strada di sinistra, dove un cartello mi indica di fare attenzione per la presenza di una frana, inducendomi a tornare sui miei passi.

Una voce si leva dal balcone di una casa. "Cosa cerca lei"?

"Cerco il sentiero per Camere Nuove"

"Allora deve andare di là" indicandomi la direzione opposta.

Ringrazio la signora e prendo il sentiero che sale lasciandosi sulla sinistra il lavatoio. In pochi passi mi porto oltre le abitazioni di Montemanno e salgo dolcemente su di una mulattiera ben segnalata (ora sì) che passa accanto ad alcune montagne rocciose regalando belle viste sulla vallata di Roccaforte e Chiappella. La luce pomeridiana fa risaltare ancora di più il colore rossiccio delle foglie e nonostante un po' di foschia riesco ugualmente a distinguere in lontananza Rocchetta Ligure e Pagliaro. La mulattiera si sposta quindi sulla linea di crinale, regalando panorami anche sulla vallata opposta e, dopo essere transitata accanto alla carcassa di una vecchia auto (non chiedetemi cosa ci faccia lì), sale tra due ali di bosco e conduce ad un ampio spiazzo dove si incrociano diversi sentieri: eccomi arrivato al Bivio del Ferré (mt. 710). Dal bivio proseguo in direzione "ore 11" sul sentiero 266, comunque chiaramente segnalato e salgo in maniera più decisa, ma sempre piacevole, su di una mulattiera che regala viste su entrambi i lati della valle.

Giunto in prossimità di una curva della strada, abbandono la mulattiera e, seguendo le pitture bianco-rosse sui rami degli alberi, vado ad innestarmi su di un sentiero che procede verso sinistra, dapprima per alcune decine di metri in piano e, successivamente, in leggera discesa, con una vista privilegiata sulla vallata di Mongiardino Ligure. Al termine della discesa, il sentiero confluisce in un'altra mulattiera proveniente da valle e prosegue in falsopiano tagliando il versante della montagna. Da qui in poi, fatta eccezione per alcuni tratti di sentiero che sono franati a causa delle forti piogge, ma che tutto sommato si possono ancora affrontare, seppur con un po' di attenzione, si procede senza grandi dislivelli. 

E' sufficiente alzare lo sguardo per vedere, tutto attorno, una infinita distesa di muretti a secco, quasi a formare dei terrazzamenti: un tempo, questa valle, deve essere stata sfruttata fino all'ultimo centimetro di terra, da quello che vedo. Quando i muretti stanno per terminare, transito nelle vicinanze di un piccolo rio che scende all'interno della roccia delle montagne e, successivamente, scendo leggermente di quota per arrivare in una profonda gola che un tempo, probabilmente, ospitava un torrente, ora asciutto. Risalgo sul versante opposto della montagna, dove iniziano a comparire i primi, enormi, esemplari di castagni e supero un albero caduto per poi cominciare a vedere, al termine di una breve salita, il profilo di una casa. Ci siamo.

Il sentiero sbuca nel prato davanti alla grande casa di Camere Nuove, quella con la facciata in gran parte ostruita dalla vegetazione. Premesso che non avevo mai notato che da questo angolino potesse sbucare un sentiero, ma vabé, non è questo che oggi importa. La grande casa è ora meglio visibile nei particolari: la vegetazione che la avvolgeva per intero è, in questa stagione, più rada e permette di vedere parte del balcone, chiuso con una ringhiera in ferro ormai arrugginita, ma anche buona parte dei muri ormai sventrati. Guardando all'interno si riesce ad intravedere ancora qualcosa, ma di avvicinarsi non ne vale nemmeno la pena, visto quanto è pericolante questo edificio. Mi limito ad osservarlo da qui davanti, baciato dal sole pomeridiano. 

Alle mie spalle, accanto alla stradina che riporta sulla mulattiera che unisce Costa Salata a Camere Vecchie, l'altra casa di Camere Nuove ancora in discrete condizioni. Anche lei resiste, ancora in piedi, nonostante le intemperie e la vegetazione che si fa sempre più pressante, ma fortunatamente, in questa stagione, concede un po' di respiro. Il sole sembra nascondersi dietro alla sagoma della casa, comparendo e scomparendo a seconda dei miei movimenti e regalandomi sempre qualche brivido quando si nasconde. Brividi di freddo, ma anche brividi di abbandono. 

​Bisogna decidere che fare: queste due case sono quelle che avevo visto un anno fa. Poco più in là, all'interno di una giungla di rovi, spine ed erbacce, i ruderi di almeno altre due abitazioni, che però sono ormai crollate - lo erano già nel 2013 - e quindi non hanno nulla di interessante da offrire. Devo mettermi alla ricerca della chiesa.

Non vorrei che fosse nascosta tra i rovi dietro alla grande casa, ma decido di tenermi questa soluzione come ultima spiaggia. Vorrei evitare di andare là in mezzo, a riempirmi di spine e rischiando di prendermi qualche mattone in testa. 

La soluzione più logica, mi sembra quella di proseguire sul sentiero 266, che continua in leggera discesa in direzione di Costa Salata e sembra attraversare una specie di piccolo rio. Lo percorro con la curiosità negli occhi, come se stessi affrontando una specie di caccia al tesoro e dopo pochi metri sul sentiero, quando mi volto in direzione della casa che mi sono lasciato alle spalle, rimango senza fiato.

Da qui, la grande casa si vede di profilo. Alle sue spalle, un intero paese.

Possibile che non me ne fossi accorto la scorsa volta??

Possibilissimo, perché dal prato davanti alla grande casa, è impossibile guardare oltre. 

Da qui, sul fianco del paese, si ha una visione quasi spettrale dei tetti delle case e dei loro muri che spuntano sotto a un letto di rovi e spine. Riesco a capire che si tratta di ruderi semplicemente per il fatto che c'è il sole ad illuminarli, perché altrimenti si confonderebbero con il bosco. Riesco a capire che quindi, Camere Nuove, era costruito su di una specie di cocuzzolo, che sul lato opposto cade a strapiombo sulla valle Sisola e che termina, dall'altro lato, sul prato dove si trova la casa più grande e le altre, costruite in posizione più isolata rispetto al resto del paese.

Così, ad occhio, guardando in lontananza, distinguo almeno altre 5-6 case. Di alcune si vedono i muri ancora in piedi, di altre il tetto. Altre sono crollate, ma si intravedono ancora dei pilastri in sasso. Cavolo, Camere Nuove era un vero e proprio paesino, non solo due case come ho sempre pensato.

"Cercavo una chiesa e ho trovato un intero paese", mi verrebbe da dire, mentre continuo a voltarmi alle spalle, camminando sul sentiero 266. Eppure, qui della chiesa nemmeno l'ombra. Il sentiero sembra continuare in un ampio prato, in parte coperto dalla vegetazione, mentre dietro di me, il paese sembra quasi essere scomparso. Inizio così a pensare al piano B, quello che mi ero tenuto come ultima alternativa, cioè tornare in mezzo a quei rovi a cercare la chiesa.

Proprio quando sto per andarmene, tornando sui miei passi, mi sembra di vedere qualcosa in mezzo ai rovi. Faccio ancora qualche passo in avanti: sembrano esserci dei muri. Ancora pochi passi, ed ecco spuntare un pezzo di campanile.

Quando ormai avevo smesso di crederci, ho trovato la chiesa!

Si trova in posizione totalmente isolata rispetto al resto del paese: è come se si trovasse alle spalle di un grande prato che si affaccia sulle case. Un tempo, quando probabilmente i terreni erano puliti, deve essere stato splendido ammirare il piccolo oratorio dal paese. Ora invece si distingue a fatica, anzi proprio non si vede perché ho dovuto venire fino a qui davanti per riconoscerlo.

Passo velocemente accanto all'oratorio e mi fermo davanti alla sua facciata: è di colore scuro, totalmente imbevuta dall'umidità, ma è ancora possibile vedere, sullo sfondo, un colore rosa-rossiccio che probabilmente era il suo colore originario. E' sormontata da un piccolo campanile a vela, in pietra, privo delle campane che - come raccontatomi dal conoscente che mi aveva informato della presenza della chiesa - sono state portate via.

Il limite superiore della facciata è irregolare, diverso da tutte le altre piccole chiesette viste fino ad ora. Una finestra a mezzaluna, preceduta da una grata ma con i vetri ormai quasi totalmente rotti, domina dall'alto il portone verde, accanto al quale si trovano due piccole finestre, una in legno e una con un'inferriata davanti. Voglio gustarmi la scoperta poco alla volta: prima di entrare, scatterò qualche foto della facciata.

Quando mi avvicino all'ingresso, vedo che il portone è legato con un filo di ferro. Lo tolgo e spingo lentamente la porta: c'è sempre un po' di tensione in questi momenti, perché non sai mai cosa potresti trovare dall'altra parte.

In questo caso, la tensione lascia rapidamente spazio alla meraviglia, perché quando le porte si aprono, all'interno trovo praticamente tutto quello che non mi aspettavo di vedere: un oratorio conservato ancora più che discretamente.

Davanti a me, un altare identico a quello dell'oratorio di San Bernardo di Reneuzzi, con inserti dello stesso rosso-rosa della facciata della chiesa, al centro del quale spicca una croce in legno. Alzo subito gli occhi e rimango meravigliato dal pregio delle decorazioni del soffitto, interamente decorato con dipinti di scene di vita religiosa - un dipinto sembra ritrarre Giuseppe e Maria con il Bambino - che non mi aspettavo di trovare in un edificio del genere, per giunta abbandonato. Solo in alcuni punti le infiltrazioni di umidità hanno rovinato i dipinti, che sono comunque ancora conservati più che degnamente. 

A terra, sul pavimento, alcuni pezzi di calcinacci caduti dal soffitto, mentre le pareti laterali sono anch'esse pitturate e si conservano in buono stato. Alle spalle dell'altare, un'abside in pietra a vista, con al centro un incavo atto a ospitare una statua religiosa e, sui lati, due finestrelle per fare entrare un po' di luce. Non vi nego che l'interno dell'oratorio, illuminato dalla luce del sole filtrante dalle finestrelle, sia particolarmente suggestivo.

Entro e scatto alcune immagini: il soffitto sembra reggere e a prima vista non noto pericoli di crollo imminente. Sono rimasto profondamente colpito dalla meraviglia di questo oratorio: chi poteva mai pensare che a Camere Nuove, oltre a quelle due-tre case che avevo già visto un anno fa, potesse esserci anche una chiesetta così caratteristica (e così ben conservata) oltre a un vero e proprio "paese nel paese", alle spalle della grande casa, arroccato su di un cocuzzolo?

Mentre richiudo il portone dell'oratorio, lancio un ultimo sguardo all'interno, sperando di poterlo ritrovare ancora in queste condizioni quando ci ritornerò. Avvicino le porte e mi accorgo che decine di nomi sono incisi sul legno: tutte persone che sono passate di qui, alcune oltre trent'anni fa, le ultime nel 2011. Fermo la porta con il fil di ferro e mi sposto sul lato della chiesa, per scattare alcune foto dall'esterno attraverso una delle due finestrelle sul retro. L'oratorio riesce ad essere suggestivo anche da qui, con la porta chiusa e poca luce che illumina a malapena la croce in legno.

Mi allontano tornando nel grande prato e cammino in direzione del paese, che vedo arroccato sul cocuzzolo. Chissà là in mezzo, sotto a quei rovi, quanti altri tesori nascosti potrebbero esserci. Ma è una giungla, diventa difficile anche solo avvicinarsi. Per oggi sono a posto così: ho visto la chiesa, ho scoperto il resto del paese. Già tante emozioni per un pomeriggio solo.

Ripercorrendo il sentiero alla volta di Montemanno, il tempo sembra scorrere più veloce. Ho voglia di arrivare a casa e vuotare la memoria della macchina fotografica, curioso di rivedere le immagini che ho scattato. Il sole se ne va dietro alle montagne, tornando a farsi vedere solo quando sono quasi arrivato e illuminando di una strana luce rossastra l'intera val Sisola.

Arrivo a Montemanno e quando sono davanti al lavatoio, ecco la signora con cui avevo parlato all'andata. Mi chiede se ho trovato quello che cercavo. Le dico di sì e restiamo a scambiare qualche parola. Mi dice che da quando è andata in pensione si è trasferita qui ed è l'unica abitante "fissa" di Montemanno, assieme al marito e a due cani, uno dei quali vecchio e malandato. Ma sta bene così, mi dice e non fatico a crederle. Io stesso farei volentieri un bagno di silenzio e tranquillità ben più spesso di quanto in realtà riesca. La saluto e proseguo verso l'auto, mentre il sole se ne è ormai definitivamente andato. Il rumore di una macchina mi fa voltare: è il marito della signora, che è appena arrivato a casa. Montemanno ora è al completo: la serata può iniziare. E io me ne torno verso casa con il cuore pieno di emozioni.

 

A un passo dalla vetta
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