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UN WEEKEND SULLA NEVE - PARTE I

Ciaspolata da Caldirola al Monte Ebro, ascoltando il silenzio della montagna

PARTENZA: Caldirola, Colonia Provinciale (mt. 1100)

ARRIVO: Monte Ebro (mt. 1701) 

LUNGHEZZA DEL PERCORSO: circa 9 km

TEMPO DI PERCORRENZA: 3 h. 40 min. circa
SEGNAVIA: bianco-rosso 106 fino al bivio Rif. Orsi; bianco-rosso 200 sul crinale

 

 

Ricordate l'escursione di settimana scorsa?

Appena ero partito, aveva iniziato a nevicare. Poi non ha più smesso per due giorni interi, e ne erano arrivati altri 50-60 cm buoni. Non contento, a metà settimana ha fatto ancora un richiamino. Giusto per iniziare il mese di marzo con un bel manto di neve fresca (mai vista così tanta nei miei 30 e rotti anni di vita).

"Che vuoi fare, si ciaspola", pensavo, mentre in settimana ero in ufficio. Ho anche comprato un paio di ciaspole nuove, non si sa mai. Sono rimaste nel baule della macchina tutta la settimana, quasi a farmi compagnia.

Ieri il lavoro mi ha portato a Bergamo, a poco più di 30 km dai luoghi dove è cresciuto mio nonno, e le ciaspole erano nel bagagliaio, assieme ai bastoncini. Sai mai che finisco presto e vado a farmi una ciaspolata sul Resegone! Scherzi a parte, la giornata bergamasca è andata bene, mi sono anche mangiato un bel piatto di casoncelli, e alla sera sono tornato a casa mia, stanco come non mai. Ho fatto in tempo a cenare, poi al minimo contatto col divano, ho alzato bandiera bianca e sono crollato.

Nonostante le mille ore di sonno, ho faticato a svegliarmi. Ripresa conoscenza, ho fatto una veloce colazione, mi sono vestito e sono sceso in pista per il mio allenamento quotidiano. 

Oggi sono ancora da solo: mi si è infortunata la compagna di viaggio, maledizione. Chissà se riuscirà a farmi compagnia almeno domani? Temo proprio di no, sono quasi rassegnato e così mi butto a capofitto nell'escursione che mi aspetta. Quanti chilometri faccio oggi? Diciamo che la mia intenzione era di non esagerare, ma poi le gambe giravano e ci ho dato dentro. Quindi, dove si va? Decideremo strada facendo, cominciamo a portare la macchina in Colonia, a Caldirola. 

Parcheggio, scendo e metto  le ciaspole. A fianco a me, due signori con un cane si stanno preparando.

Scambiamo due parole, finché uno dei due - indossate le ciaspole e chiuso lo zaino - esclama "Noo, i guanti! Li ho lasciati nello zaino!". "Glieli devo prendere?" chiedo, in preda ad un'inusuale gentilezza che forse solo la montagna mi fa venire. "No, sono in fondo allo zaino, sotto ai salamini. Posso prenderli solo dopo che ho mangiato tutti i salamini!". Le risate rimbombano sotto agli alberi del piazzale della Colonia, e sono sicuramente il miglior modo per partire. Umore positivo uguale gambe che girano bene.

Parto per la strada verso il Rifugio Orsi, sentiero 106. La neve si è dimezzata, rispetto ad una settimana fa, almeno nel primo tratto di strada, e il paesaggio è decisamente diverso. Splende un meraviglioso sole, la neve luccica, in alcuni punti è leggermente ghiacciata, fa freddino da qualche giorno. Oggi però si sta bene, anche se prima di partire mi sono infilato il passamontagna nello zaino perché - non so per quale motivo - immaginavo di morire di freddo là sopra.

Procedo spedito lungo il sentiero che ormai conosco a memoria, perché faccio ogni settimana una o due volte da non so quanti anni. Mi fermo per scattare una bella foto al sole che sembra incastrarsi tra i tronchi degli alberi, poi riparto veloce, respirando a pieni polmoni l'aria fresca del mattino di montagna. Mentre cammino, penso che devo ancora decidere il sentiero da percorrere oggi: che faccio?

Nonostante una mezza idea di deviare sul sentiero 115 per ritornare verso il Gropà, decido di proseguire fino al cancello sul versante del Panà, ma questa volta non proseguirò verso il Rifugio. Salirò sul versante fino ad arrivare in cima al Panà, per poi farmi una parte di crinale, vedremo fino a dove. Mi do' come punto di arrivo il Monte Cosfrone.

L'ultima volta che avevo affrontato questa salita c'era un'infinità di neve, ed ero il primo a passare sulla neve fresca: credevo di morire. Oggi invece si sale bene, la neve è schiacciata, e seguo il sentierino che hanno fatto già parecchi ciaspolatori che sono passati prima di me. Bravi, hanno fatto un bel sentiero, con le curve giuste al punto giusto e le salite ripide dove non si poteva fare altrmenti. Il sole picchia forte, non c'è una nuvola. Non mi fermo spesso, salendo, ma devo togliermi la cuffia e slacciarmi la giacca perché fa veramente caldo.

Salendo, mi volto spesso per fotografare il Chiappo e l'Ebro, l'uno accanto all'altro stracolmi di neve.

Quando la salita sta per diventare più ripida, nell'ultimo tratto, poco prima della fine degli alberi, mi imbatto in un crocevia di sentierini creati dalle impronte degli animali selvatici. Credo di non aver mai visto così tante impronte diverse tutte insieme, alcune non so a che animale possano appartenere perché sono stranissime.

Arrivo sulla cima del Panà dopo circa un'ora  di cammino, ho fatto presto quest'oggi.

Dietro al Giarolo, uno strato grigio di smog e nuvole mi ricorda che là in basso c'è la città. Là in basso è purtroppo dove sono costretto a vivere durante la settimana. Dietro a quella riga scura, si intravede la punta del massiccio del Monte Rosa.

Scatto qualche veloce fotografia e riparto immediatamente alla volta del Cosfrone, proprio mentre sento dietro di me le voci di due escursionisti che stanno arrivando sulla cima del monte. Mi metto in cammino davanti a loro, scendendo prima leggermente fino all'intersezione con il sentiero numero 114 che conduce al Rifugio Orsi, e poi riprendendo la lenta salita al Monte Cosfrone. Davanti a me, altri tre escursionisti mi aprono la strada.

La salita al Cosfrone è difficile, ci sono dei punti in cui il vento ha ammucchiato una quantità incredibile di neve. Il sentiero fatto da chi è passato prima di me è stretto e in pendenza, si fa fatica a restare in piedi. Un po' è anche colpa mia, che non guardo mai dove metto i piedi perché ho sempre il naso per aria alla ricerca di qualche bella foto da scattare. Quello che vedo davanti ai miei occhi è assolutamente imperdibile, con il versante del Cosfrone che, in direzione del Monte Roncasso, fa quasi da cornice alle montagne sullo sfondo, in direzione del Mar Ligure.

Arrivato sul Cosfrone, mi fermo ancora per scattare qualche foto e penso "Ok, sono arrivato al punto prefissato. Vorremo mica fermarci qui?". Neanche per sogno, riparto subito, le gambe vanno che è una meraviglia. Da qui in poi, il vento ha spazzato tutta la costa, che per una buona parte è totalmente priva di neve. Cammino con le ciaspole sull'erba, piano piano, cercando di non romperle con il mio dolce peso ed evitando attentamente i sassi più grandi. Dove la neve se ne è andata, il terreno è morbido come un cuscino.

Poco dopo, la neve riprende e alla grande anche. Supero i tre escursionisti che mi precedevano e mi avventuro tra una serie di cavalle di neve così alte che nascondono quasi la staccionata che separa i confini. Mentre avanzo, incontro alcuni escursionisti che stanno già scendendo dall'Ebro, mentre scatto ancora qualche foto alle montagne vicine: il Carmo e l'Antola, carichi di neve, rimangono sullo sfondo, mentre il primo piano delle mie fotografie è tutto per la crosta di neve "spaccata" dal vento che l'ha modellata e disegnata a modo suo.

Arrivo all'Ebro, qui l'aria è già diversa. A 1701 metri gelano le orecchie. Scatto qualche foto dalla cima, mentre arrivano i tre escursionisti che avevo superato poco prima. Mi chiedono di fargli una foto davanti alla croce, ubbidisco, mentre tengo tra i denti un pezzo di cioccolato che sarà la mia merenda di oggi.

Bevo un po' d'acqua e riparto, per buona parte ripercorrerò lo stesso sentiero anche al ritorno.

Proprio sotto all'Ebro, incontro i due signori che si stavano preparando di fianco a me, quelli dei salamini per intenderci. Sono stravolti, mi chiedono quale strada tenere per il ritorno. Chissà che fine hanno fatto i salamini che avevano nello zaino?! Non credo li abbiano già mangiati, hanno la faccia affamata. Come me del resto.

Prendiamo direzioni diverse, io mi incammino sul crinale, che ripercorro in direzione opposta. Per fortuna ora il sole è alle mie spalle, mi sento la faccia che brucia. E c'è un bel vento gelido che ha fatto decisamente scendere la temperatura, che soffia dalle mie spalle. Noi qui lo chiamiamo "piacentino", e siccome c'è il piacentino metto anche i guanti prima che mi gelino le dita.

Sul Cosfrone faccio una breve sosta per stringermi le ciaspole, che si erano allentate, poi scendo a tutta velocità, spinto dalla fame. Inizio ad avere un po' male ai piedi, ho incontrato una neve molto diversa oggi lungo il mio percorso. A tratti gelata, a tratti morbida, a tratti assente, a tratti troppa. I miei piedi sono stati sottoposti a troppe diverse sollecitazioni e ora ne risentono.

Arrivo sul Panà e incontro due coppie di giovani che stanno scattando delle foto. Mi fa piacere, perché normalmente la montagna è frequentata da gente un po' più "matura" e un po' di ricambio non guasterebbe. Decido di scendere dalla discesa del Panà verso le piste, non seguendo quindi in toto il percorso dell'andata. Qui c'è tantissima neve, scendere senza cadere non è semplice ma per una volta ce la faccio. Dietro di me, i quattro ragazzi del Panà, e non contento incontro un'altra coppia di giovani escursionisti che sta salendo verso la cima del monte. Oggi giornata della gioventù, bene.

Quando penso che il peggio sia finito e che mi rimangano solo poche centinaia di metri di discesa tranquilla, arriva quello che non ti aspetti, cioè una parte di scorciatoia che seguo solitamente dove il vento ha ammucchiato una quantità inaudita di neve. Scendere così è un delirio, con il male ai piedi ancora di più. Ma è solo l'ultimo ostacolo, perché una volta arrivato sulle piste da sci, in pochi minuti arrivo alla macchina, tra sciatori e snowboarder che mi sorpassano.

Un'altra giornata di allenamento proficuo, questa primavera sarò in forma come non mai. Non mi sono mai fermato. Tolgo le ciaspole e torno a casa, con gli occhi che mi bruciano e la camminata caracollante. Mi guardo nello specchietto retrovisore, ho un colorito che a volte neanche a luglio mi ritrovo. Sole, neve e aria fredda quando ci si mettono, lasciano il segno. E che segno, sono tutto bruciato!

Mentre sto entrando in casa, penso già a che fare domani. Il giro di oggi è stato abbastanza lungo e i miei piedi ne hanno risentito parecchio. Ma domani sarà ancora una bella giornata di sole e sarebbe un peccato sprecarla. Ho bisogno di pensarci sopra.

Ma soprattutto, chissà se Lei riuscirà a raggiungermi? [continua]

A un passo dalla vetta
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