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RENEUZZI, IL PAESE NASCOSTO

Ecco cosa si scopre curiosando più attentamente tra i ruderi di Reneuzzi

PAESE FANTASMA: Reneuzzi

RAGGIUNGIBILE DA: Vegni

LUNGHEZZA DEL PERCORSO: circa 13 km (andata e ritorno)

TEMPO DI PERCORRENZA: 5 h. circa (andata e ritorno)

SEGNAVIA: bianco-rosso 242

 

 

A Reneuzzi è partito il mio viaggio tra i paesi abbandonati e, sempre qui, la mia esperienza si è conclusa. Va detto però che in entrambe le occasioni in cui sono stato al borgo fantasma, mi sono sempre limitato ad ammirarne le attrazioni principali: il cimitero con la tomba di Davide Bellomo, l'Oratorio di San Bernardo Abate, la casa arrotondata posta al bivio tra il sentiero per il Rio Sopei e la Sella Banchiera (243) e il sentiero per il Rio dei Campassi ed il Mulino dei Gatti ed il Mulino Gelato (242).

Tutto ciò, fondamentalmente, perché Reneuzzi, nelle mie escursioni, è sempre stato un luogo di passaggio, quasi sempre per il fondovalle e per i due mulini abbandonati. E se invece a Reneuzzi dedicassi un po' più di tempo e di attenzioni?

A Ferragosto, mentre molti di voi stavano caricando le bistecche in macchina, sotto il caldo sole estivo, io stavo preparando lo zaino per partire alla volta di Vegni. Avevo in mente di passare un po' di tempo a Reneuzzi, cercando di curiosare con gli occhi negli angoli più nascosti del paese, convinto di non avere visto proprio tutto quello che c'era da vedere.

Arrivato a Vegni, dove i paesani si preparavano a festeggiare il loro Ferragosto, ho parcheggiato l'auto nella piazzetta del paese e mi sono incamminato tra le case, fino a raggiungere l'imbocco del sentiero 242. Ho incontrato qualcuno che si dirigeva fino alla Sella dei Campassi, in attesa che il pranzo fosse pronto. Io invece, una volta arrivato alla Sella, ho come ogni volta tirato un bel respiro, ammirato l'imponenza della valle di fronte a me e mi sono incamminato in discesa sul sentierino divenuto improvvisamente stretto.

Sotto a un cielo azzurro e ad un caldo insopportabile, gli alberi offrivano, fortunatamente, un po' di riparo dalla calura estiva. Anche i ruderi di Casoni di Vegni, tra i quali sono dovuto necessariamente passare, mi incuriosivano, quel giorno. Avevo visto qualche foto dell'interno di alcune delle abitazioni, che mi invogliavano quasi a mettermi alla ricerca di quegli scorci, ma ho come messo a tacere questo impulso di curiosità, decidendo che la mia meta, oggi, sarebbe stata solo ed esclusivamente Reneuzzi.

Così, superato senza fermarmi anche Ferrazza, dove una coppia di giovani ragazzi stava facendo il pranzo di Ferragosto sotto al portico sul fianco delle case, mi sono lanciato verso Reneuzzi, dove come sempre, la porta aperta del cimitero e il campanile dell'Oratorio mi hanno accolto dandomi il benvenuto nel borgo fantasma. 

Una visita veloce al cimitero, dove già avevo avuto modo di soffermarmi l'ultima volta che ero venuto qui, leggendo sulle lapidi i nomi delle persone che qui riposavano, poi una veloce occhiata dentro all'Oratorio di San Bernardo Abate. Tutto come sempre, tutto fermo e immobile, anche se il portico ad arco dell'Oratorio mi è sembrato sempre più pericolante, con una grossa crepa al centro, facendo crescere in me l'ansia di non rivedere più questa meraviglia il prossimo anno, quando tornerò - quasi sicuramente - da queste parti. Ho voluto scattarmi una foto davanti alla chiesa, per poter dire di essere stato qui quando ancora era in piedi.

I due turisti "ferragostani" di Ferrazza sono sbucati tra le pietre di Reneuzzi quando io ero intento a consumare il mio personalissimo spuntino di Ferragosto sulla panca nella piazzetta del paese fantasma, avvolto dal freddo silenzio dei ruderi. Ho lasciato loro il tempo di fare un rapido tour tra le macerie, poi, quando si sono rimessi sul sentiero per Ferrazza, ho deciso che sarebbe cominciata la mia visita tra gli angoli nascosti del paese.

Scrutando all'interno della casa dalla forma arrotondata, che sul lato verso il sentiero aveva una porta in legno aperta (che qualcuno, nei giorni precedenti, aveva chiuso, dandomi come l'impressione di essere finito in un luogo diverso dal solito), non ho trovato molto di diverso dal solito: solo una sempre maggiore sensazione di disordine e confusione, come se qualcuno fosse entrato a mettere tutto a soqquadro, cosa che però ho ritenuto alquanto improbabile visto che, sul pavimento, c'erano delle grosse buche decisamente pericolose. 

Mi sono così spostato all'intersezione con il sentiero numero 243, che ho imboccato e percorso per un breve tratto, cercando di vedere qualcosa di più di questa parte di paese, che l'ultima volta avevo appena addocchiato. Probabilmente non riuscirò a fare molto, data la vegetazione opprimente, ma vorrei quanto meno provarci, ben consapevole che, comunque, 'ideale sarebbe stato passare da queste parti in autunno inoltrato. Chissà quante cose avrei potuto scoprire di questo borgo abbandonato!

Ho superato il tratto dove il sentiero si fa stretto, passando tra i muri delle case, e mi sono potuto fermare ad osservare per bene le due grandi costruzioni presenti, una delle quali ospitava una grande terrazza, in parte crollata, delimitata da una ringhiera in ferro, ormai arrugginita, alternata ad una staccionata in legno. Ho presunto fosse stata, ai tempi, una specie di locanda, dove si ritrovavano i paesani a bere un bicchiere di vino e a ballare in occasione delle feste. 

Niente di nuovo fino a qui, voi direte.

Ma aguzzando la vista, tra la casa con la terrazza e quella che la precedeva, ho visto una specie di stretta viuzza, riconoscibile appena appena tra le erbacce, che sembrava dirigersi verso il basso. Spostando i rami delle piante, l'ho imboccata iniziando a scendere tutto curvo. Poche decine di metri e sono rimasto a bocca aperta: un Reneuzzi nascosto, che mi si mostrava poco alla volta, mi stava comparendo davanti. 

Il sentierino, sempre più evidente a mano a mano che si procedeva, era accompagnato, sul lato sinistro, da un muretto a secco ricoperto interamente di muschio. Davanti a me ecco una casa in pietra, molto alta, che sono riuscito a vedere per intero solo quando sono arrivato proprio ai suoi piedi: sembrava una copia della casa arrotondata che si trova al centro del paese, ma più grande. Non l'avevo mai vista prima. Anche qui, evidentemente, le forme così dolci della casa servivano al passaggio delle slitte trainate dagli animali.

Il sole, che filtrava dalla sagoma della porta, disegnava un rettangolo sull'erba. La casa, costruita in pietra chiara, alternata ad altre leggermente più scure, vista nel suo insieme sembrava avere una tonalità ancora più chiara rispetto alle altre case del paese, ma forse un po' era il sole ad ingannare, apparendo e scomparendo tra i rami degli alberi esattamente dietro ai muri. Mettendo il naso dentro alla sagoma della porta mancante, mi sono reso conto dell'imponenza di questa casa. Dalla parte opposta, si ammiravano una porta in legno e alcune finestre, mentre i muri della casa, su quel lato, erano parzialmente crollati.

Per un attimo, non mi è sembrato neanche di essere a Reneuzzi: la sola scoperta di questa nuova casa mi ha fatto perdere i punti di riferimento. Eh si, perché mi è bastato girarmi sulla sinistra ed ecco altre sorprese in arrivo: guardando in direzione della casa con la terrazza, che vedevo sullo sfondo, ecco fare la sua comparsa, davanti a me, un portico ad arco in pietra, particolarissimo, in buona parte ricoperto di muschio, sotto al quale spuntava ancora qualche vecchio attrezzo dell'epoca. Pazzesco, non mi ero assolutamente accorto della presenza di questo angolo così suggestivo del paese abbandonato. Il portico, così perfetto che sembrava disegnato con un compasso, si univa con i ruderi di un altro muretto (stai a vedere che qui c'era un'altra casa..), lasciandomi intravedere sullo sfondo la terrazza di quella che io ho ribattezzato "locanda". Chissà cosa c'era qui sotto! 

Sarei andato più avanti a vedere, ma le spine e le erbacce me lo impedivano. Mi sono voltato, dando le spalle alla casa dalla forma arrotondata ed eccomi di nuovo ai piedi di un'altra grande costruzione, che ho visto per la prima volta così bene, in tutta la sua grandezza: la casa che si trova sul lato del sentiero 243, in alto crollata ma, nella parte inferiore, ancora con le sagome delle finestre ben evidenti. 

Guardando bene, sembrava quasi che da questo piccolo sentiero ne nascessero un'infinità di altri e, per un attimo, ho ripensato al dedalo di viuzze che separavano le case di Reneuzzi, quando ancora era abitato. Chissà che meraviglia di posto deve essere stato! Potessi tornare indietro nel tempo, solo questo varrebbe il viaggio.

Aggirando sul lato destro la grande casa dalla forma arrotondata, ho potuto ammirare sul fianco una minuscola finestrella con un piccolo davanzale in pietra e, sul retro della casa, una particolare scaletta, anch'essa arrotondata - sempre in pietra - che conduceva all'ingresso. Ero sempre più stupito, e non volevo ancora fermarmi.

Facendomi largo tra le spine, in un punto in cui sembrava quasi buio tanto era fitta la vegetazione, mi è comparsa di fronte la sagoma quadrata di un'altra casa, senza il tetto. Ancora un' altra! La porta in legno era aperta a metà e mettendo il naso dentro si poteva vedere un'altra grandiosa testimonianza dell'epoca: i muri della casa dipinti con due righe orizzontali parallele, una blu e una rossa, che percorrevano tutto il perimetro della casa, separate da un sottile tratto non dipinto. Di fronte alla porta di ingresso, un'altra finestra di legno, mentre tutto all'interno della casa, macerie. 

Il gioco di colori blu-rosso era presente anche in altri angoli della casa, come ad esempio attorno ad una specie di mensola, scavata all'interno del muro, dove venivano appoggiati oggetti di uso comune, una specie di armadio ricavato da una rientranza del muro: l'ho già ritrovato in molte case dei paesi abbandonati. Anche l'accoppiata di colori blu-rosso, a dire la verità non mi era del tutto nuova: l'ho intravista all'interno di una abitazione di Casoni di Vegni come decorazione dei muri interni. E se vogliamo dirla tutta, queste decorazioni richiamavano chiaramente quelle dell'Oratorio di San Bernardo Abate. Sembravano fatte dalla stessa mano. 

Giunto in uno dei punti più sommersi di vegetazione del paese, non riuscivo più a proseguire oltre ma nonostante tutto riuscivo ancora a distinguere tra i ruderi delle case e le piante che ne avevano occupato lo spazio, alcuni stretti sentierini che, ai tempi, univano probabilmente le varie abitazioni. E' incredibile come con pochi passi in più abbia potuto scoprire un borgo totalmente nuovo, notando angoli e particolari che invece, a prima vista, mi erano decisamente sfuggiti.

Tornato sui miei passi, sono nuovamente giunto davanti alla grande casa dagli angoli smussati, dove ho imboccato il sentierino che ho notato scendere dal sentiero principale, costeggiato dal muretto a secco colorato di muschio. Salendo, ho avuto ancora la possibilità di vedere, sotto alla "locanda" con la grande terrazza, una porta in legno semiaperta, quasi interamente sommersa di macerie: era il piano inferiore della casa, quello a cui non ho potuto avvicinarmi per le troppe spine. Giunto nuovamente sul sentiero 243, l'ho imboccato in direzione del centro del paese, facendo ancora in tempo a infilare la macchina fotografica dentro ad una buia finestra, dove sono riuscito a fotografare una specie di stalla "ponteggiata" con dei ceppi di legna a terra.

Mentre mi dirigevo verso i Mulini, scendendo tra le ultime case di Reneuzzi, sul sentiero 242 ho notato anche qui, ad uno sguardo più attento, particolari mai visti prima. Un esempio?

La casa dalla forma arrotondata posta all'intersezione tra i due sentieri, ospitava sopra alla finestra lo spazio per una madonnina, o per un'immagine sacra, ricavato nel muro. Sembra una stupidaggine, ma non l'avevo mai notato. Nella grande casa in pietra posta sul fianco di quella arrotondata, guardando bene in alto si poteva scorgere la sagoma di un piccolo forno, presente anche - ma al suo interno - in una delle ultime case del paese, che mi ha regalato uno spaccato di vita domestica dell'epoca. 

Scendendo in direzione del rio, un'altra casa posta sulla destra (quelle case, quindi, che sul lato opposto danno sulla "piazza" del paese) aveva al piano terreno una specie di portico ad arco in mattoni, simile a quello che avevo fotografato prima dalla parte opposta del paese. Sotto al portico, guardando bene, c'era ancora una scarpa sgualcita e impolverata, descrizione perfetta dell'abbandono. Da non aggiungere altro, direi.

Voltatomi alle spalle, ecco sommerso dalle erbacce spuntare un piccolo balcone in legno sul fianco di una casa. Anche questo mai visto prima, ad uno sguardo veloce e distratto. Ma ancora più sorprendente è stato l'ultimo particolare di cui mi sono accorto.

Sul sentiero che scendeva verso il rio, tra due ruderi di case, guardando in direzione del paese di Campassi, sulla sponda opposta della montagna, ho notato tra il fitto strato di alberi un tetto con le tegole rosse: ecco quello che stavo cercando. Secondo un mio semplice ragionamento, una casa con le tegole - a differenza delle altre, tutte in pietra - dovrebbe essere stata la più recente e, quindi, quella in cui ha vissuto l'ultimo abitante di Reneuzzi, il famoso - non per scelta sua - Davide Bellomo. Accanto alla casa col tetto rosso, pareva esserci una specie di stalla. La casa non era però raggiungibile dal punto in cui mi trovavo, probabilmente ci deve essere stato un piccolo sentiero che partiva più in basso, lungo la strada verso il rio. Oppure, altra cosa probabile, proseguendo oltre la casa con il dipinto rosso e blu sui muri, che ho visitato prima, si sarebbe potuta raggiungere questa più recente costruzione (più recentemente, quanto meno, ristrutturata). L'estate non era però la stagione migliore per mettermi alla ricerca di queste testimonianze di vita passata a Reneuzzi. Mi sono reso conto che sarei dovuto tornare in inverno, neve permettendo, per potermi muovere più liberamente tra le case.

Tornando verso il centro del paese, ho comunque fatto ancora in tempo a notare, anche tra le case poste sul lato della "piazzetta" di Reneuzzi, i segni di stretti viottoli che passavano tra le case. Mai visti prima e tutti dei piccoli particolari che possono dire molto su quella che era la vita qui, in questo sperduto borgo ai piedi dell'Antola, nell'imponente valle dei Campassi.

Mi sono diretto così verso la macchina: la giornata è stata proficua, ho scoperto un sacco di cose nuove su Reneuzzi. Case di cui non conoscevo l'esistenza, dipinti, decorazioni, porticati, stradine, balconi. E poi, forse, quella che potrebbe essere stata la casa di Davide Bellomo. "Speriamo che regga la chiesa..." ho pensato ancora, mentre le passavo a fianco sul sentiero del ritorno.

Sono arrivato a Vegni che il Ferragosto era ormai finito: le persone, sul balcone, si godevano il sole caldo del pomeriggio. Alcuni asinelli, in un recinto davanti al cimitero, mi hanno incuriosito e ho fatto una deviazione per regalargli una carezza sul muso.

Reneuzzi, come tutti gli altri paesi fantasma, ha ancora un sacco di angoli da scoprire e di novità da regalare. E per chi, come, me, si è appassionato a queste tematiche, è una notizia piacevolissima.

 

A un passo dalla vetta
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