DA TARTAGO A PIZZONERO
La seconda parte di un affascinante viaggio nella selvaggia Val Boreca
PARTENZA: Tàrtago (Pc)
ARRIVO: Pizzonero (Pc)
LUNGHEZZA DEL PERCORSO: circa 6 km tra andata e ritorno
TEMPO DI PERCORRENZA: 2 h. 45 min. circa, tra andata e ritorno
SEGNAVIA: bianco-rosso 121
Qui la prima parte del racconto
Dopo poche centinaia di metri, in direzione di Belnome, sulla strada del ritorno, troviamo un posto all'ombra, ideale per fermarci a mangiare qualcosa. Oddio, ideale non proprio, visto che siamo seduti per terra su dei sassi discretamente appuntiti, ma in montagna non si guardano troppo queste sottigliezze. Certo è che dopo venti minuti seduti qui, si sente proprio il bisogno di alzarsi. La voglia di camminare ti ritorna per forza di cose, volente o nolente.
La pausa comunque ci voleva: abbiamo consumato un veloce pranzo in silenzio, con il cinguettio degli uccellini in sottofondo e il vociare degli abitanti di Tàrtago di cui ogni tanto avvertivamo l'eco, in lontananza. L'ombra ci ha un po' rigenerato, ma se già era caldo al mattino, le ore del pomeriggio saranno roventi.
Ci alziamo, rimettiamo gli scarponi e li stringiamo ben forte: si ritorna a Belnome.
La strada che percorriamo è la stessa della mattina, in senso contrario. Ora però abbbiamo da affrontare qualche salita in più, ma niente di così complicato, almeno nella prima parte di tracciato, quella che si snoda lungo le pendici del Monte Alfeo. Arrivati in corrispondenza del piccolo cimitero di Tàrtago, il sentiero pietroso scende leggermente per poi risalire, lasciando sulla destra un bivio che porta, in discesa, presumibilmente al torrente. Questo primo tratto al sole proprio non ci voleva, subito dopo pranzo ti dà l'idea di faticare il doppio. Per fortuna che dopo un altro tratto di salita, il percorso rientra nel bosco e per un po' non ne uscirà più, transitando sotto a pareti rocciose - che mi fermo a fotografare - e nei punti franosi in cui all'andata avevamo rischiato di scivolare.
Tra gli alberi vediamo le case di Zerba che lentamente scompaiono dietro al versante della montagna, mentre sullo sfondo, davanti a noi, inizia a materializzarsi la sagoma del campanile di Belnome, circondato dai tetti delle case del paese. Manca ancora parecchia strada, ma quasi non ce ne accorgiamo: questo tratto di sentiero è particolarmente piacevole, all'ombra ma con un po' di sole che filtra tra le foglie degli alberi e che ti lascia intuire quanto sia caldo, là fuori. Saremo intorno ai 28-30 gradi.
Quando arriviamo alla fontana e alla vicina parete da cui colano acque magnesifere, un po' per il caldo, un po' per il pranzo, abbiamo una sete terribile e ci buttiamo a capofitto sulla fontana: l'acqua è freschissima e ci rigenera. Ne approfittiamo per riempire le nostre bottiglie, ormai semivuote.
"Con quest'acqua potremmo quasi andare fino a Pizzonero!", ci diciamo. Pizzonero è un paesino minuscolo, ben visibile dai monti Cavalmurone e Legnà, rispetto ai quali si trova di fronte, alle pendici del Monte Ronconovo. Si dice che non è raggiunto dalla strada asfaltata, e che quindi sia raggiungibile solo a piedi. La conferma la avremo solo dopo che l'avremo visitato, anche se per un motivo o per un altro non eravamo mai riusciti ad arrivarci.
Anche oggi avevamo escluso a priori questa ipotesi per via dell'eccessivo caldo e per via dell'ora che si stava facendo tarda, ma ora - parlandone davanti alla fontana - stiamo pensando seriamente di farci una capatina. Certo, avremmo l'opportunità di cogliere due piccioni con una fava, raggiungendo in un colpo solo Tàrtago e Pizzonero e visitando così due paesi che non avevamo mai visto prima. E poi siamo già qui, vuoi mettere? Altrimenti dovremmo partire apposta e venire fino qui un'altra volta in macchina...
Intanto riprendiamo a camminare, e superato il ponte traballante sul Torrente Boreca il sentiero, totalmente esposto al sole, inizia a salire decisamente su di una superficie pietrosa. Il caldo è insopportabile.
Arriviamo all'antico lavatoio di San Pietro, dietro al quale compare all'improvviso tutto il paese di Belnome e ci fermiamo a guardare la strada che abbiamo percorso, stravolti e sudati. Proseguiamo in leggera salita sullo stretto sentiero che, via via, si fa sempre più piccolo fino a entrare, attraverso una strettoia, tra le case del paese. Poco più avanti, dietro al muro di una casa, nello stesso cortile troviamo ancora i due anziani signori del mattino: sembra quasi di essere tornati indietro nel tempo, "eppure" - ci diciamo - "di strada ne abbiamo fatta eccome"!
"Allora, siete andati a Tàrtago? Ve l'hanno dato l'aceto da bere??" ci chiedono, ridendo.
"No, no, neanche l'aceto ci hanno dato! Hanno quasi fatto fatica a salutarci", gli diciamo.
"Ahhh, brutta razza quella lì" ci interrompe uno dei due signori. "Sono proprio gente cattiva"!
Ora, io non voglio entrare nel merito della disputa tra Belnome e Tàrtago e quindi non darò giudizi di nessun tipo, ma se qualcuno di Tàrtago volesse darmi il suo giudizio sugli abitanti di Belnome, sono pronto a scriverlo su questo blog, magari in una nuova rubrica dedicata al campanilismo di montagna...!
In compenso i due anziani signori ci dicono che "quelli di Pizzonero sono brava gente" e allora ci informiamo sulla strada da percorrere per arrivarci. Ci dicono che è breve, "mezz'ora" secondo uno, "un po' più di un'ora" secondo l'altro, ma ormai l'abbiamo capito che non sono d'accordo su nulla. Ci spiegano dove prendere il sentiero e ci dicono che la strada è stata di recente spianata e ora è trattorabile, ma solo fino a un certo punto. Poi i lavori si sono interrotti.
"Oggi c'è la festa a Pizzonero!" ci dicono e di colpo mi ritorna in mente che l'avevo letto, da qualche parte, che al 20 di agosto a Pizzonero si festeggia San Bernardo, patrono delle genti di montagna, con una festa molto particolare. In pratica, la gente si ritrova a Belnome nel pomeriggio, dove attende l'arrivo dei suonatori (piffero e fisarmonica) per i primi balli e i primi brindisi accompagnati da pane e salame. Poi tutti insieme, a piedi, raggiungono Pizzonero attraverso il sentiero, accompagnati dal suono del piffero e della fisarmonica, che aprono il gruppo e annunciano l'arrivo a Pizzonero, dove il paese, addobbato per l'occasione, festeggia con balli e danze fino a notte inoltrata. Quasi a mattina, finita la festa, i suonatori e i festanti ritornano a piedi, sempre suonando, a Belnome. Mi ha sempre incuriosito questa festa e prima o poi credo che ci andrò.
Salutiamo i signori e ritorniamo nei pressi della piazza di Belnome, dove prendiamo la decisione definitiva: andiamo a Pizzonero. Un signore seduto sulla panchina ci dice che "la festa è più tardi", lo sappiamo, ma per questa volta faremo solo una veloce capatina per vedere il paese addobbato e ritorneremo molto velocemente.
A dire il vero la strada per Pizzonero già la conoscevo. In occasione delle mie escursioni al Monte Alfeo con partenza da Belnome avevo notato un bivio sulla destra segnalato per Pizzonero, che però non avevo mai percorso. E non solo, perché sempre sul sentiero per l'Alfeo, una volta risalito nel bosco il Monte Ronconovo, si incontra un altro bivio - questa volta in discesa - per il piccolo paesino.
Così ci incamminiamo in salita, passando in fianco alla chiesa di Belnome e lasciandoci alle spalle le ultime case del paese, per poi raggiungere, dopo una curva a destra, il piccolo cimitero del paese. Dopo il cimitero, lasciamo sulla sinistra il bivio per il Monte Alfeo e proseguiamo dritti, su di una strada spianata e allargata da non molto. Il segnavia è sempre il 121 bianco-rosso.
Pensavamo che fosse più corta arrivare a Pizzonero, ma la strada è piuttosto lunga. Forse perché siamo già stanchi dall'escursione a Tàrtago. O forse perché la strada, così larga, è piuttosto monotona. La prima parte è in salita, una salita notevole tra l'altro. Poi, una volta raggiunta una certa quota, la strada prosegue in piano, fino ad arrivare a un punto in cui, di colpo, ritorna ad essere uno stretto sentierino. Sono arrivati fino a qui, con i lavori di allargamento. Nel sentierino, all'ombra, è più piacevole camminare, spostandosi i rami degli alberi dalla faccia. Aggiriamo numerosi versanti del Monte Ronconovo, ma Pizzonero sembra non arrivare mai. Di colpo, dietro all'ennesimo versante del Ronconovo, spunta un gruppetto di tetti rossi: Pizzonero è di fronte a noi, non molto distante.
Il sentiero, ben segnalato, ora diventa un susseguirsi di saliscendi e incrocia il bivio con il sentiero numero 175, per Artana, che sarà dura raggiungere, visto che dalla nostra altitudine, occorrerà scendere fino ad attraversare il torrente e poi risalire sull'altro versante (però è un'idea interessante per una nuova escursione...).
Arrivati a Pizzonero (1034 mt.), la prima cosa che ci colpisce è che sembra molto più grande di quel paese che tante volte abbiamo visto dal Monte Cavalmurone. Ho sempre avuto la convinzione che si trattasse di non più di 2-3 case, invece ci saranno una decina abitazioni, la maggior parte addossate le une alle altre, con alcune strettissime viette che passano in mezzo e che portano presumibilmente ai cortili interni. Le altre case - poche - sono isolate dal nucleo principale. In fondo al paese, una grande vasca raccoglie l'acqua di una fontana. Ci fermiamo a bere, è calda, per un attimo rimpiangiamo la fresca acqua di Belnome. Sui muri delle case, richiami ad immagini sacre e statuette della Madonna.
Guardandoci intorno, notiamo delle auto parcheggiate. "Ma allora la strada c'è?!". La strada c'è: una lingua di asfalto parte dalla piazzetta in fondo al paese e si dirige verso Suzzi. Probabilmente lungo il percorso la strada sarà sterrata, almeno così ci pare di vedere, ma comunque transitabile con le macchine. Però Suzzi da qui non si vede, è dietro al versante della montagna.
Mi incammino lungo la salita che passa a sinistra del nucleo principale di case e arrivo in cima al paese, su di un'altra piazzetta, non distante dall'aia dove stasera si festeggerà San Bernardo. Qui vedo altre case e su di un muro, nei pressi di un portico, le indicazioni per il Monte Alfeo e per il paesino di Bertone. Ritorno in fondo al paese, mentre dei bambini si rincorrono tra le case. Le case sono unite tra di loro da fili colorati, che mi ricordano che oggi è San Bernardo e più tardi arriveranno i suonatori per festeggiare il patrono. Volto le spalle a Pizzonero e guardo di fronte a me: il panorama è imponente. Si vedono il Legnà e il Cavalmurone, mentre il paese di Bogli è nascosto da una piega della montagna. Si vede Artana, però.
E' tempo di tornare, si sta facendo tardi.
Salutiamo Pizzonero scendendo su di uno stretto sentierino nei pressi di un capannino mezzo diroccato e ci rimettiamo sulla strada per Belnome. Il ritorno è poco faticoso, sembra anche più breve. Una volta immessi nella strada trattorabile, dopo un primo tratto pianeggiante, ridiscendiamo velocemente verso Belnome, sorprendendoci per la ripidità della salita che abbiamo fatto all'andata.
Pensavamo di incontrare i suonatori che andavano verso Pizzonero, ma niente. Peccato, sarebbe stato bello, ma forse è troppo presto. Superiamo anche il cimitero di Belnome e vediamo ormai di fronte a noi il campanile e le prime case del paese.
Mentre camminiamo, sentiamo un suono nell'aria, come portato dal vento, che aumenta di intensità più ci avviciniamo al paese. Lo distinguiamo chiaramente quando arriviamo nella piazza di Belnome, di fianco alla chiesa: suono di piffero e fisarmonica.
Scendiamo tra le case e vediamo un capannello di persone riunite in un piccolo spiazzo, alcuni ascoltano, altri ballano sulle note dei "pifferi delle quattro province". Rimaniamo a guardare, incuriositi e registro un filmato di questo momento così particolare.
Mi piacciono questi momenti e le feste di paese in generale, rendono perfettamente l'idea della piccola "comunità di montagna". Ci sono tanti escursionisti con lo zaino in spalla, ma anche tante persone anziane, che al suono del piffero hanno gli occhi che brillano, forse per la nostalgia, ma mi sembrano contente.
Si dice che terminati i balli in mezzo al paese, tutti quanti si sposteranno al campetto sportivo, dove faranno merenda e continueranno a suonare, prima di incamminarsi, verso sera, per Pizzonero. Si è fatto davvero troppo tardi, bisogna ancora tornare a casa, così ci dirigiamo verso la macchina, mentre continua ad arrivare gente, richiamata dall'aria di festa. Mentre ci togliamo gli scarponi, ci voltiamo e vediamo i suonatori, seguiti da un corteo di persone, iniziare a salire verso la cima del paese.
Qui la festa è appena cominciata, peccato non potersi fermare. In compenso noi abbiamo scoperto tante cose su questo angolo di appennino, fino ad oggi poco conosciuto. E chissà che l'anno prossimo non ci venga voglia di andare a ballare sull'aia a Pizzonero fino a mattina...