DA ROCCAFORTE A MONTEGGIO
Nel pieno dell'autunno, una camminata avvolto nella nebbia, fino a un misterioso paesino. Abbandonato o no??
PARTENZA: Roccaforte Ligure, bivio ss. 260/274 (mt. 780)
ARRIVO: Monteggio (mt. 610)
TAPPE INTERMEDIE: Monte Rosso (mt. 837), Monte Castagnaro (mt. 780), Lemmi (mt. 666)
LUNGHEZZA DEL PERCORSO: circa 11 km
TEMPO DI PERCORRENZA: intorno alle 3 h.
SEGNAVIA: bianco-rosso num. 275
La scorsa estate, durante la mostra fotografica sui paesi fantasma del nostro appennino, mentre mi aggiravo nella sala mi venne incontro un anziano signore. "Belle foto, ma ne hai dimenticato uno di paese abbandonato!".
"Davvero? E quale?" gli risposi.
"Monteggio! E' vicino ad Avi. Sei andato fino ad Avi e non a Monteggio?"
La moglie intervenne fermandolo subito: "Ma Monteggio non è un paese abbandonato!"
E il signore: "Si! Ci vanno solo d'estate!"
Insomma, prima di capire se Monteggio fosse un paese fantasma o meno, di tempo ne è passato. Ho provato a documentarmi, a cercare notizie su internet, ma niente da fare. Allora per troncare ogni dubbio mi sono detto "andiamo a vedere, è l'unica"!
E' arrivato l'autunno, nel frattempo, con il mese di ottobre giunto quasi al termine. La nebbia avvolge ogni cosa ormai da diverso tempo: o nebbia o pioggia, pare essere l'unica alternativa conosciuta da questa stagione. Il sole non si vede quasi più e temo che la scoperta di Monteggio, oggi, sarà parecchio "offuscata" da questa coltre grigia. E dire che lungo la strada verso Roccaforte Ligure, partenza della mia escursione, si vede anche il sole, sopra alla nebbia, che sembra giocare con le montagne di puddinga della Val Borbera, ma le ultime curve sulla SP145 della val Sisola mi riportano alla brusca realtà: siamo circondati dalla nebbia.
Parcheggiamo l'auto davanti alla chiesa di San Giorgio, a Roccaforte, dove un cartello posizionato nei pressi del cimitero ci indica il bivio tra i sentieri numero 260 (Croce degli Alpini, ricordate?) e il numero 274 (che racconterò tra qualche settimana sul blog).
Imbocchiamo il sentiero numero 260, seguendo nella prima parte lo stesso itinerario che conduce alla Croce degli Alpini ma appena arrivati al primo bivio (attenzione: non quello che conduce ai resti del Castello degli Spinola) abbandoniamo il sentiero numero 260 e teniamo la sinistra seguendo le indicazioni del sentiero numero 275, che conduce a Monteggio e, ancora oltre, al bivio di Costa Jamue e a Vignole Borbera.
Il sentiero corre sulla puddinga a mezza costa, tra piante di timo e roverelle, in un'ambientazione decisamente autunnale e nella nebbia si fanno sempre più spazio le foglie marroni e gialle degli alberi, rossicce in alcuni casi, che occupano ormai tutta la strada. Non è possibile ammirare alcun panorama, purtroppo, ma immagino che senza questo velo di nebbia, da qui si possa godere di una bella vista su tutta la valle che da Roccaforte conduce verso Grondona, dove la Val Borbera diventa Valle Spinti.
Ad un certo punto, svoltando bruscamente a destra, il sentiero entra più decisamente all'interno del bosco di castagni, passando accanto ad un cartello dei "sentieri della libertà" che mi ricorda che poco distante, in un luogo a valle della sorgente identificata con il nome "fountanèin", i partigiani scavarono dei ricoveri nella fiancata del monte in grado di garantire il riparo per qualche giorno a 6-7 persone in caso di rastrellamenti.
Proseguendo all'interno del bosco in leggera discesa, si giunge in prossimità del Monte Rosso, riconoscibile dal colore della terra, arancione come quella che ho trovato sulle montagne di Rivarossa: attorno a noi solo nebbia fitta e squadre di cacciatori, oggi non si può chiedere di più, ma sono certo che da qui, con il cielo sereno, ci sarebbe una bella vista, come intuisco dal profilo delle montagne che vedo spuntare da sotto alla coltre grigia. Oltre il Monte Rosso, dopo un tratto in piano che costeggia l'ampia valle di Avi, il paese abbandonato che ho descritto qui, la strada comincia a scendere in maniera più decisa all'interno del bosco di castagni - neanche a dirlo - del Monte Castagnaro, su di un sentiero sempre più infangato anche a causa del passaggio delle jeep dei cacciatori. La strada inizia a diventare via via più marcata e la manteniamo senza renderci conto che il sentiero 275 prosegue sulla destra (dovrebbe infatti giungere nei pressi del bivio per Costa dei Gatti). Rimaniamo così sulla sterrata che spiana leggermente e dove, sempre a causa della nebbia, ci perdiamo probabilmente una bella vista del sottostante paese di Lemmi e della vallata di Avi sulla sponda opposta. Ma a Lemmi ci arriviamo ugualmente, poco dopo, nonostante il sentiero sbagliato.
Ecco di fronte a noi un muretto su cui è appoggiata la recinzione in legno di una piccola baita e, poco più avanti, si vede il sentiero proseguire sul fianco del profilo di una casa in muratura. Davanti alla piccola baita, all'angolo con il sentiero, c'è un bel crocifisso in legno e, poco più avanti, si trova il bivio con le indicazioni per il sentiero numero 271, che si dirige verso destra: se avessimo seguito il percorso corretto, saremmo arrivati a Monteggio senza passare da Lemmi e, se proprio avessimo voluto passarci, nei pressi del bivio di Costa dei Gatti avremmo dovuto prendere il sentiero 271, che ci avrebbe condotto proprio qui.
Arrivati a questo punto, visto anche il fango, decidiamo di non avventurarci in nuovi sentieri e di proseguire sull'asfalto per Lemmi e, successivamente, per Monteggio. L'ingresso a Lemmi ci fa subito notare che si tratta di un paese molto vecchio, con tante case in pietra che sembrano quelle dei paesi fantasma che spesso ho visitato. Le persiane sono quasi tutte chiuse e l'asfalto scende ripidamente davanti a noi, regalandoci una vista del campanile arancione che compare tra i tetti delle case.
Vediamo in lontananza una signora che sale nella nostra direzione e quando la raggiungiamo ci fermiamo a scambiare quattro chiacchiere. "Veniamo da Caldirola" le diciamo, e lei subito ci chiede se siamo matti a venire a piedi da Caldirola a Lemmi. Una volta spiegatole che in realtà a piedi siamo partiti solo da Roccaforte, la signora ci dice che Lemmi è semivuoto in questa stagione, che molti preferiscono stare più vicino alla città, ma che a lei piace vivere qui, perché in fondo "venti minuti e sei a Grondona". Le diciamo che andiamo a Monteggio. "Non troverete nessuno!", ci dice la signora, "al massimo qualche cacciatore". Capisco quindi che non si tratta di un paese abbandonato, da come ne parla. E' abbandonato nei mesi invernali, tuttalpiù.
"Quando tornate indietro, arrivate fino lì sopra alla salita, poi girate a sinistra sotto al portico e trovate casa mia. Vi metto su un piatto di pasta" ci dice la signora, davvero ospitale e gentile quasi non fossimo in una terra dura e aspra come quella dell'appennino. La ringraziamo, ma dobbiamo declinare l'invito, ci mancherebbe.
Continuiamo a camminare tra le case di Lemmi, scendendo in direzione della chiesa, seguendo le indicazioni che ci ha dato la signora. Un gatto nero dorme arrampicato sul davanzale di una finestra e ci guarda con sufficienza, quasi avessimo disturbato il suo riposo passando di lì. Oltre la chiesa, ecco il bivio per Monteggio. Una stradina stretta e asfaltata poco e male scende sulla destra, attraversa un rio nei pressi di una baracca in legno e poi riprende a salire sul lato opposto. Di fronte a noi, su di un'altura, ecco un gruppo di case addossate le une alle altre, quasi nascoste dalla nebbia: dovrebbe essere Monteggio.
Passiamo accanto all'arrivo del sentiero 275, quello che avevamo perso in precedenza e dopo una breve salita eccoci giunti sotto alle case del piccolo borgo. Anche Monteggio, come Avi e Rivarossa, si dice sia uno di quei paesi utilizzati come rifugio dai partigiani, vista la loro posizione strategica e non fatichiamo a crederlo. La stradina giunge in mezzo alle case: ad alcune più nuove e ben curate se ne affiancano altre che più che case sono ormai dei ruderi, comunque il paese è abitato, per parte dell'anno e questo si capisce chiaramente anche dalle fioriere che ci sono tra le case. Anzi, addirittura una casa ha le persiane aperte, non so se le hanno scordate o se effettivamente c'è qualcuno. Quel che è certo è che oggi qui non vola una mosca e anche la nebbia contribuisce a rendere più ovattata l'atmosfera di questa manciata di case, tra le quali si può vedere il cartello con le indicazioni per gli escursionisti che reca l'altitudine del paese, 610 metri.
Vediamo sopra ai tetti un piccolo campanile in pietra, quello della chiesetta di Monteggio e la raggiungiamo per vederla. Accanto alla chiesa, una staccionata in legno da cui si può ammirare un panorama da vertigini sulle strette di Pertuso, che solo grazie alla nebbia sono oggi in parte nascoste. Peccato, vorrei davvero tornarci con il sole: anche di fronte alla chiesa si intravede poco, ma la sensazione è che la vista da qui possa essere magnifica.
La chiesetta, interamente in pietra, è ben curata e davanti ospita una scalinata sulla quale mi fermo a scattarmi qualche foto. Accanto al grande portone, due finestre laterali ad arco e più in alto, al centro, una finestra rotonda. In cima una croce e un campanile con una sola campana. E' proprio caratteristica questa chiesetta, una delle più belle tra quelle che ho visto nelle mie escursioni. Il colore della pietra, che con questa strana luce sembra quasi rossiccia, crea un bell'accostamento con il giallo delle foglie degli alberi circostanti. Saliamo su di una scaletta che ci riporta al centro del villaggio e scattiamo ancora qualche foto ai particolari di questo paesino: una statuetta della Madonna incastrata in una casa, una vigna poco distante, una vecchia porta chiusa con l'aiuto di alcune grandi pietre.
Monteggio è tutto qui, una manciata di case su di un'altura, con una bella chiesetta affacciata sulle montagne di puddinga della Val Borbera. Una specie di Rivarossa, più recente, posta esattamente di fronte al paese fantasma. Non lo so perché con la nebbia non ho potuto vedere, ma ho quasi l'impressione che le due chiesette si guardino l'una con l'altra dalle opposte sponde del Borbera.
Riprendiamo a camminare sull'asfalto, seguendo la stessa strada dell'andata, questa volta in salita. Oltrepassato il rio, ecco dopo poco spuntare dalla nebbia il campanile colorato della chiesa di Lemmi. Ho visto da alcune immagini trovate in rete che da Monteggio si vede Lemmi e viceversa, solo che oggi proprio non era la giornata adatta, peccato. Ma ci tornerò.
Un gruppo di cacciatori, ai piedi delle loro jeep, discute nei pressi del lavatoio del paese. Salutiamo e percorriamo la stradina asfaltata che sale tra le vecchie case di Lemmi, buttando un occhio, quando arriviamo nei pressi del portico, verso la casa della signora che ci aveva invitato per pranzo. A parte la statua di un Santo nascosta dietro a una finestra di vetro, non si vede nessuno, così riprendiamo la via di casa, rituffandoci nel fango del sentierino che conduce al Monte Castagnaro e, successivamente, al Monte Rosso, ancora avvolto nella nebbia esattamente come questa mattina quando siamo passati di qui per la prima volta.
Lungo la via del ritorno incontriamo solo qualche cacciatore e qualche ciclista che tenta di sfuggire al fango del sentiero, nulla di più. Solo nebbia e foglie cadute, che rivestono il sentiero in ogni suo punto, alternandosi solo a tratti ai ricci delle castagne. Quasi senza accorgercene, arriviamo in vista di un campanile che spunta dalla nebbia: è quello della chiesa di San Giorgio, siamo già a Roccaforte. Il ritorno è stato nettamente più veloce dell'andata, nonostante fosse in salita. Forse perché conoscendo la strada siamo tornati più velocemente, chissà. Mentre togliamo gli scarponi, accucciati davanti alla nostra macchina, un cane ci viene incontro dalle case davanti alla chiesa e si ferma a prendersi un po' di complimenti.
​Una bella escursione, peccato per la giornata tipicamente autunnale, che se ci ha regalato colori fantastici, ci ha privato di buona parte del panorama con quella odiosa nebbia. Ma a Monteggio ci torneremo, magari in una giornata migliore: ci sono ancora tante cose da vedere, oltre ad un sentiero ancora in parte da percorrere, visto che per colpa della nebbia - o della disattenzione - ci siamo persi un bivio! E comunque, per dirla tutta: quella sera della mostra, aveva ragione la moglie dell'anziano signore!