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IL PAESE ABBANDONATO DI CASSISSA

Un altro paese fantasma da scoprire, sulle montagne dell'alta Valle Scrivia. Tra Liguria e Piemonte

PAESE FANTASMA: Cassissa

RAGGIUNGIBILE DA: Marmassana (Ge)

LUNGHEZZA DEL PERCORSO: circa 4 km (andata e ritorno)

TEMPO DI PERCORRENZA: 1 h. 30 min. circa (andata e ritorno)

SEGNAVIA: nessuno (si segue la mulattiera)

 

 

Per un attimo, avevo creduto che i paesi abbandonati da visitare fossero finiti, ma mi sbagliavo. Quelli vicino a casa, sono finiti. Ma basta allontanarsi un poco di più per trovarne ancora, tutti affascinanti, ognuno diverso e, a modo suo, particolare.

Ho sentito parlare di Cassissa, come sempre, gironzolando sul web, alla ricerca di nuovi itinerari. Avevo letto dell'Alpe di Cassissa, una specie di pianoro ai piedi del Bric delle Camere, sopra al paese di Marmassana, senza però rendermi conto che tra questo paese e la montagna ci potesse essere un paese fantasma. Quando l'ho capito, mi sono convinto ad andarci subito: bisognava solo capire come raggiungerlo, trattandosi di una zona - per me - poco conosciuta.

Da Caldirola, sono così partito alla volta della Val Borbera e della Val Sisola, che ho raggiunto prendendo la deviazione poco dopo Cantalupo Ligure alla volta di Rocchetta. Superati Rocchetta, Pagliaro Inferiore e Superiore e Sisola, giunto nei pressi delle strutture dell'Adventure Park Val Borbera, ho preso la minuscola stradina che, attraverso il pittoresco paesino di Campo del Re conduce a Borassi, di fronte a Roccaforte Ligure. Giunto a Borassi,ho proseguito passando per Camere Vecchie (lo ricordate? è il gemello del paese fantasma di Camere Nuove) ed entrando, poco dopo, in Liguria, in un punto in cui una grossa frana ha portato via quasi tutta la strada, che in questo tratto è infatti sterrata (un cartello mi indica "strada in movimento", creandomi non poca preoccupazione: dove va questa strada??). Dopo la frana, la stradina scende, passando nei pressi di Piazzo, un particolare paesino sulla costa e giungendo, poco dopo, a Montessoro, un piccolo borgo dominato da un castello dimora nobiliare della Famiglia degli Spinola. Proseguendo oltre Montessoro, la strada scende in direzione di Isola del Cantone, fino a giungere ad un bivio: a destra si prosegue per Montecanne e a sinistra - direzione che seguirò io - per Marmassana.

La stradina per Marmassana è qualcosa di più di piccola e stretta. Ci passa solo una macchina, fortuna che per gran parte è pianeggiante, ma non è sicuramente una stradina di quelle che lasciano tranquilli. Si arriva a Marmassana dopo pochi minuti, dai cinque ai dieci e il paese è ancora in parte avvolto dalla nebbia di una strana giornata autunnale. Lungo la strada l'abbiamo incontrata a tratti, ma ora qui sembra più fitta del solito: inutile dire che su queste alture, dove la Valle Spinti si incontra con l'Alta Valle Scrivia e la Val Vobbia, i paesaggi sono già particolarmente selvaggi senza l'aiuto della nebbia.

Un trattorino con due persone a bordo si schiva per lasciarmi passare. Ringrazio con un cenno della mano e vedo che poco oltre una fontana, contro al muro della chiesa, ci sono delle indicazioni scritte su dei cartelli: sono proprio le indicazioni che stavo cercando. Due frecce verso sinistra, mi indicano una ripida stradina asfaltata che sale tra le case in direzione di Cassissa e Ca di Su, così la imbocco e parcheggio, dopo pochi metri, l'auto in un prato accanto alla strada.

Il tempo di legare gli scarponi, indossare lo zaino e mettere al collo la macchina fotografica e sono già in cammino, sulla stretta stradina asfaltata che passa accanto ad una fontana mentre, poco distante, sulla porta di una stalla, alcune galline mi stanno scrutando in lontananza, attirate dal rumore dei miei passi. Oltre la fontana, l'asfalto finisce e la strada, seppur larga (e transitabile dalle jeep) diventa sterrata e sembra scomparire nella nebbia, in un paesaggio a dir poco spettrale. Marmassana, alle mie spalle, non si vede già più, inghiottito dal grigio della nebbia, come non si vede il Monte Reale, alle spalle del paese, mentre sulla sinistra ecco il sentiero - segnalato con le segnalazioni del Parco Antola - che conduce da Vobbietta alla cima del Bric delle Camere.

La mulattiera prosegue in leggera salita fino ad arrivare ad un punto in cui, alle spalle di una curva, si inizia ad intravedere il cielo sereno sotto alla nebbia che si dissolve e, in lontananza, ecco il profilo di una cappelletta e, alle sue spalle, su di un'altura, la sagoma di alcune case: ecco Cassissa. Con la nebbia che piano piano si ritira, il panorama da qui sopra è un qualcosa di meraviglioso e difficilmente spiegabile a parole: i colori autunnali esplodono in tutta la loro intensità, sotto a un cielo di un blu intenso che sembra quasi dipinto. La nebbia rimane nelle valli interne ad una quota più bassa e oltre di essa svetta la cima del Monte Cravì, tra Caprieto e Vobbia. La nebbia si dirada sempre di più spostandosi con lo sguardo verso est, tra un'infinità di tralicci della corrente (alzate il naso verso il cielo e ascoltate il rumore di aria "fritta" sopra alla vostra testa...un qualcosa di incredibile...) fino ad arrivare alle case di Cassissa in parte sommerse dalla vegetazione.

Sembra quasi diventata un'altra giornata, con tutto questo sole e mi fermo spesso a fotografare la vetta piramidale del Monte Cravì tra i rami degli alberi. Cammino fino a giungere alla cappelletta che prima vedevo in lontananza, che ora incontro al termine di una breve salitella, dopo una curva della mulattiera: è bianca, dominata da una croce, con due piccoli altarini dove si possono vedere una statuetta e un'immagine della Madonna, davanti alle quali qualcuno ha appoggiato dei fiori. Da qui, nei pressi della cappelletta - dove qualcuno ha parcheggiato un'auto, forse qualche trifolau - si gode di una bella vista, tra i tronchi degli alberi, dei ruderi di Cassissa, posizionati su di un'altura e illuminati da un bel sole e ora, camminando sulla mulattiera, si prende finalmente la direzione del paese, la cui chiesetta bianca compare dritta davanti a me.

L'arrivo nei pressi di un lavatoio e di un rio che attraversa la strada, preannuncia l'ingresso al paese abbandonato: dopo una curva della mulattiera, ecco una ripida salita, a metà della quale si incontra un bivio: proseguendo sulla strada in salita si giunge nei pressi della chiesa, mentre tenendo la strada piana, verso destra, si giungerà probabilmente tra le case diroccate. Io mantengo la salita e mi dirigo subito verso la chiesetta di Cassissa, che compare di fronte a me qualche decina di metri prima dell'arrivo in paese, giusto il tempo di vedere, poco prima, sul sentiero, le indicazioni per il Passo dell'Incisa e per il Ponte di Zan, il ponte nei pressi del Castello della Pietra di Vobbia.

La chiesetta è bianca, uguale in tutto e per tutto a tanti degli oratori che ho incontrato durante il mio peregrinare tra i paesi dell'appennino delle quattro province (Pobbio, Ceregate, Pizzonero, Suzzi...) : è dominata da un campanile con una sola campana, legata con la corda, in cima al quale si trova una croce metallica. Una finestra si trova al centro, sopra al portone chiuso e due piccole finestrelle sono ai lati. Davanti alla chiesa, un piccolo prato verde pianeggiante (l'erba sembra ancora tagliata regolarmente, a dire il vero), con qualche panchina attorno e, sul lato opposto della chiesa, ecco la partenza di un altro sentiero, quello che conduce a Caprieto attraverso la costa dei Ronchi. Caprieto si intravede tra gli alberi, guardando verso la direzione opposta da cui sono arrivato, in una splendida posizione panoramica.

Di fronte alla chiesa, il sentiero scende in direzione di una prima casa: è la casa più grande del paese, quella che si vede bene anche in lontananza, mentre si cammina sul sentiero in direzione di Cassissa. Sul lato visibile in lontananza, la casa è ancora perfettamente integra, tutta in pietra, con innumerevoli finestre, una delle quali continua a sbattere spinta dal vento che a folate si alza, creando un rumore sinistro che ben si adatta allo spirito del luogo in cui ci troviamo. Anche la facciata è ancora integra: una scaletta conduce a due porte, ancora ben chiuse a chiave, sotto alle quali c'è una stalla con la porticina in legno aperta a metà. All'interno della stalla una mangiatoia per gli animali, illuminata da una finestra, mentre sul lato opposto ecco un'altra stalla, decisamente più rudimentale, facente parte della medesima casa, con la legna accatastata nei pressi del portone d'ingresso. 

Mi volto alle spalle a guardare il campanile della chiesa che sta per essere risucchiato dalla nebbia che scende dal Bric delle Camere e proseguo in discesa, camminando sul sentiero che scende sul lato della grande casa, portandomi nei pressi del retro. Anche il retro è ancora in buone condizioni e da una porta in legno aperta, si possono ancora scorgere all'interno - illuminati dal sole - dei vecchi mobili, una cesta in vimini e alcune botti per il vino. Appese ai muri, le lame per tagliare l'erba.

Tutto attorno, però, ecco i primi ruderi: quel che resta del muro di una casa e, poco distante, nascosta dietro ad un fitto strato di erbacce, una casa in parte crollata, della quale si distingue a malapena il muro sventrato e quel che rimane di una persiana di legno, penzolante. Continuando a scendere sul sentiero, giungo nei pressi di un pozzo ricoperto parzialmente da un'edera, di fronte al quale si trova una casa squadrata, con due camini, che reca sulla facciata una scritta ancora in parte visibile: si legge "Comune di Isola del Cantone", "Frazione ... (Cassissa, presumo)" ed infine c'è un'ultima riga che non riesco a decifrare. Questa casa si trova nei pressi della confluenza con un altro sentierino, quello in piano che non avevo seguito quando ero arrivato a Cassissa.

Sul lato opposto della casa, si riesce a scendere tra le erbacce fino a giungere davanti ad alcune finestre e ad una porta: la curiosità non mi ferma, voglio vedere qualcosa di più. Dietro a una finestra verde, una padella su di un ripiano simile a quello di una cucina, mentre altre padelle si vedono gettate a terra alla rinfusa. Accanto, una porta, verde anch'essa, aperta a metà. Provo a spingerla, sembra incastrata. Spingo più forte e la porta si apre, permettendomi di vedere una stanza con un tavolo bianco, una finestra sullo sfondo e molti calcinacci a terra, sul pavimento. Sul soffitto sembra esserci un passaggio per un solaio. Accanto alla finestra, c'è una porta che conduce in un'altra stanza: immagino che ci sia un letto, dietro a quella porta. Ho visto alcune foto scattate da persone che erano passate di qui qualche tempo fa e in molti avevano fotografato questo letto, davanti a una finestra con una grata simile a quella che vedo poco più avanti. Però è passato del tempo, da quelle foto e il pavimento e il soffitto non mi danno tutta questa sensazione di sicurezza. Più che altro non so se reggeranno i miei 90 kg, considerato anche che questa casa, sul retro, è ormai per metà sventrata, come se fosse stata bombardata. Mi fido, per questa volta, delle foto fatte dagli altri e decido di non spingermi fino alla camera da letto. 

Torno sul sentiero, che prosegue ancora in piano, sotto ad altri ruderi totalmente sommersi dalla vegetazione, ormai irriconoscibili, fino ad arrivare nei pressi di una casa che avevo visto sempre in piedi, dalle foto trovate sul web, ma che ora è crollata su se stessa. E' paradossale che la casa abbia ancora, sul lato che dà verso il sentiero, la porta di legno chiusa mentre invece guardando all'interno dalla finestra si può vedere il panorama dell'alta valle Scrivia, perché il muro sul lato opposto è sventrato. Si riconoscono, all'interno della casa, i muri pitturati di un blu intenso di quella che doveva essere una cucina, con i resti di un lavandino, sommersi dalle macerie. Accanto, una finestra protetta da una grata, all'interno della quale si vede una stanza vuota, con i tipici ripiani scavati nel muro a farne una specie di armadio, già visti tante volte nel mio tour tra i paesi fantasma. Aggirando la casa, che su questo lato appare comunque ancora integra, ci si porta davanti al portone di una stalla, che all'interno appare ancora ordinata con la sua lunga mangiatoia per gli animali e una finestrella sullo sfondo a regalarle un po' di luce. Su questo lato della casa, il panorama sulla val Vobbia e sull'alta valle Scrivia è meraviglioso: si parte da Caprieto, adagiato sulla costa con la cappelletta di San Fermo riconoscibile alle sue spalle e si finisce per perdersi nella nebbia che a mano a mano che si scende con lo sguardo diventa sempre più fitta, lasciando però intravedere la vetta del Monte Cravì e, proprio sotto a lui, i torrioni di puddinga che sorreggono il Castello della Pietra di Vobbia. Senza la nebbia, probabilmente, si godrebbe di una bella vista sul Castello e sulle Rocche del Reopasso, ma anche sul Monte Reale.

Guardando bene, tra le erbacce e la fitta vegetazione sotto di me, si intravedono spuntare a intervalli regolari alcuni pezzi di tetto, muro in pietra o facciata di case, segno che il paese di Cassissa, ai tempi, non finiva qui: si tratta però di ruderi sommersi dalle piante, che probabilmente non avranno nulla di così particolare da regalare alla mia vista, così mi limito a fotografarli da questo punto panoramico, ricomprendendoli nelle foto panoramiche che scatto.

Torno sui miei passi, ripercorrendo per un breve tratto lo stesso sentiero dell'andata fino alla casa con la scritta sulla facciata, dove imbocco il sentierino in leggera discesa che conduce nei pressi del lavatoio. Scendendo di qui, faccio ancora in tempo a vedere il lato totalmente sventrato della casa dove volevo entrare ("e meno male che non ci sono entrato", penso) e, più in basso, altri ruderi di case quasi per intero ricoperti dall'edera, che li ha avvolti rendendoli quasi irriconoscibili alla vista. 

"Non deve essere stato piccolo questo paese", mi dico, mentre cammino sullo stretto sentierino che scende ai piedi delle case e della chiesa, in direzione del lavatoio. Cassissa mi ha sorpreso e pensare che ho saputo dell'esistenza di questo luogo da poche ore: ci fossi arrivato qualche anno prima, chissà, forse avrei potuto vedere qualcosa di più, mentre adesso tutto sembra in preda alla vegetazione che avvolge pietre, tetti e finestre. Ho letto che come per la gran parte degli altri paesi fantasma, lo spopolamento per Cassissa iniziò negli anni cinquanta e si concluse con il totale abbandono intorno agli anni settanta. Però la chiesa ancora così ordinata, come l'erba tagliata di fresco tra le case, sul sentiero, mi fa pensare - ed effettivamente mi hanno confermato che è così - che qualcuno, a Cassissa, ogni tanto ci ritorni, un po' come a Ceregate, magari per fare una processione, o una Messa. O magari anche solo per vedere che la casa dove è cresciuta la propria famiglia sia ancora in piedi. Chissà. D'altra parte, con una sterrata così ampia, che permette di arrivare in macchina fino a poche decine di metri dal paese, è difficlle che un paese muoia del tutto. 

Mentre ritorno, sulla stessa mulattiera dell'andata, noto che la nebbia in direzione di Marmassana un po' si è alzata e se ancora non mi permette di distinguere la vetta del Monte Reale, quanto meno mi regala uno splendido panorama dell'alta valle Scrivia con il fondovalle di Vobbietta e, salendo con lo sguardo, dei tetti delle case di Marmassana, oltre i quali, isolata in un prato pianeggiante, si trova una bella chiesetta del tutto simile a quella di Cassissa, con il piccolo cimitero del paese accanto.

Quando arrivo tra le case di Marmassana, mentre le galline scappano alla rinfusa nella stalla spaventate dal mio arrivo, salgo in auto e raggiungo la chiesetta passando nelle strettissime vie del paese, solo per scattarle una foto. Peccato per il cielo grigio, ma questa zona merita un ritorno con il tempo più bello, magari in primavera. Chi lo sa, se sarò fortunato, potrò anche incontrare la processione da Marmassana alla chiesa di Cassissa!

A un passo dalla vetta
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