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IL SENTIERO DEGLI ESSICCATOI

Poco conosciuta ma interessante escursione sui sentieri della valle Spinti

PARTENZA E ARRIVO: Grondona (mt. 303)

TAPPE INTERMEDIE: C.na Costaprà; Abègu Ciape; Abègu Apricusa; C.na Baro; Bivio Pian dei Poggi; Abègu Nurtiù; Abègu Costa

LUNGHEZZA ITINERARIO: 7,5 km 

TEMPO DI PERCORRENZA: 3,30 h. circa

SEGNAVIA: S.E. (il sentiero si snoda sui percorsi CAI n. 283-280-281)

 

Verso la fine dello scorso anno, mi è capitato sotto mano un depliant del CAI di Novi Ligure dedicato al "giro degli essiccatoi", un'escursione di cui non avevo sentito parlare se non raramente. Dopo averlo un po' studiato, ho deciso assieme a Ilaria di provare a percorrerlo e, considerato che il percorso si snoda per lo più all'interno di fitti boschi, abbiamo approfittato di una giornata dal punto di vista meteo non eccezionale, che probabilmente non avremmo utilizzato per compiere escursioni ben più panoramiche.

Raggiungiamo Grondona svallando dalla val Borbera attraverso San Martino di Roccaforte, preferendo questa tortuosa strada al giro forse più lungo ma sicuramente più comodo da Arquata Scrivia. Raggiunta la svolta per il centro del paese la imbocchiamo con l'auto e, superata Piazza Venezia, proseguiamo fino a parcheggiare nei pressi dell'ampio piazzale nelle vicinanze del torrente, punto da cui il percorso dovrebbe partire.

Indossiamo scarponi e zaino, sopra alle nostre teste la Torre di Grondona si intravede appena spuntare dalla montagna. Ci mettiamo in cammino seguendo le indicazioni del volantino del CAI, scendendo sul letto del torrente Spinti, che si attraversa su una "passerella" di cui, in realtà, non vi è traccia alcuna: è probabile che in occasione di qualche piena del torrente, magari con le ultime alluvioni, la passerella sia stata portata via dalla violenza dell'acqua. Fatto sta che dobbiamo oltrepassare lo Spinti - che diciamolo, oggi è tutt'altro che minaccioso - e lo guadiamo per due volte aiutandoci con le pietre poste sul suo letto, risalendolo brevemente per poi imboccare, verso destra (sulla sinistra idrografica del torrente), una carrareccia non segnalata che costeggia alcuni orti, piegando ben presto in direzione ovest.

Raggiunto un bivio, incontriamo le prime indicazioni del "sentiero degli essiccatoi", che troveremo d'ora in poi segnalato con la sigla S.E. ma anche - in alternativa - con la numerazione di alcuni percorsi CAI della zona. Al bivio, nonostante verso sinistra siano indicati i nomi di tre degli essiccatoi che dovremo raggiungere, ci manteniamo a destra, su di una traccia di sentiero fangosa che dopo un tornante si biforca immediatamente: contrariamente a quanto si può pensare, anziché seguire la strada in salita, ci manteniamo sulla traccia che scende leggermente e che, ben presto, prende a inerpicarsi in un fitto castagneto con un tratto ripido. Alle nostre spalle ecco la torre di Grondona, mentre la vista inizia leggermente ad aprirsi anche sulle vallate circostanti. Continuiamo a salire e giungiamo in vista delle prime segnalazioni del percorso: sul tronco di un albero, ecco infatti dipinto il segnavia numero 283.

Dopo poco, il sentiero corre ai limiti di un ampio terreno, al centro del quale si trova un rudere: ci allontaniamo dal percorso per vedere di cosa si tratta, convinti che potrebbe trattarsi di un essiccatoio ma si tratta in realtà dei ruderi di un cascinale, riportato dalle cartine come Cascina Costaprà (mt. 370 circa), posizionato in splendida posizione panoramica sulla Torre di Grondona, sul borgo di Sezzella e sulla Chiesa dell'Annunziata. Ritornati sul sentiero, lo seguiamo in salita per un breve tratto, incontrando un nuovo bivio.

Nonostante il sentiero 283 prosegua verso sinistra, seguiamo la traccia di destra perché in questa direzione si trova il primo degli essiccatoi: avanziamo così per un breve tratto su sentiero pressoché pianeggiante, deviando in salita sulla sinistra - seguendo le segnalazioni S.E. - e raggiungendo in pochi minuti l'Abègu Ciape (mt. 400), un caratteristico edificio in pietra arenaria, con un solaio intermedio e alcune feritoie laterali per la fuoriuscita del fumo. Recentemente ristrutturato, nelle immediate vicinanze si trova un interessante pannello informativo che ne descrive le principali caratteristiche.

Lasciamo l'Abègu Ciape tornando al bivio precedente, dove riprendiamo il sentiero 283 che dopo un tratto iniziale di decisa salita modera le proprie pendenze, correndo quasi in piano in corrispondenza della linea di crinale, contornato dai castagneti con belle viste sul vicino Monte L'Ariola. Dopo un altro tratto di salita, si giunge in vista di un cascinale in posizione panoramica su Variana, la Cascina Porsi e, poco oltre, dell'imbocco del sentiero per raggiungerla: seguendo le segnalazioni si prosegue sul sentiero 283, che raggiunge ora una selletta nel castagneto, prima di iniziare a scendere con decisione.

Si prosegue a mezza costa nel bosco con continui saliscendi e, aggirato un ultimo versante, si giunge in vista del secondo essiccatoio, l'Abègu Apricusa (mt. 490), sulla destra del sentiero, dove veniamo sorpresi da un capriolo che ci sfreccia accanto a tutta velocità, impedendoci quasi di vederlo.

Proseguiamo oltre l'Apricusa, anch'esso in buono stato, seguendo la traccia in moderata discesa, in parte invasa dall'acqua e dal fango e raggiungiamo il poco distante Rio Gavassana, che superiamo nei pressi di un tornante, raggiungendo in breve l'intersezione con il sentiero 282. Mantenendo la destra in decisa salita, proseguiamo nel castagneto sul sentiero 283, mentre un po' di sole fa ora la propria comparsa tra le nuvole, costringendoci ad alleggerire il nostro vestiario. Dicembre, eppure non si direbbe.

Il sentiero non accenna a spianare e con una lunga serie di tornanti nel bosco prende rapidamente quota, raggiungendo in alcuni punti pendenze importanti. Un ultimo, deciso, strappo, conduce all'intersezione con il sentiero 280, nei pressi dei ruderi della Cascina Baro (mt. 590). Seguiamo le segnalazioni in direzione sud, continuando a salire nel castagneto anche se, ora, in maniera più moderata e dopo alcuni strappetti eccoci giungere - finalmente - in prossimità della linea di crinale, dove un tratto pianeggiante ci conduce all'incrocio con il sentiero 281, che utilizzeremo per il ritorno. Visto che però dal bivio si intravede, poco più avanti, un cartello con alcune segnalazioni, decidiamo di andare a curiosare, scegliendolo come punto dove fermarci a mettere qualcosa sotto i denti. Raggiungiamo il cartello, che indica il bivio di Pian dei Poggi (mt. 627), punto di incontro tra i sentieri 280 e 200. Il panorama, seppure ci troviamo sulla linea di crinale, è pressoché inesistente su ogni lato, vista la presenza di numerosi alberi, ma ciò non rappresenta un problema: ci sediamo su un sasso e mangiamo qualcosa, visto che siamo a metà essiccatoi visitati e forse anche a metà giro, anche se la parte più dura l'abbiamo sicuramente terminata.

Ci rimettiamo in marcia tornando indietro quel tanto che basta per prendere il sentiero 281, che scende su una stretta traccia in direzione est, avanzando dapprima con alcuni tornanti e regalando, in seguito, alcuni scorci tra gli alberi del castello di Montessoro attraverso la selvaggia valle del torrente Spinti. Dopo un tratto pianeggiante nel castagneto ricco di fauna selvatica, eccoci in vista del terzo essiccatoio, l'Abègu Nurtiù (mt. 620) che incontriamo sulla sinistra del sentiero, in buone condizioni nonostante l'interno colmo di foglie. Ci scattiamo una foto e ripartiamo, pronti per la discesa verso Grondona e, soprattutto, verso l'ultimo essiccatoio.

Ci aspetteremmo una discesa più decisa, ma in realtà il percorso aggira le pendici del Monte L'Ariola con continui saliscendi, mantenendo una quota pressoché costante. Cambiano però i panorami, a mano a mano che si aggirano i contrafforti della montagna, con le viste che, tra gli alberi spogli, arrivano su Sasso e Lemmi. Il percorso si mantiene pressoché pianeggiante per un lungo tratto, quindi, improvvisamente, prende a scendere a rotta di collo: ora capiamo perché hanno consigliato di percorrerlo in questa direzione! La discesa è ripidissima, tanto che con il fondo scivoloso e tutte le foglie degli alberi, diventa difficile mantenere l'equilibrio: tuttavia, in men che non si dica, si perde quota avvicinandosi notevolmente a Grondona, che si riesce a intravedere, ai piedi della Torre, da un punto panoramico lungo la discesa. Raggiunto un bivio, al quale abbandoniamo il sentiero più ampio a favore di una traccia meno evidente sulla destra, lungo la quale corrono le segnalazioni del sentiero 281, continuiamo a scendere con decisione, raggiungendo in men che non si dica il bivio con i sentieri 280 e 282.

Un attimo, però: e l'ultimo essiccatoio?

Guardiamo la cartina e consultiamo il volantino: il quarto essiccatoio è raggiungibile con una breve deviazione dal sentiero, che però ci siamo persi clamorosamente. Non sembra distante da qui, così convinco Ilaria a tornare indietro (altra salita, sigh!) di poche centinaia di metri, fino ad incontrare il bivio (molto poco evidente, quindi attenzione) per l'ultimo essiccatoio. Si tratta dell'Abègu Costa (mt. 404), che raggiungiamo con una breve deviazione pianeggiante e che appare quello messo peggio dei quattro, tanto da avere l'interno sostenuto da alcune travi in legno, le porte chiuse e alcune profonde crepe sui lati.

Qualche foto all'ultimo abègu, poi riprendiamo il sentiero, tornando al bivio con i sentieri 280 e 282 e, da qui, continuando in discesa sul sentiero 280, che dopo aver virato con decisione verso ovest - regalando le prime viste, tra gli alberi spogli, su Grondona - ci riporta nei pressi del bivio incontrato poco dopo la partenza in mattinata, quello al quale avevamo mantenuto la destra. Siamo discretamente pieni di fango, e il caldo di questa giornata (poco) invernale, unito all'aria gelida che si sta alzando nel tardo pomeriggio, ci lascerà strascichi influenzali per un mesetto buono. Ma, ahimé, questo non potevamo prevederlo!

Raggiungiamo il greto dello Spinti e lo attraversiamo sui sassi bagnati, facendo ritorno alla macchina. Alle nostre spalle, i versanti boscati che abbiamo percorso in lungo e in largo con i nostri sentieri quest'oggi: certo che ne abbiamo fatta di fatica, seppure la strada non fosse poi particolarmente lunga. Ma abbiamo anche imparato tante cose nuove sugli abèghi e sulla vita contadina!

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A un passo dalla vetta
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